Il suo è un caso di rigore; e la Sem stacca il permesso di dimora alla giovane e alla sua famiglia. ‘La 19enne è felicissima. Ma i casi simili sono tanti’
La nota firmata dal Dipartimento delle istituzioni (Di) è stringata. India può restare: per lei, per la mamma, Munaja, e per il fratello maggiore Nur sono pronti dei permessi B di dimora. Lasciapassare attesi da dieci anni e che la Sem, la Segreteria di Stato della migrazione a Berna, ha rilasciato nel solco del preavviso favorevole staccato dall’Ufficio della migrazione della Sezione della popolazione (Di). Le poche righe dell’ufficialità rimbalzano sui media, ancora prima di raggiungere la rappresentante legale della famiglia; e come un tam tam dilagano. I primi ad accorgersene in mattinata, dando subito libero sfogo alla loro gioia, sono i compagni di scuola della diciannovenne di origine africana, lì al Centro professionale commerciale di Chiasso. In classe scatta l’applauso, ma la giovane ancora non ci crede. Ci va cauta con certe notizie: essere cresciuta nella provvisorietà le ha insegnato molto. Poi, ecco che arriva la conferma anche per lei. Adesso sì, ha il diritto di essere felice. Una felicità che per un giorno India ha deciso di assaporare solo con i suoi cari e gli amici più stretti: non c’è nessuna voglia di parlare. Quindi per ventiquattro ore è entrata in silenzio stampa: un momento di quiete che fa seguito a giorni febbrili, in bilico tra la mobilitazione civile nata a sostegno della sua storia e l’apprensione per un epilogo non scontato. Questa volta, invece, un lieto fine lo si è scritto per davvero, e in tempi più brevi del previsto.
«Quando ho comunicato loro la decisione della Sem - racconta a ‘laRegione’ l’avvocata Immacolata Iglio Rezzonico, che in questi anni ha affiancato la famiglia nella loro odissea giuridica -, è stato quasi uno shock. Vivere per dieci anni nell’incertezza e poi sentirsi dire di punto di bianco che ora possono fermarsi qui può scombussolare la vita, sebbene sia un annuncio positivo». La dicono lunga le parole sgorgate spontanee da Nur: «Da oggi - ha detto agli amici - la notte potrò dormire». Approdati una manciata di anni orsono a Morbio Inferiore - dove India ha frequentato la quarta media -, sin qui questi giovani, da sans papier, non sono stati infatti padroni della loro esistenza.
Ora la battaglia è vinta e la legale non nasconde la sua soddisfazione. «Dal profilo giuridico - ci fa presente Iglio Rezzonico - erano dati tutti i presupposti per riconoscere alla famiglia il caso di rigore». Tanto da motivare, articolo 14 della Legge sull’asilo alla mano, un’ulteriore istanza dopo aver visto respingere tre ricorsi. Precedenti che hanno finito per alimentare, sino all’ultimo minuto, le preoccupazioni di India e delle persone che le sono vicine.
«Ancora non ci credo del tutto - confessa Dania Tropea, la docente delle Medie di India -. Sono davvero molto contenta: stanca ma felice». La prof di italiano è stata la prima a raccogliere la richiesta di aiuto della ragazza e ad attivarsi già nel 2019 con le compagne di classe, tanto da recapitare (brevi manu) oltre duemila firme a Palazzo federale. Ed è stata sempre lei, più di recente, a lanciare il primo appello - che ha fatto breccia nella popolazione, fra le associazioni (come la Fondazione Azione posti liberi), nel mondo politico, istituzionale e cattolico - davanti al rischio concreto di un rimpatrio forzato per India e i suoi cari. «La preoccupazione, in effetti, non ci ha mai abbandonato - ci conferma -. Dal nostro viaggio a Berna mi è rimasta impressa la fredda cortesia con la quale ci hanno ricevuto. Eppure ci speravamo tanto».
La grande mobilitazione civile alla fine ha però contribuito a fare la differenza. «Il grande moto di solidarietà a cui si è assistito mi ha molto toccata - annota l’insegnante -. Nessuno è rimasto indifferente. Dopo Natale quanto è accaduto mi ha permesso di mantenere la determinazione». Una tenacia che ha pagato. Ha potuto sentire la sua ex alunna?, le chiediamo. «Ci siamo telefonate: era felicissima; rideva. A questo punto è più tranquilla e può progettare il suo futuro. Anche il fratello potrà uscire dal suo ‘lockdown’ personale». Certo ora è anche il momento della gratitudine. «Da parte mia - tiene a dire Dania Tropea, la quale ci confida di attendere l’ora di farsi da parte - ho una infinita riconoscenza per tutti. Si è trattato di un risultato collettivo. In questo caso la gente è uscita dalla sua zona di comfort e ha deciso di agire, creando un circolo virtuoso».
