Pasquale Ignorato è stato condannato a 17 anni. Per la Corte delle Assise criminali ‘è stata una vera mattanza’
Diciassette anni di carcere per Pasquale Ignorato per assassinio (oltre a una pena pecuniaria di 900 franchi, sospesa per due anni, per cattiva gestione). Mentre il figlio è stato prosciolto da ogni imputazione. È questa la conclusione a cui è arrivata la Corte delle Assise criminali di Mendrisio chiamata a giudicare i fatti accaduto la sera del 27 novembre 2015 quando, al secondo piano interrato della rimessa di via Valdani, è stato ucciso il fiduciario Angelo Falconi. «Una vera e propria mattanza», sono state le parole del presidente della Corte, il giudice Marco Villa. La Procuratrice pubblica Marisa Alfier, che valuterà se ricorrere o meno in Appello, aveva chiesto due condanne per assassinio e pene detentive di 19 anni per Pasquale Ignorato e 16 anni e 6 mesi per il figlio. Il legale di quest’ultimo, l’avvocato Elio Brunetti, si è invece battuto per il proscioglimento totale dell’uomo, oggi 29enne. Il legale di Pasquale Ignorato, l’avvocato Marco Bertoli, ha invece presentato una richiesta non superiore ai 9 anni di carcere per omicidio intenzionale per eccesso di legittima difesa.
Per la Corte, ha spiegato il giudice nella motivazione orale, c’è la convinzione che «l’oggetto tagliente non c’era (anche per questioni di natura fattuale, come i tempi della presenza limitata a pochi minuti del figlio)» e che, per entrambi, «va esclusa l’assenza di premeditazione (la macchina era sul posto e, se avessero pianificato, avrebbero scelto un luogo diverso da un posteggio sotterraneo con molte macchine, in un orario in cui gli uffici chiudono e c’è il rischio di andirivieni di molte persone)». Riguardo l’arma del delitto, il tubo metallico che Pasquale Ignorato ha sempre sostenuto essere stato impugnato per primo da Angelo Falconi, per la Corte non c’è «nessun motivo ragionevole, valido e sostenibile che possa portare a pensare che il tubo fosse nell’auto di Falconi. L’imputato se l’è procurato, non nella volontà premeditata di uccidere ma per avere un oggetto di un certo spessore per in qualche modo intimidire e convincere Falconi a concedergli quella proroga fino a quel momento negata». Visto lo sfratto e l’imminente udienza «Pasquale Ignorato voleva incontrare a tutti i costi Falconi e chiedere una proroga – ha aggiunto Villa –. Sapeva che aveva uffici in quel luogo, conosceva la macchina e il posteggio, visto che due giorni prima si era recato a visitare un appartamento, e ha avuto la possibilità di vedere il posteggio, poco distante da quello utilizzato».
La sera prima il figlio è stato immortalato dalle videocamere in via Valdani per «un sopralluogo difficile da qualificare – ha spiegato Villa –. È stato chiesto dal padre ma solo per verificare quando si poteva accedere alla rimessa, capire il traffico in quel frangente proprio nell’ottica del successivo incontro». Il giorno dopo, il 27 novembre 2015, padre e figlio arrivarono nel garage «con giustificazioni che valgono quello che valgono». Pasquale ha sempre sostenuto di aver voluto fare un dispetto alla moglie, dopo un litigio, facendole credere di essersene andato con la vettura. In base al principio in dubio pro reo, la Corte ha ricostruito che «Pasquale ha visto Falconi ed è sceso dalla macchina. Anche nell’ipotesi non provata che il figlio avesse visto il tubo, ancora non vuol dire che fosse d’accordo sulla violenza messa in atto dal padre». Quando la vittima ha chiuso il baule dopo aver depositato la sua valigetta 24 ore, «si è trovato davanti Ignorato – così è continuato il racconto della ricostruzione della Corte –. La discussione, che può essere sfociata in epiteti e toni alti, è iniziata dietro al baule. È manifesta nei fatti la decisione di Falconi di non concedere nulla perché la portiera dell’auto è stata trovata aperta e lì ci sono i riscontri della Scientifica».
Mentre quanto descritto avveniva, dov’era il figlio? Anche in questo caso la Corte ha dato seguito al principio in dubio pro reo, non sconfessato da altri elementi. «Sente la discussione – ha aggiunto Villa –. Scende, raggiunge il padre e Falconi e vede il primo colpo inferto a quest’ultimo. Cerca quindi di dividere i due e si trova in mezzo nella collusione attiva, con il risultato che non può essere fuori luogo che sia stato spintonato contro la vettura, come testimonia la traccia». La sua fuga è stata definita dalla Corte «qualcosa di grave perché non si è fermato», e la mattanza è continuata. La colpa di Pasquale Ignorato è stata ritenuta dalla Corte «di estrema gravità. Una vera e propria mattanza, ancora più grave perché poteva fermarsi dopo il primo colpo, ed è stata aggravata dal fatto che si è reso conto di questo ma ha continuato colpendo Falconi con 5-10 colpi». La «mancanza di scrupoli e il movente e lo scopo infimi» hanno portato la Corte a concludere che il resto di assassinio è «realizzato dal punto di vista oggettivo e soggettivo».
La Corte ha infine riconosciuto al figlio un indennizzo di 90’800 franchi per ingiusta carcerazione per i 454 giorni che il 29enne ha trascorso in carcere. Dalla richiesta presentata dalla difesa sono stati dedotti i giorni di carcere scontati dopo l’arresto in Italia.