Terminata l’arringa dell’avvocato Elio Brunetti, legale di uno degli imputati a processo per il delitto del novembre 2015
La notte del 27 novembre 2015 «ha avuto un epilogo terribile per Angelo Falconi, ma pesa anche sulla coscienza del mio assistito. È stato un incubo che per la vittima si è concluso in modo tragico, ma anche per il mio cliente che si ritrova coinvolto suo malgrado». Dopo le richieste di pena dell’accusa, al processo per il delitto di via Valdani la parola è passata alle difese. Il primo a intervenire è stato l’avvocato Elio Brunetti, legale del figlio 29enne di Pasquale Ignorato. A fronte dei 16 anni e 6 mesi proposti dall’accusa per il reato principale di assassinio, Brunetti ha chiesto il totale proscioglimento del suo assistito, presentando, come già anticipato ieri, richieste di risarcimento per 106’400 franchi per i 532 giorni «d’ingiusta carcerazione», oltre a 50mila franchi di risarcimento per torto morale e le spese legali e d’inchiesta a carico dello Stato. Per Brunetti «il principio di celerità è stato violato in modo grave, se non gravissimo». Nel caso in cui per la Corte l’imputato non potrà essere prosciolto, la difesa chiede «di tenere adeguatamente conto di questo aspetto nell’ambito della commisurazione di una pena che deve essere parzialmente sospesa a fronte di una prognosi positiva, e che la parte da espiare sia al massimo equivalente ai giorni già espiati». Il legale si è opposto anche alla carcerazione di sicurezza chiesta dall’accusa in caso di condanna. «Se la Corte dovesse ritenerne i presupposti, il deposito dei documenti di legittimazione è una misura sostitutiva atta a ovviare ogni rischio di fuga».
Ripercorrendo quanto successo in via Valdani, Brunetti ha spiegato che da quando il suo assistito «è sceso dalla macchina, le azioni si sono svolte in pochi minuti» e dopo quanto successo «e aver visto il sangue sul volto di Angelo Falconi era sconvolto e in un profondo stato di panico che lo ha spinto a lasciare da solo il padre con la vittima, che poco prima ha tentato di dividere, sporcandosi la mano di sangue». L’avvocato difensore non ha dubbi: «Il 29enne non ha avuto nessun ruolo attivo nei fatti». Una dinamica «confermata dal padre che ha spiegato come il figlio abbia tentato di dividere i due, aggiungendo che il figlio abbia tentato di dividere i due ma senza assolutamente partecipare al pestaggio». A mente della difesa ci sono gli orari a supportare questa tesi. L’ultima chiamata di Falconi alla moglie, durata 18 secondi, è delle 18.33. Falconi è quindi sceso nell’autorimessa «al più presto» alle 18.35. Le videocamere della dogana di Ligornetto hanno immortalato l’auto del 29enne alle 19.03. Considerato i tempi di spostamento, «la sua permanenza all’interno del garage può essere stimata al massimo in un paio di minuti». Un’inquilina del palazzo ha inoltre dichiarato di «avere sentito due voci adulte ben distinte che stavano litigando». La scelta dell’imputato di seguire il padre a Ercolano «è stata una scelta scellerata, dettata da una comprensibile paura» e dal «timore di essere coinvolto». Il presunto sopralluogo effettuato il giorno prima del delitto è stato definito dal legale «una congettura della pubblica accusa» visto che «dalle immagini della videosorveglianza di Chiasso non è stato possibile riconoscere il modello e il numero di targa dell’auto di Falconi».
Uno dei punti chiave del processo è la presenza, o meno, di un’arma da taglio. Per dimostrare la «totale assenza» di questa possibile arma, Brunetti ha ripercorso i risultati delle tre perizie che hanno caratterizzato l’inchiesta. «Liberando la salma si è di fatto precluso alla difesa di avvalersi di un mezzo di prova per comprovare quello che fortunatamente è stato confermato, ovvero che nessuna delle ferite è stata inferta da arma da punta e taglio». Se l’arma da taglio fosse stata utilizzata, «appare altamente inverosimile che i fendenti abbiano colpito solo le dita e non altre zone della mano». In ogni caso «la presunta e contestata ferita da taglio non è stata mortale per la vittima; la causa del decesso di Falconi è individuabile nelle lesioni encefaliche e non in quelle alle mani».
Brunetti ha elencato inoltre una serie di elementi che, secondo la difesa, indicano l’assenza di premeditazione. Il 29enne non ha per esempio «effettuato sopralluoghi per le vie di fuga visto che ha trovato la porta chiusa e per lasciare il garage ha dovuto prendere l’ascensore». L’auto utilizzata per raggiungere via Valdani «è stata trovata chiusa», fatto che ha «impedito la fuga al padre e lasciato un indizio compromettente». Contrariamente al padre, l’imputato «aveva il suo cellulare». Per la difesa «la prova che non aveva assolutamente idea di quello che sarebbe potuto accadere quella sera: fosse stato tutto premeditato, non lo avrebbe portato per evitare di lasciare una prova compromettente nella rimessa».
A breve la parola passerà all’avvocato Marco Bertoli, difensore di Pasquale Ignorato.