La percezione è che l’attivismo sociale che si è innescato abbia esercitato, per finire, una decisa pressione sulla politica cantonale. In fondo, anche a memoria degli stessi deputati è la prima volta che il Gran consiglio vota (a maggioranza) una risoluzione per perorare la causa di sans papier. «Sono quasi certa che tutta questa pressione mediatica abbia permesso di arrivare, anche così celermente, a una decisione positiva - ci risponde Immacolata Iglio Rezzonico -. Ben venga, quindi, tutto questo movimento di società civile, istituzioni religiose, fondazioni. Mi auguro che questo movimento continui a essere presente per tutte le situazioni come quella di India, per le persone che non sono, però, nella condizione di avere un amico o un’amica che si interessa sino al punto da mandare una lettera ai politici, al Cantone, ai Consiglieri federali. In realtà non ci si dovrebbe neanche mobilitare.
«In effetti - richiama ancora la legale -, dovrebbe essere naturale quando un bambino (come lo era India all‘epoca) fugge da una situazione come quella dell‘Etiopia, dirgli ’ti accogliamo’, ’stai qui’. Per me l’auspicio è che tutti questi cittadini che si sono tanto animatamente interessati a India e alla sua famiglia possano continuare a mostrare questa solidarietà nei confronti di tutte quelle persone, e sono tante, che sono nella stessa condizione della giovane di Morbio, ma non hanno la sua stessa fortuna».
Accanto all’impegno civile di ciascuno c’è, però, anche l’azione politica. Certo, la prassi è chiara: preavvisi e decisioni in ambito migratorio hanno carattere amministrativo. In altre parole, quello di India è un ‘caso tecnico’ e non politico, come ha ribadito anche la segreteria del direttore del Di (Norman Gobbi), da noi contattata. «In ogni caso la politica ha un peso - chiarisce Immacolata Iglio Rezzonico -; e lo dico in tutta tranquillità. Tutta la legislazione e ciò che ruota attorno all’immigrazione e ai richiedenti asilo è una situazione politica. Basta vedere i dati dell’accoglienza dalla Seconda guerra mondiale in poi - va dritta al punto -, volendo fare un excursus storico di tutta quella che è stata l’immigrazione in Svizzera: in base a chi era al potere e a seconda di chi era il richiedente asilo, c’era un’accoglienza maggiore o minore».
Come dire che pure su questo fronte ci sono persone di categorie diverse. «C’è anche l’aspetto - riflette ancora l’’avvocata - che India e la sua famiglia rispecchiano un canone di persone che sono facilmente tollerabili sul territorio. Poi, e lo dico molto apertamente, ci sono persone che rispecchiano altri stereotipi e quindi non vengono così accettate. E il movimento di massa che c’è stato per India si ripropone più difficilmente. Proprio perché la persona che si trova nella sua stessa condizione e richiede lo stesso aiuto non ha la sua stessa immagine».
La politica parlamentare, comunque, una sua risposta l’ha data e questo le va riconosciuto. «La storia di India - motiva il gran consigliere Giorgio Fonio, tra i fautori della risoluzione parlamentare - ha saputo unire a vari livelli (anche quello cantonale) davanti a una ingiustizia. Non si poteva ignorare l’esistenza di una famiglia, di fatto fantasma, sul nostro territorio. Una famiglia senza speranza e futuro che, grazie anche alla tenacia di una docente - alla quale si è aggiunto poi il corpo insegnante del Centro professionale commerciale, capace di stringersi in modo affettuoso a India e alla sua famiglia -, è riuscita a conoscere una nuova alba. E questo è fantastico».
Cosa vi ha colpito maggiormente? «A titolo personale - ci risponde Fonio - di sicuro posso solo immaginare cosa hanno provato a vivere in modo precario, senza poter lavorare, spostarsi liberamente, pensare al proprio futuro e per anni». Se dovesse rivolgere un augurio a India e ai suoi cari? «Spero che si possano sentire davvero a casa nel nostro bel Mendrisiotto».