Per la pp Marisa Alfier è stato un assassinio. Alla condanna proposta per Pasquale Ignorato si aggiungono i 16 anni e 6 mesi per il figlio
«Hanno tolto la vita a una persona che faceva unicamente il suo lavoro». Per la procuratrice pubblica Marisa Alfier non ci sono dubbi: quello commesso il 27 novembre 2015 nel sotterraneo di via Valdani, a Chiasso, è stato un assassinio. Al termine della sua requisitoria, iniziata ieri, Alfier ha chiesto condanne a 19 anni di carcere per Pasquale Ignorato e di 16 anni e 6 mesi per il figlio 29enne. «La loro colpa è gravissima e la loro credibilità è pari a zero». Padre e figlio devono rispondere di assassinio, in via subordinata omicidio intenzionale o aggressione (ipotesi valida solo per il figlio) e una serie di reati finanziari.
In via subordinata, qualora la corte delle Assise criminali presieduta dal giudice Marco Villa non riconoscesse l’assassinio ma il reato di omicidio intenzionale, la procuratrice ha chiesto una condanna a 17 anni per Pasquale Ignorato e a 13 anni e 6 mesi per il figlio. Se per quest’ultimo venisse riconosciuta l’aggressione, la pena proposta è di 4 anni e 6 mesi.
I fatti che hanno portato alla morte di Angelo Falconi «non sono stati un raptus. Pasquale Ignorato era bene in chiaro: ha mandato il figlio a fare un sopralluogo e lo ha portato il giorno dopo a fare quello che hanno fatto insieme». Un’azione che ha portato Alfier a stabilire che «la premeditazione c’è stata ed è stata condivisa da entrambi: hanno preso assieme la decisione di eliminare la persona che faceva valere i suoi diritti, solo perché non seguiva la loro volontà». Un movente «particolarmente odioso: il fatto di dover traslocare sapendolo da mesi, è la ragione per uccidere una persona? Se tutto è precipitato è solo perché hanno smesso di pagare le pigioni». L’avere atteso Falconi nel sotterraneo «è stato un agire particolarmente odioso perché si sono presentati entrambi armati ed entrambi erano più giovani e nel pieno delle forze rispetto alla vittima».
Prima di formulare le sue richieste, la pp ha ripercorso quelle che sono state «la fuga e l’estradizione» di padre e figlio, arrestati in casa di parenti a Ercolano «a seguito di un mandato di cattura internazionale». Una fuga che «è servita a tanto perché abbiamo perso buona parte degli elementi concreti: non abbiamo vestiti, reperti per tracce organiche e l’esame esterno dei corpi. Se ben ricordo aspetto ancora adesso due telefoni cellulari». Sugli abiti – «arrivati tutti accatastati e non separati in singoli sacchetti» – gli inquirenti non hanno trovato tracce. «Non c’è nulla, nemmeno una macchia di sangue. Si può quindi desumere che o non sono quelli indossati la sera del 27 novembre o sono quelli ma sono stati lavati. Non si può credere che dal 27 novembre al 1° dicembre abbiano tenuto gli stessi vestiti senza averli lavati». Anche nella vettura del 29enne non sono state trovate tracce «nonostante le strisciate nel sotterraneo». Nell’auto non sono stati trovati i tappetini. Durante l’inchiesta l’imputato ha affermato di averli tolti dopo l’acquisto della vettura perché non gli piacevano.
A breve inizierà l’arringa dell’avvocato Elio Brunetti, legale del più giovane degli imputati. In seguito la parola passerà all’avvocato Marco Bertoli, difensore di Pasquale Ignorato.