Nel giardino degli Istituti sociali si accorciano le distanze. I primi ad avere il virus in casa, oggi non si contano più nuovi casi
I telefoni degli Istituti sociali di Chiasso, tempo 24 ore, sono diventati roventi. È bastata una comunicazione via posta elettronica per tempestare di chiamate la direzione delle case per anziani cittadine. Da oggi, mercoledì, le distanze fra gli ospiti e i loro famigliari potranno essere un po' accorciate. Sia chiaro, le strutture - Casa Giardino e Casa Soave - restano 'off limits' ai visitatori esterni (parenti inclusi): le disposizioni cantonali non transigono. Per assecondare, però, la voglia di rivedersi - anche ai tempi del Covid-19 - si è trovato uno stratagemma: si è ritagliato uno 'spazio di incontro' in un angolo del parco di Casa Giardino. Parco tornato a essere di uso esclusivo degli anziani dopo aver chiuso l'area giochi per i bambini e alzata una inevitabile barriera verso l'esterno.
'Reclusi' dal 7 marzo scorso, si è pensato, insomma, di aprire una sorta di 'finestra' per i residenti e i loro cari. Per 15 minuti, dal lunedì al venerdì pomeriggio - fra le 14 e le 16.30 -, tra figli e genitori, nonni e nipoti ci si potrà guardare negli occhi e scambiare un saluto anche al di là del video del cellulare o del tablet. A dettare il ritmo degli incontri, questa volta, sarà 'solo' la meteo, sebbene i tre metri di distanza obbligata e le transenne che cintano l'area testimoniano di una quotidianità lontana da quella che sino a febbraio rappresentava la consuetudine. Certo i famigliari dovranno attenersi anche in questo caso a regole precise: le visite esterne dovranno essere annunciate - telefonando in settimana la mattina, fra le 9 e le 10.30, allo 058 122 44 00 -, mentre l'anziano sarà accompagnato in giardino da un operatore.
Non c'è verso, il coronavirus ha 'stravolto' le abitudini, spianando la strada al tempo del sacrificio. Dentro gli Istituti se ne sono fatti parecchi. Le strutture per anziani di Chiasso sono state le prime a ritrovarsi in casa il virus e le prime a registrare una vittima (di fatto il primo decesso da Covid-19 in Ticino). Possiamo immaginare sia stata dura? «Lo è stato - ammette a 'laRegione' il direttore Fabio Maestrini -. In effetti, qualcuno lo abbiamo perso. Ma possiamo dire che alcuni nostri ospiti hanno superato la malattia, tra cui anche una signora di 101 anni». Una generazione quella dell'ospite che resiste a Chiasso: chissà forse essere nati tempi della Spagnola non è un caso. E se il mondo è rimasto fuori dalle due residenze, dentro l'istantanea che ci restituisce il direttore (quando lo raggiungiamo al telefono) è quella di uno dei decani della Giardino al tavolino del bar («per lui la giornata non è cambiata un granché»).
Sta di fatto che il coronavirus ha lasciato il segno. «Lo ha lasciato e lo lascerà in tutti - annota Maestrini -. Per noi che da sempre diamo la priorità alla tutela della salute dei nostri ospiti e del personale - dotato di tutti gli strumenti di protezione necessari, ndr - e che ci relazioniamo con i più fragili tra le persone fragili è stato importante avere il massimo supporto delle autorità cantonali e aver reagito con prontezza, ancora prima delle disposizioni restrittive estese a tutto il territorio». E lì è scattato il divieto di visita. «Mi rendo conto che si tratta di misure difficili e impopolari. Misure che, però, sono state comprese dai famigliari, vista la loro finalità, e che hanno dato dei risultati: da una decina di giorni non registriamo più dei nuovi casi. Non dobbiamo però lasciare la presa, non adesso». Il direttore si è fatto una promessa: quando si riaprirà il portone i primi a varcare l'ingresso saranno i famigliari (unicamente loro); per il momento l'accesso, con tutte le precauzioni del caso, è concesso solo ai parenti che si devono accomiatare dai loro cari, in fase terminale.
Lo 'spazio d'incontro' esterno è, in ogni caso, un passo avanti. Se ne avvertiva l'esigenza? «Il desiderio di rivedersi c'era e da entrambe le parti, quella degli ospiti e quella dei parenti. D'altro canto - osserva ancora Maestrini -, l'essere delle strutture aperte, con un bar, un salone di parrucchiere, ha fatto sentire la differenza in modo particolare». La nostalgia, dunque, cominciava a farsi sentire. Anche se ad avvicinare le generazioni in queste settimane ci hanno pensato le letterine e i disegni dei bambini, senza trascurare, richiama, «la stima e la gratitudine fatta sentire dalle famiglie».
Volendo scattare una fotografia, qual è la situazione a Chiasso? «Abbiamo avuto una dozzina di decessi con Covid-19 e una quarantina di casi positivi - positività che ha interessato pure alcuni collaboratori («eroici»), ndr -. Uno scenario che nel corso delle settimane ci ha, comunque, dato modo di contenere gli effetti fra una struttura e l'altra e di gestirli meglio anche grazie agli spazi e alle separazioni a disposizione». Come si spiega la diffusione del contagio nelle case per anziani? «Nel nostro comprensorio la relazione è di cercare nella dimensione della struttura, peraltro aperta verso l'esterno - nel segno dell'essere intergenerazionale, ndr - e situata nel centro cittadino. Ecco perché la politica adottata dal pool dei nostri medici è stata quella dello striscio». Dunque i tamponi per disegnare la geografia della presenza del virus dentro le mura degli istituti.
Proiettandosi in avanti, in un futuro (si spera) immune dal virus, cosa resterà di questa scomoda convivenza? «La consapevolezza che non c'è nulla di scontato».