Mendrisiotto

Via Valdani, ‘ricordo i primi colpi, dopo è tutto buio’

Entra nel vivo il processo per il delitto del 27 novembre 2015. I due imputati danno la loro versione dei fatti

Via Valdani
15 dicembre 2021
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Cosa è quindi successo la sera del 27 novembre 2015 nel sotterraneo di via Valdani, a Chiasso? I due imputati a processo da questa mattina conoscevano quella che è poi diventata la vittima: a motivare l’aggressione ci sarebbe lo sfratto intimato da Angelo Falconi alla famiglia Ignorato per la fine del 2015. «Che io mi ricordi – ha sottolineato Pasquale Ignorato – prima non avevamo mai parlato insieme sul tema».

‘Nessun sopralluogo’

Il giudice Marco Villa ha riassunto le posizioni di Pasquale Ignorato e del figlio su quanto sarebbe successo nel posteggio sotterraneo di via Valdani. I due hanno sostenuto di non avere effettuato sopralluoghi in Corso San Gottardo, dove c’erano gli uffici del fiduciario. Il giorno prima le videocamere di sorveglianza hanno immortalato il figlio davanti all’entrata del sotterraneo di via Valdani in un orario compatibile con quello dei fatti. «L’incontro è stato casuale», ha ribadito Pasquale Ignorato. «Non ho fatto nessun sopralluogo ed è stato tutto casuale», ha confermato il figlio, aggiungendo che «mi trovavo lì perché non avevo voglia di tornare a casa: non era la prima volta che mi fermavo in quella zona e cercavo di riempire il tempo nell’attesa di vedere i miei amici. Non ricordo se sono tornato a casa, ma credo di no perché meno tempo passavo a casa, meglio stavo».

Quanto accaduto nel sotterraneo

Il giorno dei fatti, stando a quanto certificato dall’atto d’accusa, padre e figlio hanno raggiunto il sotterraneo di via Valdani alle 18.30, occupando abusivamente il posteggio dove l’auto è poi stata ritrovata. Quando Falconi ha raggiunto il posteggio alle 18.45, il padre avrebbe raggiunto la vittima da solo, iniziando a discutere: dopo quello descritto come un reciproco scambio di insulti, la vittima avrebbe preso dal baule un tubo in metallo. Dopo che Pasquale Ignorato sarebbe stato colpito a un avambraccio, è riuscito a impossessarsi del tubo. «È stata una reazione istintiva: è stato tutto veloce». In quel momento, dopo aver sentito gridare, sarebbe sopraggiunto il figlio, che ha asserito di non avere avuto nessun oggetto tagliente tra le mani. Stando a quanto dichiarato, il 29enne avrebbe visto la vittima con una spranga nella mano destra, sollevata a mezz’aria, che cercava di colpire il padre. Quando la spranga sarebbe passata nelle mani del padre, il figlio si sarebbe messo in mezzo ai due per separarli, gridando di smetterla. «Sono sicuro di non avere avuto un ruolo attivo: sono corso verso di loro e mi sono messo tra le due persone: non so spiegare perché non sono riuscito a separarli». Dopo un colpo alla testa, ed essersi reso conto che la vittima stava perdendo sangue da un occhio, il figlio è indietreggiato di qualche passo e si è allontanato. Quanto sarebbe successo dopo è stato ricostruito dalle parole di Pasquale Ignorato. La lite sarebbe continuata e i colpi inferti alla testa del 73enne sarebbero tra i 5 e i 10. «I colpi li davo, il risultato non era nelle mie intenzioni». Raggiunta la posizione in cui Falconi è poi stato ritrovato, mentre era di spalle l’uomo è stato colpito con un ultimo colpo sulla testa. Il 73enne, sempre secondo la versione di Ignorato, si lamentava ma era vivo. Una tesi, questa, che non troverebbe conferma con la posizione delle tracce ematiche. «L’unica cosa che ho ancora davanti agli occhi sono i primi colpi – ha spiegato Pasquale Ignorato –. Dopo è stato tutto buio. È stata una cosa veloce, di tutto il resto ricordo solo confusione».

L’arma del delitto

Riguardo al tubo di ferro, i due imputati hanno affermato, a domanda diretta, che «è stato Falconi a brandirlo per primo», dopo averlo preso dalla sua auto. Le dichiarazioni di persone vicine alla vittima indicano che il 73enne non aveva mai tenuto attrezzi nella sua auto e che era solito rivolgersi ad altre persone per attività di bricolage. «Il tubo era nella macchina, escludiamo di averlo portato noi anche solo per minacciarlo». Nel periodo precedente i fatti, in alcuni distributori gestiti dalla famiglia erano stati effettuati dei lavori. Dopo i fatti, Pasquale Ignorato ha portato il tubo, «tenendolo in mano, al contrario rivolto verso l’alto», nel giardino di via Dante Alighieri, dove è stato trovato cinque mesi dopo. Lungo il breve tragitto, «mi sono reso conto che poteva essere successo qualcosa di grave: ho pensato di andare in Italia (e non a casa perché avevo litigato con mia moglie ed era l’ultimo posto dove potevo andare), perché era l’unico posto dove potevo trovare una situazione di sicurezza e realizzare quanto successo».

