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Viggiù, dove l'immunità di gregge da Covid-19 si fa realtà

Reportage dal comune varesino di frontiera. Qui più dell'80% dei cittadini è stato vaccinato dopo la paura delle varianti fra cui una (ancora) sconosciuta.

Viggiù (Ti-Press)
6 marzo 2021
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C'è il silenzio del giorno dopo a Viggiù, piccolo comune ai margini della provincia di Varese e a cinque chilometri dal confine con la Svizzera. Famoso nella seconda metà del Novecento per la canzone dedicata ai suoi pompieri ("che quando passano i cuori infiammano"), nelle ultime settimane, in tempi di coronavirus, è stato epicentro nella vicina penisola della cosiddetta terza ondata. Fra sabato e giovedì, infatti, circa l'80% della popolazione ha partecipato alla sei giorni di campagna vaccinale 'a tappeto', una prima italiana voluta dopo che i primi di febbraio in una scuola primaria locale si è riscontrato un caso di variante. Un tampone a cui è seguito un vero e proprio screening fra i cittadini che ha portato all'individuazione di una quindicina di casi 'inglesi', 'scozzesi' e non solo, tanto da paventare un variante 'sconosciuta' e battezzata dunque 'di Viggiù'.

Nelle vie e in piazza le persone in giro si contano sulle dita di una mano. Chi ha disatteso il lockdown di una regione lombarda ormai tutta arancione rinforzato (lo stivale del resto ritorna a tingersi perlopiù nelle tinte scarlatte), lo ha fatto per esigenze professionali o di salute. Qui su circa 5'300 abitanti oltre mille sono frontalieri. Il paese, da quando il Covid-19 ha mostrato nuovamente la sua carica, è stato drammaticamente confrontato, come ci dice un pensionato di ritorno a casa dopo la spesa, "con un forte aumento di richieste di medicinali e bombole di ossigeno, tanto da mettere le farmacie, anche delle altre frazioni, in sofferenza". Qualcuno parla di paura, di ritorno a una situazione preoccupante che si pensava diversamente ormai superata dopo l'arrivo del vaccino e di una 'nuova' convivenza con il virus. «Sono andata lunedì a farmi vaccinare – ci conferma una signora con nipotino al seguito –. Con me lo hanno fatto moltissimi cittadini fra i 18 anni e gli ultraottantenni. Forse ora saremo più al sicuro, ma ammetto che fino a quando ne usciremo non c'è proprio da stare tranquilli».

Oltre 600 dosi al giorno

Certo è che per gli abitanti di Viggiù, in zona speciale rossa per una quindicina di giorni lo scorso mese, il tunnel sembra finalmente essere meno buio. Secondo l'Agenzia di tutela della salute dell'Insubria sono stati 3'039 i cittadini residenti a Viggiù che hanno aderito alla campagna di vaccinazione anti Covid, con una media di partecipazione pari al 78%. Un valore al di sopra della soglia del 70%, considerata il livello necessario per raggiungere l’immunità di gregge. Hanno raccolto l’invito, in particolare, l’83% degli over 65 a cui è stato somministrato il siero Moderna. Come ottima è anche stata l’adesione della fascia 18-65 anni con una percentuale pari al 72%, e per i quali è stato impiegato il vaccino Astrazeneca. Cifre a cui vanno aggiunti i soggetti già vaccinati perché appartenenti alle categorie comprese nel Piano vaccinale nazionale e regionale per la fase 1 che portano il totale su tutti gli abitanti a oltre, appunto, l'80%. «La campagna vaccinale a Viggiù è stata importante per testare un modello organizzativo replicabile anche in altre realtà e utile per affrontare la vaccinazione di massa che ci aspetta nelle prossime settimane – ha spiegato la dottoressa Ester Poncato, direttore di Dipartimento dell'Ats insubrica e coordinatrice della campagna vaccinale nel Comune di Viggiù –. In pochi giorni abbiamo reso operativo un centro vaccinale con cinque linee di attività in grado di eseguire oltre 600 somministrazioni al giorno. In particolare desidero evidenziare il contributo volontario di otto medici di medicina generale che è stato prezioso per l’attività presso il centro, ma anche per sperimentare il “modello a ruota” per le vaccinazione domiciliari». Circa quaranta soggetti hanno ricevuto, infatti, la dose vaccinale nelle loro case.

Il medico di base: 'La preoccupazione è presente'

Fra gli operatori al fronte anche il dottor Mauro D'Anna, medico di base a Viggiù da trent'anni. Lo raggiungiamo dopo che dal suo cellulare una voce metallica ci risponde che sono "troppi i messaggi memorizzati in segreteria". Ci riserva dieci dei suoi minuti preziosi, con quella disponibilità e cortesia che solo un medico condotto di paese, nel senso più bello del termine, è capace di dispensare: «Non posso non confermarle che fra i miei pazienti vi sia preoccupazione, lo dimostra la buona risposta alla chiamata per la vaccinazione preventiva. Ora poi, rispetto alla prima ondata, vie è anche il pensiero per il lavoro. Stretti nell'obbligo di aperture e chiusure di attività ciò può destabilizzare gli animi già duramente provati dalla lunga pandemia. Non è un caso dunque, essendo anche psichiatra, che abbia notato un'incidenza di questa precaria situazione sull'umore delle persone. E non solo fra chi si deve organizzare fra un lockdown e l'altro, ma anche fra gli anziani, costretti a rinunciare al contatto sociale, ad uscire, come per i giovani che pur hanno dalla loro parte maggiore risorse. Con tanti cittadini siamo cresciuti insieme e per questo percepisco maggiormente i loro disagi».

Non ci voleva, dunque, la 'variante di Viggiù', capace di togliere il sonno a molti. Ma perché proprio di Viggiù: «Perché è risultata essere una variante sconosciuta ovvero non fra quelle note al momento – ci spiega il medico –. D'altra parte se messo in grado di circolare il virus muta, non c'è niente da fare... è sempre stato così, anche per influenze meno pericolose. Il fatto che sia stato individuato proprio nel nostro comune? Azzardo un'ipotesi, forse perché qui è stata attivata un'attenta ricerca fra la popolazione. L'avessero fatta altri comuni probabilmente avremmo avuto gli stessi risultati».

'I nostri lavoratori vaccinati avranno un valore aggiunto in Ticino'

Emanuela Quintiglio, a Viggiù ricopre la carica di sindaco. Come autorità comunale fa da parafulmine alle necessità e ai disagi della popolazione, protagonista fra gennaio e febbraio scorsi dei dati in controtendenza regionale e nazionale, così da avviare il nuovo scenario pandemico: «La maggior parte dei cittadini ha ringraziato per questa campagna vaccinazione, le lamentele sono state pochissime, giusto qualche perplessità sul tipo di vaccino. L'organizzazione del resto è stata importante e ben predisposta, anche con l'aiuto della Protezione civile. Pensi solo che in 48 ore abbiamo dovuto predisporre tutto il piano per le convocazioni. Certo da comune di frontiera abbiamo vissuto fin dall'inizio dell'emergenza sanitaria una certa difficoltà per i protocolli diversi, per due diverse gestioni fra i nostri Stati, ma poi anche la Svizzera ha attuato misure di contenimento importanti e ci siamo in un certo modo allineati. Possiamo dire che i nostri lavoratori frontalieri avranno un valore aggiunto in Ticino perché vaccinati. Alcuni di loro, infatti, hanno dovuto restare a casa durante il nostro periodo 'rosso' perché richiesto da aziende maggiormente rigorose, mentre altre sono state decisamente più disinvolte».