Mendrisiotto

Corsa al Ccl in vista dell’introduzione del salario minimo

A poche ore dall’applicazione della legge un altro drappello di ditte ha seguito TiSin. Contratti firmati in zona Cesarini. I sindacati: ‘Inaccettabile’

La manifestazione sindacale di inizio ottobre a Mendrisio
(Ti-Press)
30 novembre 2021
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Tra poche ore la legge sul salario minimo in Ticino sarà una realtà. Un conto alla rovescia verso l’applicazione della normativa - a partire da domani primo dicembre - che ha convinto alcune ditte con base operativa nel cantone - e in particolare nel Mendrisiotto - a una vera e propria corsa contro il tempo per sottoscrivere un Contratto collettivo di lavoro; infilandosi così nella breccia aperta da TiSin, l’associazione guidata da un ex sindacalista, Nando Ceruso, e che fa riferimento a due esponenti di spicco della Lega, e Ticino Manufacturing. Insomma, l’esempio (cattivo per i sindacati storici Ocst e Unia) delle tre ditte manifatturiere del Distretto - la Plastifil di Mendrisio, la Ligo Electric di Ligornetto e la Cebi di Stabio - ha fatto ‘scuola’. Tanto che in alcuni casi si è arrivati giusto oggi, 30 novembre, dunque in zona Cesarini, a sottoscrivere il nuovo accordo per bypassare a tutti gli effetti la norma.

All’elenco delle industrie che ‘resistono’ all’introduzione della nuova legislazione si sono aggiunte infatti la Ideal-Tek e la Gipienne di Balerna - peraltro tra le aziende che si erano appellate al Tribunale federale - e a quanto pare stando ad alcune informazioni anche la Tecnomec di Stabio. Società fra le quali si ritrovano dei terzisti della stessa Cebi e a cui potrebbe aggiungersi almeno un altro nome, quello della Tecnomatic, sempre di Stabio. Anche a questa tornata, come nel recente passato, i datori di lavoro avrebbero messo, poi, le maestranze di fronte a una scelta in pratica obbligata. Stando a nostre informazioni all’interno della Gipienne si è prospettata una delocalizzazione in Romania, costringendo di fatto i lavoratori ad accettare le nuove condizioni. E ciò che fa più specie è che per i dipendenti della ditta che opera nello stoccaggio e nella gestione delle merci e nelle lavorazioni per terzi - una vecchia conoscenza per i sindacalisti - il nuovo Ccl ha portato un reale adeguamento della busta paga, pur restando al di sotto dei fatidici 19 franchi all’ora. Da quelle parti, in effetti, giravano salari sui 10 franchi orari. In una azienda di Stabio, la Tecnomatic, come riferito dalla Rsi, due dei collaboratori che non hanno aderito al Ccl si sono visti consegnare la lettera di licenziamento. La motivazione? Ristrutturazione.

‘Atteggiamento inaccettabile’

Il verdetto dell’Alta Corte - a favore della legge - non ha, quindi, fatto desistere queste fabbriche - e soprattutto i loro titolari - dal tentare il tutto per tutto per non assoggettarsi alla soglia del salario minimo, sfruttando anche le ultime ora a disposizione. «Si tratta di un atteggiamento inaccettabile», dice fuori dai denti Vincenzo Cicero, cosegretario responsabile Unia Sottoceneri. Qual è la vostra prossima mossa? «A fronte di un Cantone in aspettativa in attesa di far scattare i controlli, noi continuiamo nella nostra opera di denuncia - ci risponde Cicero -. Infatti in una prima fase abbiamo arginato il fenomeno, che ha poi subito una accelerazione quando il Tribunale federale ha spento, per così dire, l’ultima speranza. Giunti a questo punto confidiamo che il governo si sbrighi a mettere le iniziative parlamentari messe sul tavolo all’ordine del giorno del dibattito parlamentare. In ogni caso, ciò che è importante è aver riportato il tema del salario al centro della discussione. Del resto, il nostro compito è quello di organizzare i lavoratori e di smuovere la politica, richiamandola alle sue responsabilità».

Sulle ultime nuove dal mondo dell’industria non fa sconti neppure Giorgio Fonio, segretario Ocst del Mendrisiotto. «Questo modo di fare sta sdoganando il dumping - rilancia -. Da una parte, infatti, le organizzazioni sindacali, grazie al salario minimo ma non solo, stanno migliorando le condizioni dei lavoratori, dall’altra c’è chi con strumenti assolutamente inaccettabili sta mettendo sotto pressione la parte più debole delle aziende, cioè le lavoratrici e i lavoratori».

C’è da credere che i sindacati storici non lasceranno certo la presa.

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