Il telefonino e i vestiti

Tra le altre contestazioni mosse dal giudice ci sono quelle legate al telefono cellulare di Pasquale Ignorato e ai vestiti indossati quella sera. L’imputato non aveva il telefono con sé, ma aveva un bigliettino sul quale si era appuntato il numero telefonico del parente dove si è recato dopo i fatti. Dal distributore ha però preso una carta sim sulla quale il giorno successivo ha ricevuto una chiamata dal figlio. I vestiti consegnati agli inquirenti napoletani prima e alla Polizia ticinese poi, non presentano tracce di sangue. I due hanno sostenuto che gli indumenti erano quelli indossati quella sera e di «non essersi cambiati» e di non avere avuto cambi con loro.

I reati finanziari

È ripreso nel pomeriggio il processo per il delitto di via Valdani. La Corte delle Assise criminali presieduta ha esaminato i reati finanziari contestati ai due imputati. Il primo, legato e contestato unicamente al 29enne, è quello di riciclaggio di denaro e risale ai primi mesi del 2014: l’uomo è accusato di avere effettuato una decina di operazioni di cambio, da euro a franchi per un importo di circa 70-80mila euro, “denaro che sapeva o doveva presumere provenire da un crimine o meglio per associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari, estorsione e usura commessi in Italia”. Tra le persone per cui avrebbe effettuato questi cambi ci sarebbe anche una persona con legami con la camorra. «Ho fatto dei cambi alla domenica, ma non a queste persone». Il padre deve rispondere di truffa, cattiva gestione, falsità in documenti e omissione della contabilità. «Tutte situazioni che gestiva il contabile che non mi aggiornava. Alcune volte mi arrivavano bollettini per dei ritardi – ha spiegato il 57enne –. Sono stato leggero ad affidarmi a questa persona: quando l’ho capito era troppo tardi».

I risultati della perizia psichiatrica

A Pasquale Ignorato è stato riscontrato «un lieve disturbo della personalità misto». Lo ha spiegato il giudice Marco Villa riassumendo i risultati della perizia psichiatrica a cui l’uomo è stato sottoposto. Dalla stessa è emerso che «il quadro psicopatologico non ha condizionato l’atto illecito» e che «il rischio di commettere nuovi reati gravi non è da escludere anche se è remoto». Per il suo futuro «potrebbe giovare una psicoterapia ambulatoriale».

‘C’è rischio di fuga’

La Procuratrice pubblica Marisa Alfier ha annunciato che, in caso di condanna, chiederà la carcerazione di sicurezza per il 29enne dato che «c’è rischio di fuga». Una tesi contestata dall’avvocato Elio Brunetti che ha ricordato che il suo assistito, dal momento della scarcerazione, «si è attenuto alle norme di condotta imposte dalla pubblica accusa, che a un certo punto ha revocato. Oggi è qui, e vista la sua situazione professionale e familiare, non ha certamente intenzione di lasciare il Ticino per darsi alla fuga». Per Alfier «in caso di una condanna, che potrebbe essere di lunga durata, per il reato di assassinio, il pericolo di fuga diventa reale e concreto».

Le pretese di risarcimento

Per il tramite dell’avvocato Stefano Ferrari, moglie e figlio di Angelo Falconi hanno presentato pretese di risarcimento per complessivi 145mila franchi per danni materiali e spese funerarie, spese legali e torto morale. L’avvocato Elio Brunetti ha invece annunciato che presenterà richieste di risarcimento per 106’400 franchi per i 532 giorni «d’ingiusta carcerazione» del 29enne, oltre che a 50mila franchi di risarcimento per torto morale e le spese legali e d’inchiesta a carico dello Stato in caso di proscioglimento.

Quella cartuccia nel comodino

Nel lungo elenco dei sequestri inseriti nell’atto d’accusa c’è anche una cartuccia calibro 7.65. Pur non essendo oggetto del dibattimento, l’oggetto rinvenuto nel comodino dell’abitazione ha attirato la curiosità del giudice, che ha chiesto spiegazioni a Pasquale Ignorato. «L’ho trovata anni fa per strada e l’ho presa. L’intenzione era quella di svuotarla e farne un ciondolo, poi me la sono dimenticata».