Mendrisiotto

Rapina di San Pietro, ‘qualsiasi condanna sarebbe giusta’

Le difese si sono battute per condanne ridotte rispetto alle proposte dell’accusa. La sentenza per i fatti del 22 ottobre 2021 arriverà domani alle 11

(archivio Ti-Press)
14 novembre 2022
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«Qualsiasi condanna sarebbe giusta». Sono queste le parole del 35enne ticinese alla sbarra per rispondere della rapina commessa al distributore di San Pietro di Stabio lo scorso 22 ottobre. Alla sbarra, per rispondere dello stesso reato, compare anche la sua compagna, una 23enne libanese domiciliata nel Luganese. «Chiedo scusa alle persone presenti quella sera, a voi per essere di nuovo qua, alla mia compagna e alla sua famiglia per averla coinvolta in questa cosa che senza di me non avrebbe mai fatto. L’unica cosa che chiedo è che non venga espulsa». La Corte delle Assise criminali di Mendrisio pronuncerà la sentenza domani alle 11. Questa mattina il procuratore pubblico Roberto Ruggeri aveva chiesto 7 anni di carcere per l’imputato e due anni e 10 mesi parzialmente sospesi, oltre a 8 anni di espulsione dalla Svizzera, per la 23enne.

‘È finalmente cosciente di quello che ha fatto’

Il pomeriggio è stato dedicato agli interventi difensivi. Chiedendo una condanna non superiore ai 5 anni per il 35enne volto noto alla giustizia ticinese, l’avvocato Samuel Maffi ha evidenziato come il suo cliente sia «finalmente cosciente di quanto ha fatto. Sin dall’inizio si è reso conto dell’immane cavolata che ha commesso e che peserà sulla sua vita». Il 35enne «ha capito di aver tradito la fiducia riposta in lui: se dovrà espiare sette anni di carcere, uscirà a 42 anni perché sarà difficile trovare un altro giudice dell’esecuzione della pena che dopo due terzi lo lascia libero (come avvenuto nel giugno 2020). Una pena che non dà minima speranza per guardare in maniera positiva al futuro e improntare la vita come deve fare, potrebbe forse far svanire il sentimento di presa di coscienza». Nel suo intervento, Maffi ha contestato la tesi della rapina aggravata commessa con un’arma da fuoco. «Non c’è nessuna prova che fosse una pistola vera. Nelle rapine che ha commesso in passato non gli è mai stato contestato: perché stavolta avrebbe dovuto averla?». Il taser «è sì un’arma ai sensi della Legge federale sulle armi, ma non dovrebbe portare a riconoscere la rapina come aggravata». Maffi ha quindi chiesto il proscioglimento dal reato di rapina aggravata, rinunciando a porre la questione pregiudiziale della violazione del principio accusatorio, visto che nell’atto d’accusa non figura la subordinata di rapina semplice, «che, non ci nascondiamo dietro a un dito, riconosciamo». Contestata anche la correità nella rapina commessa il 14 ottobre scorso a Novazzano. «Nella maniera sbagliata si è prestato a dare un parcheggio dell’abitazione che aveva preso in affitto a San Fermo della Battaglia, sapendo che quell’auto a qualcosa sarebbe servita. Da qui a legare il prestare un parcheggio alla volontà criminale della rapina, non c’è nessun nesso». Maffi ha voluto sottolineare «il lavoro attento e minuzioso, quasi da intelligence, della Polizia giudiziaria. Non vorrei però che la sua fama andasse ancora di più a incidere sulla commisurazione della pena».

In due mesi l’anello di fidanzamento

Anche l’avvocato Elisa Lurati ha contestato il reato di rapina aggravata e si è battuta per una condanna non superiore ai 22 mesi interamente sospesi per un periodo di prova di 2 anni, e quindi l’immediata scarcerazione, della 23enne libanese, in Svizzera da quando aveva 11 anni. La difesa ha contestato anche la proposta di espulsione formulata dall’accusa «per il suo innegabile legame con il territorio svizzero». Fino al momento dei fatti, la 23enne «è stata una ragazza normale, senza nessun precedente, estranea al mondo della criminalità e con un lavoro normale». L’incontro con il suo attuale compagno «ha cambiato la sua vita e l’ha indirizzata su una via completamente sbagliata». La giovane, ha continuato la legale, «non ha nemmeno visto materialmente i soldi della rapina, non ha quindi avuto nessun tipo di vantaggio economico. Non appena potrà lavorare, si rende comunque disponibile a restituire l’importo». Esercizio che il 35enne ha già iniziato a fare, accantonando 50 franchi al mese. L’imputata ha collaborato sin dal primo verbale. «Ha sbagliato, lo sa e ha voglia di riscattarsi. Pur ammettendo le sue colpe, non è scafata o la mente di tutto. Si è lasciata trasportare dai sentimenti in una situazione illecita. È una ragazza facilmente influenzabile: in due mesi di relazione ha ricevuto una rosa e un anello di fidanzamento. Non sono comportamenti che vanno a giustificare una rapina, ma che possono colpire una giovane ragazza innamorata».