Presentato il progetto per un centro direzionale. Dove un tempo si producevano orologi, si immaginano tre palazzine di uffici con ristorante
Per i chiassesi (o forse dovremmo dire le chiassesi) di una certa età il complesso industriale ormai in disarmo che affaccia su via Como, nelle vicinanze di Brogeda, è ancora carico di ricordi. Lì ci hanno lavorato in tanti, operai di quella industria orologiera ai tempi in piena ascesa, pure da questa parti. Presto quelle memorie, però, finiranno in polvere: lo stabile della ex Trecor è destinato, infatti, a essere demolito. Come l'imprenditore che, per primo, nel 1929, aveva adocchiato quel luogo come sede ideale per la sua fabbrica, oggi, a quasi un secolo di distanza, altri uomini d'affari hanno visto le potenzialità di quei terreni. Una proprietà andata all'asta nel settembre del 2019 dopo il fallimento dell'azienda, decretato nel 2017, che è costato il posto a sessanta dipendenti.
Tramontata così l'era aurea degli orologi, c'è chi confida adesso di far decollare, sempre da lì, nuove 'start up'. Abbattuti i vecchi edifici - che sulla carta sembrano avere poche possibilità di vantare la loro storicità -, nelle intenzioni prenderanno forma tre edifici dalle facciate lineari e che si innalzeranno per sei piani. In effetti, c'è già l'idea di chiamarli 'Illiar Tower'. A quanto pare Chiasso ispira i progetti di torri; anche al Comacini a suo tempo, una decina di anni orsono, si era immaginato di costruire un edificio alto addirittura cento metri.
Per il momento sul tavolo ci sono le aspirazioni dei promotori, in testa Angelo Gilardoni della Impregil, e il dossier in pubblicazione nelle ultime due settimane a Chiasso. Dossier che prospetta un investimento di quasi 12 milioni e mezzo di franchi e due anni di cantiere. Una cosa è certa: l'area su cui si sono messi gli occhi - al civico 1, 3 e 5 di via Como - è in una posizione strategica, a due passi dalla dogana e dai principali assi di collegamento, a cominciare dallo svincolo autostradale sud. Una collocazione, quella al centro di una domanda di costruzione, che potrebbe fare gola a una azienda interessata a insediarsi al di qua della frontiera, ma proiettata verso un mercato internazionale.
Sta di fatto che all'interno del trittico di palazzine progettate da Zanin Architetti Sagl di Lugano sui 3'153 metri quadrati a disposizione troveranno posto in via esclusiva degli uffici, oltre a servizi, un bar e un ristorante nell'edificio centrale. Le costruzioni, del resto, saranno parte di un centro direzionale, ed essendo indipendenti verranno collegate attraverso l'autosilo sotterraneo con 57 posteggi. I contenuti, si fa capire nella Relazione tecnica, si inseriscono nelle linee direttive tracciate dal Piano regolatore (Pr) comunale, che iscrive la zona come amministrativa-commerciale intensiva prevedendo edifici anche di sette piani.
L'accesso principale sarà da viale Stoppa (anche per l'autosilo), ma gli stabili potranno essere raggiunti attraverso diversi percorsi pedonali. La distanza fra loro e dagli edifici adiacenti sarà ampia, si sottolinea. In questo modo il complesso seguirà la sagoma del fondo, utilizzandola "per stabilire una tensione geometrica che unifica l'intero progetto"; e quanto a volumi si armonizzerà con il contesto urbano circostante. Tant'è che si è deciso di non cintare la proprietà, limitandosi a creare dei muretti di confine solo sul lato ovest, e di abbattere le possibili barriere architettoniche. Una attenzione particolare, si annota nel documento consegnato al Municipio, sarà data anche al verde, che caratterizzerà l'area perimetrale delle palazzine e gli stessi edifici, ad esempio sul tetto giardino, e occuperà una percentuale maggiore di quella indicata a Pr. Quanto all'aspetto energetico, gli edifici, si conferma, sono stati progettati secondo gli standard cantonali.
Lanciando uno sguardo ai piani, si nota come anche all'interno la suddivisione degli spazi indulga alle nuove abitudini aziendali. All'ingresso dello stabile contrassegnato (a progetto) con una 'A', il più grande per superficie costruita, accanto all'accoglienza, alle sale d'attesa e dedicate alle riunioni, e oltre agli uffici - ridistribuiti sui due lati - si disegnano pure spazi per la pausa dall'orario lavorativo e zone relax. L'edificio centrale - il 'B' -, come detto farà posto a bar e ristorante - previsto al primo piano -, che sarà al servizio degli impiegati del comparto e dei clienti e potrà approfittare anche di tavolini esterni al piano terra. Sia in questa costruzione che nella terza - la 'C' - gli spazi amministrativi saranno aperti e prospetteranno, quindi, degli 'open space'.
Delineato il profilo futuro di quell'angolo di Chiasso, non si potrà dare il 'la' alle ruspe senza mettere in programma una bonifica di terreno e materiali da demolizione. La serie di perizie allegate al dossier, d'altro canto, rende voluminosa la documentazione. Alle analisi di prassi, in questo caso si sommano infatti le indagini idrogeologiche e quelle sulla presenza d'amianto: per decenni in quella fabbrica si è dato vita a un'attività di produzione metallurgica. Quanto basta per iscrivere i terreni nel catasto dei siti inquinati. Il lavoro degli esperti ha permesso, però, di individuare le porzioni potenzialmente inquinate e di andare alla ricerca in particolare di solventi, metalli pesanti, cianuri e idrocarburi, oltre all'amianto utilizzato nella costruzione.
Assai utile si sono rivelate pure le notizie storiche legate al complesso industriale, che hanno permesso di evidenziare come negli anni non si siano mai verificati degli "incidenti rilevanti di alcun genere". Semmai, si riporta nel dossier, sono venuti alla luce dei richiami ("numerosi") indirizzati dalla Sezione protezione aria, acqua e suolo del Dipartimento del territorio alla proprietà per la "non corretta immissione di acque reflue industriali in canalizzazione".
Da chiarire, si ammette, vi è anche un altro punto: la Trecor era dotata di una stazione di servizio? L'ipotesi "giustificherebbe - si annota nelle carte - la presenza, oltre a cinque serbatoi di olio da riscaldamento, dei due tank da 5mila litri di benzina, pur non escludendo che la benzina fosse usata, assieme a solventi e altri prodotti, anche nei processi di pulizia delle parti metalliche". Come dire che, prima di costruire, un risanamento si impone.
Corre l'anno 1929 quando chi punta sull'orologiero anche nel Mendrisiotto costruisce l'edificio originario, sul lato di viale Stoppa. Una presenza storica, soprattutto per la memoria locale, che si è intrecciata con la vita di tante persone a Chiasso e nei suoi dintorni. Negli anni seguenti, però, lo stabile viene modificato, ampliato. Il primo intervento risale al 1957: la costruzione cresce. Ma è il 1970 quando si realizza una "grande area produttiva", portando la volumetria a 21mila metri cubi. Un progetto, si ricostruisce nella documentazione, che "includeva interventi importanti anche sulle parti preesistenti, che sono state fortemente alterate nelle loro caratteristiche morfologiche, al punto da rendere difficilmente riconoscibili e identificabili le costruzioni delle varie epoche". Come dire che agli occhi dei promotori nulla osta a dare gas alle ruspe.