La demolizione dell'ex Jelmoli porta alla luce elementi storici di piazza del Ponte fin qui in ombra. Piazza Maggiore diventerà luogo di aggregazione
Aria, luce e uno spazio ‘riconquistato’ alla quotidianità del Borgo. A far compagnia al Lavizzari – il cui busto tiene d’occhio l’andirivieni lì nel ‘cuore’ di Mendrisio ormai dal 1900 –, lo sguardo si allarga da parte a parte e si addestra a immaginare una piazza del Ponte che sia davvero tale. Così come la desiderano da tempo i cittadini: gli stessi che hanno firmato la petizione (in circa 3’200) e poi votato il referendum. Demolito l’ex Jelmoli e sgomberato il campo dai resti del palazzo, c’è chi nel capoluogo si sente più leggero. Quasi si fosse tolto un «peso dal cuore». Di sicuro, d’un tratto, quell’assenza ha rivelato altre presenze, messe in ombra da un edificio che ‘occupava’ in modo evidente (per taluni ingombrante) lo slargo. Adesso non resta che ‘ricostruire’ (in senso ideale, sia chiaro) il sentimento di agorà, che è andato perso nel corso dei decenni. Per cominciare, la popolazione è pronta, in ogni caso, ad ‘accontentarsi’ di una riqualifica provvisoria – i primi bandi sono già stati pubblicati –; prima o poi, però, si dovrà mettere mano anche alla pianificazione vera e propria del comparto. Senza trascurare di sciogliere quei nodi che, per una parte della politica locale (si legga in questo caso Tiziano Fontana dei Verdi), resistono. Come nel caso della sistemazione del piano interrato (e della soletta) dello stabile abbattuto. Insomma, tutto è stato fatto secondo la licenza edilizia originaria?, interroga il consigliere comunale.
È chiaro, i mendrisiensi (dentro e fuori le istituzioni) non hanno intenzione di perdere d’occhio gli sviluppi sulla futura identità urbanistica della piazza, su cui la maggioranza del legislativo non ha voluto per ora porre dei vincoli (soprattutto edificatori). Nel frattempo, però, ci si gode almeno la visuale. È vero, al viavai del traffico al momento non c’è rimedio, ma di fronte, ci suggerisce Anastasia Gilardi, da storica dell’arte, resiste oggi «una vera piazza italiana, con la storia a vista, e condivisibile da tutti». Ed è un reale «campionario» del passato di Mendrisio. La scomparsa dell’ex Jelmoli dà modo, in effetti, di scorgere, come ci illustra la stessa Anastasia Gilardi, le case nobili medievali, la torre difensiva, la chiesa ottocentesca. «Eccola lì, in alto, tra i giardini, e dall’altra parte del fiume (sotto la strada) le case borghesi». Il riferimento è alla farmacia Quattrini («che era del Lavizzari»), la casa Soldati («che è come se sbirciasse anche lei sulla piazza») e, accanto, la casa Franchini (dalla «fisionomia settecentesca»), tornata a riprendersi la luce. La storica dell’arte non ha mai nascosto da che parte stava (da quella della piazza a misura di cittadino, per intenderci), ma ora riconosce che «tutto sommato, ciò che resta dell’edificio della Posta non dà poi così fastidio».
Tutto sembra aver assunto un’altra prospettiva. È il caso del muro medievale di casa Binaghi, che sembra corroborare l’ipotesi, ci fa notare ancora Anastasia Gilardi, che sia «ciò che resta delle mura che chiudevano il Borgo, appoggiandosi alla torre ancora esistente». Ora la sua facciata appare quasi allineata a quella del Palazzo Torriani, «con la quale presumibilmente rivaleggiava». Basti dire che, come rammenta la storica dell’arte, il cancello in ferro battuto che cingeva l’ingresso ai giardini, adesso impreziosisce il parco di Villa Ciani a Lugano, finendo spesso e volentieri nelle fotografie dei turisti che si affacciano sul lago. Tra i testimoni della presenza mendrisiense, annota, c’è Francesco Chiesa che lo riproduce e lo cita ne ‘La casa borghese nella Svizzera. Cantone Ticino. Il Sottoceneri’, edito nel 1934. Ad aver guadagnato di più dalla nuova visuale, Gilardi non ha dubbi, è comunque la chiesa parrocchiale, che dà l’impressione, ci rende attenti, di essere «di nuovo ‘scesa in piazza’, con le sue arcate accoglienti e le rampe invitanti». Di converso alla nostra interlocutrice verrebbe la tentazione di chiedere di «rialzare il monumento a Lavizzari», riportandolo là dove era stato collocato originariamente. Oggi starebbe bene, motiva, veder ‘spuntare’ il busto al di sopra del parapetto della prima rampa che conduce alla chiesa. Impensabile? Chissà. In fondo, tra gli anni Venti e Trenta del Novecento si è tentato per due volte di abbattere la torre – Comune e parrocchia, ci fa memoria Gilardi, arrivarono a chiamare un celebre archeologo di Roma –, ma studiosi e cittadini riuscirono a fare... muro. Fino all’iscrizione fra i monumenti storici del 1927, che bloccò qualsiasi velleità ‘distruttiva’. Oggi manca ancora qualcosa alla piazza? «Forse una fontana, a ricordo del fiume (il Moree, ndr). Si potrebbe riportare in piazza del Ponte quella che già c’era e che ora è nel viale delle Cantine». L’idea è lanciata.
