Trovati residui sul luogo dell’assalto, ora sono al vaglio degli specialisti. Intanto, s’indaga anche fuori dai confini ticinesi. E la politica s’infiamma
Per far saltare il bancomat a Stabio, sabato mattina, i ladri si sono serviti di una miccia. Sul posto, lì in via Ligornetto, sono stati trovati, infatti, dei residui che riconducono al tipo di detonatore utilizzato dai ladri che hanno preso di mira il distributore automatico della Raiffeisen della Campagnadorna. Reperti che, con gli altri raccolti nell’area del ‘colpo’ e tra le macerie lasciate dall’esplosione, potranno essere utili alla Polizia cantonale e in particolare agli specialisti della scientifica giunti appositamente da Zurigo. Del resto, è l’esplosivo il tratto distintivo degli assalti ai bancomat nel Mendrisiotto – prima di Stabio, negli ultimi sei mesi a Coldrerio e Arzo – e nel Malcantone. A dire di più, ora, saranno le indagini affidate alla Polizia cantonale. Sabato in via Ligornetto era presente, però, anche il procuratore pubblico di picchetto Zaccaria Akbas. Resta aperto pure un altro aspetto: l’utilizzo illegale di esplosivo potrebbe far ricadere il caso (o i casi) sotto le competenze delle autorità federali. Nel frattempo, gli investigatori ticinesi che si sono messi sulle tracce degli autori dei furti (con scasso) si tengono in contatto diretto con gli inquirenti italiani, le polizie comunali e quelle di altri cantoni. Oltre al Norditalia, infatti, diversi ‘colpi’ ai danni di bancomat si sono verificati altresì in Svizzera Romanda e in particolar modo nel Canton Ginevra. Sebbene in questi ultimi episodi il ‘modus operandi’ sembra essere diverso: se in Ticino si propende per l’esplosivo, a Ginevra i ladri fanno saltare gli apparecchi utilizzando un gas, l’acetilene.
A innescare il dibattito politico nelle ultime ore è, invece, la richiesta a gran voce di tornare ad abbassare la barriera ai valichi secondari lungo la frontiera del Sottoceneri. Dopo la mozione siglata, domenica, dal Ppd, ieri è stata la Lega dei ticinesi con i suoi deputati in Gran Consiglio – primo firmatario Massimiliano Robbiani – a tornare alla carica proponendo ai colleghi di aderire a una risoluzione da imbucare all’indirizzo del Consiglio federale. Per i parlamentari leghisti la chiusura delle dogane minori va introdotta “definitivamente e a tempo indeterminato” durante le ore notturne. Alla lettura del gruppo i vari assalti rappresentano un pericolo “innegabile” per i cittadini. In realtà, dopo aver concesso un test di sei mesi – fra l’aprile e il settembre del 2017 a Novazzano-Marcetto, Pedrinate e Ponte Cremenaga –, Berna ha già archiviato l’esperienza. Lo ha fatto lasciando in cambio delle barriere, da abbassare alla bisogna, e videocamere di sorveglianza. Il Consigliere federale Ueli Maurer reagendo alle sollecitazioni della consigliera nazionale Roberta Pantani (che aveva perorato la causa oltre Gottardo) era stato chiaro. L’esperimento, aveva motivato, ha sortito risultati deboli a fronte della lotta alla criminalità transfrontaliera, rischiando, al contempo, di compromettere i rapporti di buon vicinato con l’Italia. Agli occhi del Consigliere nazionale Udc Marco Chiesa ragioni e rassicurazioni “non bastano”. Non davanti ai fatti recenti che dovrebbero mettere “una forte pressione sulle nostre istituzioni”, scrive in un atto parlamentare. Chiesa rilancia, quindi, una serie di interrogativi al governo federale. E in cima alla lista ci mette l’esigenza di sapere se il Consiglio federale sia disposto a rivedere la sua decisione o almeno a ripetere il test. O si teme, suggerisce, “qualche tirata d’orecchi dall’Ue basata sul rispetto dell’accordo di Schengen”? E non da ultimo, non sarebbe il caso di riconsiderare i presidi lungo il confine?