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Pneumatici in fiamme, ‘i controlli sono stati regolari’

Giornata di rilievi alla Pm Ecorecycling di Mendrisio. La convivenza tra l'attività della ditta e la zona abitata sarà discussa in Municipio

Nell'incendio di sabato sono bruciati 5mila copertoni (Ti-Press/Davide Agosta)
22 dicembre 2020
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È continuata ancora nella giornata di ieri l'attività della Polizia scientifica alla Pm Ecorecycling di Mendrisio. Obiettivo degli inquirenti, coordinati dal Procuratore pubblico Pablo Fäh, è stabilire le cause che, sabato sera, hanno portato all'incendio di almeno 5mila pneumatici accatastati nel deposito della ditta. Il secondo incendio – il primo risale al dicembre di quattro anni fa – ha messo sul tavolo numerosi interrogativi sulla presenza dell'attività (autorizzata) a ridosso del centro abitato. Oggi il Municipio di Mendrisio affronterà il tema nel corso della sua seduta settimanale. L'inchiesta, come detto, continua: sul posto sono stati effettuati numerosi rilievi e gli accertamenti di Polizia in corso seguono tutte le ipotesi. Tra queste anche il dolo: alcuni testimoni avrebbero infatti segnalato di avere notato una vettura allontanarsi dal luogo dell'incendio.

Controlli ‘promessi’ ed effettuati

I rilievi effettuati quattro anni fa hanno stabilito che il numero di pneumatici presenti nel deposito era superiore rispetto a quello stabilito dalla licenza edilizia. Cantone e Comune hanno imposto la riduzione da 20mila a 14mila copertoni (stando a nostre informazioni, al momento del rogo sarebbero stati più di 8mila quelli stoccati) e ‘promesso’ controlli regolari. L'ultimo in ordine di tempo è avvenuto alla fine di novembre. «I controlli sono stati effettuati in modo regolare», conferma a laRegione il capo dell'Ufficio della gestione dei rischi ambientali e del suolo Nicola Solcà che, per motivi di inchiesta, preferisce non entrare nel merito sulla situazione del deposito. I dati dell'Osservatorio ambientale della Svizzera Italiana (Oasi) parlano chiaro. Nella giornata di domenica, le polveri fini a Mendrisio hanno ampiamente superato il valore limite fissato dall'Ordinanza contro l'inquinamento atmosferico (50 microgrammi al metro cubo). «Dal punto di vista ambientale e sanitario, gli incendi di pneumatici tendenzialmente sono i peggiori che si possono avere perché bruciano molto male – continua Solcà –. È un dato di fatto che gli pneumatici che bruciano emettono quantità nocive superiori rispetto a quello che può essere un pezzo di legno». L'incendio è scoppiato intorno alle 22. «Fortunatamente di notte – sottolinea ancora il responsabile – momento in cui la popolazione non è esposta. Il picco lo si è avuto intorno alle 4 del mattino; durante il giorno la situazione è rientrata». L'incendio «ha generato una colonna di fumo molto alta: polveri e sostanze inquinanti si sono disperse molto, quasi da non essere misurate». Nicola Solcà ha effettuato personalmente delle misurazioni alla 1 del mattino, senza rilevare grandi odori o valori. «Il peggioramento si è come detto avuto intorno alle 4, per cui la raccomandazione di tenere porte e finestre chiuse è stata senz'altro giusta». Ragionando sulla qualità del'aria durante i due incendi, Solcà spiega che «quattro anni fa il livello dell'aria è stato peggiore: il picco raggiunto è stato di 1'000 microgrammi al metro cubo. Sabato ci siamo ‘fermati’ intorno ai 200». 

Sospesa la prima inchiesta

Il rogo di quattro anni fa, di accertata matrice dolosa, non ha ancora un colpevole. Il procedimento contro ignoti avviato dalla Procuratrice pubblica Margherita Lanzillo è stato sospeso in attesa che le risultanze dell'inchiesta portino verso una direzione piuttosto che un'altra. In merito alla prima inchiesta, il deputato della Lega Massimiliano Robbiani ha presentato un'interrogazione al Consiglio di Stato. Al Governo viene chiesto perché “la giustizia non ha ancora chiarito cosa sia successo”, come è possibile che “un'inchiesta non dia risultati dopo quattro anni” e se “è possibile trovare dei correttivi o imporre la chiusura del deposito” fino a quando non si saprà cosa è successo nel dicembre 2016.

‘Aree industriali riorganizzate e securizzate’

L'incendio di sabato pone una serie di interrogativi ai quali occorre saper dare risposta in tempi brevi. In una nota firmata dal presidente Tiziano Calderari, dal vicepresidente Vincenzo Crimaldi e dal capogruppo in Consiglio comunale Giovanni Poloni, la sezione Plr di Mendrisio sottolineano come “ognuno di noi si chiede come sia possibile che un evento di così grande impatto sia potuto capitare nuovamente, a soli quattro anni di distanza da un primo incidente analogo esattamente nella stessa struttura”. A interessare è “il perché. Perché sia accaduto di nuovo, ma soprattutto perché l'attuale pianificazione delle zone artigianali e industriali consenta la presenza di aziende potenzialmente pericolose a ridosso di zone abitative densamente popolate e di ospedali”. Incidenti e incendi – come quello di sabato o quello delle scorse settimane al Mulino di Maroggia – “possono accadere in modo del tutto imprevisto e le loro conseguenze sono importanti, non solo dal punto di vista economico”. Le fiamme divampate nella tarda serata di sabato “hanno avuto un impatto importante sull'area direttamente interessata, ma non solo. Il fumo e l'odore forte e acre sprigionato dagli pneumatici bruciati hanno raggiunto anche i quartieri di Mendrisio, in particolare Rancate e Genestrerio”. Per i tre rappresentanti del Plr di Mendrisio è “giunto il momento di chinarci sul tema delle aree industriali che devono essere riorganizzate e securizzate. La collaborazione tra autorità locali e cantonali deve essere intensa e andare verso una concentrazione di queste zone in spazi lontani dagli abitati”. In questo senso, “Mendrisio può essere un pioniere e avere visioni inedite che rendano accettabile la presenza di aziende con contenuti sensibili sul nostro territorio”.

Il caso di Monteggio del 2006

A intervalli regolari in Ticino emerge qualche grosso problema legato alle deponie di pneumatici. Grosso perché spesso in questi luoghi sono presenti centinaia o anche migliaia di gomme usate, e soprattutto perché la piaga delle discariche abusive non sembra del tutto debellata. L'associazione dei garagisti Upsa stima che in questi siti illegali vi finisca circa un sesto dei copertoni da smaltire. Non è il caso dell'azienda di Mendrisio, una delle poche in Ticino autorizzate allo smaltimento dei vecchi pneumatici. Che vengono riciclati anche per la produzione di asfalto, ma viene chiesto un contributo per il ritiro, intorno ai 3 franchi per gomma. Come emerso da vicende giunte agli 'onori' della cronaca, queste discariche abusive accettano di ritirare le gomme a un prezzo inferiore, intorno al franco per gomma, ma spesso i copertoni vanno poi a finire nella natura o su terreni privati, per poi essere abbandonati al loro destino. Conosciuto per esempio un caso del 2006 a Monteggio. Il gestore del deposito (abusivo), che in seguito risultò nullatenente, abbandonò il campo e a farne le spese furono gli anziani proprietari del fondo, che per sostenere le spese di smaltimento delle 560 tonnellate di materiale (portato a una ditta zurighese) dovettero vendere il terreno.

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