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Davide Dell'Oca e il coraggio di tornare su 'quel' ghiaccio

Tutto il mondo dell'hockey ticinese e svizzero a fianco del giovane giocatore del Chiasso protagonista di un grave incidente che lo ha reso tetraplegico

Insieme in pista 'Per Davide'
18 febbraio 2021
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Il pattino che scivola via e in una frazione di secondo Davide va a sbattere contro la balaustra. Un incidente, come ne capitano tanti durante una partita di hockey. Ma non quel giorno. Il giovane attaccante dell'Hc Chiasso, ricoverato d'urgenza all'ospedale di Lugano, viene operato per la frattura della quinta vertebra cervicale, che lo porta dal ghiaccio della pista alla sedia a rotelle. È il novembre 2019, Davide Dell'Oca ha solo 15 anni. Compagni e società lo accompagnano durante tutto il periodo di cure intense e continuano a sostenerlo. Da circa un paio di mesi gli hanno intitolato anche una campagna fondi 'Noi con Davide' così da permettere alla sua famiglia di far fronte alle quotidiane e necessarie spese che comporta la sua tetraplegia. 

«Ricordo bene quel giorno – ci racconta Giampaolo Giannoni, portavoce dell'Hockey Club Chiasso –, un incidente quello di Davide avvenuto senza contrasto con l'avversario. I soccorsi sono stati immediati e professionali. È impressionante come la squadra gli sia stata tanto vicina. Se da una parte c'era Davide e il terribile infortunio, dall'altra bisognava anche sostenere la squadra e tutto il club. Per questo è stato chiesto l'intervento del Care Team Ticino. Può immaginare come sia stato uno choc per tutti, giocatori, arbitri, genitori. I compagni si sono dimostrati eccezionali, per un paio di mesi non lo hanno lasciato solo, e anche in cure intense si davano il cambio, tanto che nel reparto vi era un via vai insolito. Ma Davide ne aveva bisogno e con la presenza dei compagni stava bene. Purtroppo con il coronavirus i contatti, fisici, sono venuti a mancare. Davide abita a Como e con i lockdown non è stato facile muoversi per i ragazzi, ma Davide ha voluto comunque esserci all'inizio di stagione ed è anche sceso sul ghiaccio con loro al termine di una partita. Sono tutti molto legati».

I campioni di Lugano e Ambrì al suo fianco

Un legame che le 'zone rosse' imposte dalla pandemia non ha scalfito: «Come club abbiamo sempre pensato a qualcosa per sostenerlo, ma tutto quello che avevamo in mente di fare, tipo serate, aperitivi, incontri, sfruttare gli sponsor non lo si potuto realizzare – non manca di ricordarci la situazione Giannoni –. Così ci siamo detti 'apriamo un conto', che è la cosa più facile (per chi volesse contribuire lo può fare sul conto 'Noi con Davide', Iban CH03 8080 8002 6872 3256 6, Banca Raiffeisen Morbio-Vacallo, NdR). Lo abbiamo fatto in accordo con Davide e la sua famiglia con l'idea soprattutto di sostenere le loro spese immediate e i problemi concreti (dall'ascensore al letto particolare), e poi per creare un fondo che potesse, nel tempo, sostenere le sue scelte di vita, come lo studio. Siamo partiti pubblicizzandolo all'interno del club, ma da subito tutto il mondo dell'hockey si è mobilitato. La prima squadra del Lugano e la sezione giovanile hanno dato un aiuto immediato e concreto, la Federazione ticinese ha coperto spese importanti con un intervento diretto, la fondazione Pat Schafhauser (un fondo per gli infortuni di gioco che prende il nome del giocatore del Lugano rimasto anch'egli paralizzato durante una partita, ndr) si è adoperata per coprire parte delle spese derivate dalle modifiche alla casa di Davide e l’Ambrì-Piotta con la campagna video di questi giorni sui suoi canali social ha dato il via a una mobilitazione dei tifosi ticinesi di ogni colore davvero commovente».