«Piazza Maggiore deve diventare il nostro biglietto da visita». Stabio non può e non vuole più aspettare. Lo dimostra l’ampia partecipazione – almeno 150 i cittadini presenti nella sala del Consiglio comunale – alla serata pubblica che, lunedì, ha svelato alla popolazione il nuovo volto della piazza. «Un luogo che deve essere valorizzato – sono state le parole del sindaco Simone Castelletti –. È manifesto che la nostra piazza deve diventare un luogo accogliente e di aggregazione, dove poterci incontrare per bere un caffè, socializzare e, perché no, ascoltare dei momenti musicali o assistere a eventi culturali che vengono proposti dal Comune e dalle nostre preziose associazioni». Ora che il progetto definitivo firmato dallo studio Celoria Architects Sagl di Balerna è realtà, la palla torna al Municipio. Il messaggio con la richiesta di credito è atteso per la primavera. L’investimento totale – che, come deciso dal Consiglio comunale, comprende anche via Piazzolo – ammonta a 2’266’500 franchi. Dedotti i contributi di miglioria, l’investimento netto sarà di 1,7 milioni. Dopo la concessione del credito, il progetto sarà pubblicato secondo le leggi preposte. Ipotizzando un iter senza ricorsi o opposizioni, i lavori – che dureranno un anno – potrebbero iniziare nel corso del 2020. Una cosa è certa e il Municipio di Stabio non lo ha mai nascosto: la riqualifica e valorizzazione di piazza Maggiore è un obiettivo. «Da tanto tempo se ne parla, si misura, si progetta – continua il sindaco –. Adesso è giunto il momento di realizzarla e viverla tutti assieme». Simone Castelletti non ha dubbi. ««La nostra piazza Maggiore è il cuore del nucleo storico del paese e merita di più». Grazie agli interventi previsti «avremo finalmente un luogo di aggregazione, una zona d’incontro dove i pedoni avranno la precedenza sulle autovetture e dove lo spazio pubblico riguadagnerà finalmente la sua funzione».
Come sarà, quindi, la piazza del futuro? Come ha spiegato l’architetto Aldo Celoria – al suo fianco il lighting designer Stefano Dall’Osso e gli ingegneri Franco Lurati e Pio Lancini –, l’idea è quella di unire formalmente gli elementi che compongono la piazza, creando un legame armonioso tra la collina del castello, la nuova piazza e le strade di paese che portano a questo spazio pubblico di pregio. La forma ellittica della piazza collega l’angolo più alto del vuoto, tra la Cappella della Confraternita di S. Maria di Caravaggio e la chiesa parrocchiale, al fronte roccioso della collina del castello che si affaccia sulla piazza. L’incontro tra i due elementi è il palco, dove l’asse urbano della piazza incontra l’asse naturale della collina del castello. Il progetto prevede anche un’area verde con gradoni in calcestruzzo e prato che consentiranno alle persone di sedersi per assistere agli eventi o semplicemente nel tempo libero. Uno degli elementi che permetteranno di valorizzare lo spazio centrale di Stabio sarà il progetto illuminotecnico – la tecnologia dell’illuminazione sarà a Led – che valorizzerà elementi e caratteristiche architettoniche ed estetiche della piazza, contribuendo anche alla sua frequentazione nelle ore serali. La creazione di un’atmosfera luminosa, calda, accogliente e dai toni morbidi permetterà alla piazza di essere fruibile anche durante le ore notturne.