Una domanda a questo punto aleggia: l'hockey resta dunque uno sport pericoloso? «Lo spazio per l'imprevisto, come in tutti gli sport c'è sempre, pensiamo allo sci – annota Giannoni –. La sicurezza che non ci sia mai un incidente non la si potrà mai avere e la domanda ce la si pone sempre. Prevenire un incidente come è stato quello di Davide però è impossibile. Oggi, come club, è importante accompagnare Davide dal punto di vista morale. Il suo coraggio ci sorprende ogni volta. Chi si aspettava una crisi di rigetto dall'hockey, si è trovato davanti un ragazzo con la grande voglia di restare vicino alla squadra. Non una 'mascotte', come lui ben dice. Per questo stiamo pensando a un suo possibile ruolo». 

La mamma: 'È un ragazzo coraggioso'

Mamma Adalgisa, quando la raggiungiamo per telefono, ci esprime tutta la sua riconoscenza per questa ultima iniziativa dell'Hcc: «I compagni di Davide, con le loro famiglie, ci sono stati molto vicini, e questo per Davide è stato molto importante, e anche per noi. È stata per certi versi una piacevole scoperta, non conoscevo tutte le famiglie. Tutti ci hanno sostenuto fin dal giorno dell'incidente, non sono mai venuti meno anche quando Davide è stato trasferito all'ospedale Niguarda di Milano. Una presenza molto significativa, considerando che in queste situazioni la solitudine gioca un ruolo importante. Per questo anche con le limitazioni dovute al Covid siamo riusciti a mantenerci in contatto».

Davide, del resto, «dall'hockey non si è mai staccato – ci dice la mamma –. È stato coraggioso, eravamo più preoccupati noi piuttosto che lui aspettandoci una sua reazione. Per questo siamo stati ancora noi i più emozionati quando Davide ha voluto assistere a una partita. Come vorrei sottolineare l'attenzione dei dirigenti, che viene da lontano, da sensibilità e attenzioni non comuni. Niente succede per caso anche in queste circostanze... Davide quando ha deciso di giocare a Chiasso si è, infatti, sentito subito in un ambiente gradito. L'amicizia, il sentirsi gruppo come il non voler ora perdere Davide 'per strada' da parte di tutto il club ci riempie di gioia. È disarmante l'offerta di aiuto. Del resto non abbiamo mai avuto alcuna pretesa. Quando improvvisamente ti cambiano le prospettive ti rendi solo conto che vi sono cose che devono essere fatte, come permettere a Davide di muoversi in una casa tutta agibile. Un primo passo verso un'attitudine di indipendenza che non sarà sempre facile per lui conquistare. Quanto alla medicina è una frontiera aperta. Noi cercheremo di stare alla finestra... più che contarci ci speriamo».

'Dopo l'ondata emotiva, cala la bonaccia. Non qui'

Un cammino, già difficoltoso, condizionato oggi, come detto, anche dal Covid: «Abitando a Como la difficoltà maggiore per Davide attualmente è quella di mantenere i contatti con i suoi compagni e amici – rimarca papà Italo –. L'aspetto umano è molto importante e queste iniziative leniscono sicuramente la distanza contribuendo alle oggettive difficoltà e necessità crescenti di mio figlio. Spesso, dopo l'ondata emotiva, c'è la bonaccia, la vicinanza dell'Hcc ci conferma che non è così, anche se, come in tutte le situazioni, c'è chi è più o meno espansivo. Davide, da parte sua, ha dimostrato un grande coraggio, nei mesi successivi all'incidente ha seguito sul telefonino le partite di hockey, dimostrando un profondo interesse per questo sport che gli ha portato via così tanto. Non me lo sarei mai aspettato... Devo ammettere che psicologicamente ci sono alti e bassi, ma come nella vita di tutti. Un punto fermo però c'è: quello di mantenere il massimo grado di dignità della persona. Può esserci tristezza, perché è un figlio diverso da come lo avevamo prima, da come l'avevamo pensato. Ma attraverso un 'difficile sano ottimismo', e senza dimostrarci miopi verso la realtà, sapremo, insieme a Davide, riuscire a rimodulare quella vita che lui ha ancora davanti, raggiungendo il massimo di quello che si può raggiungere oggi».