Alle Assise criminali di Lugano una sordida storia di presunti abusi, che secondo l'accusa sarebbero iniziato quando la ragazza aveva solo 12 anni
Una relazione sentimentale e sessuale, anche se consenziente, tra un uomo di 53 anni e la sua figliastra di 18 è già sufficiente a far sollevare qualche sopracciglio. La questione diventa però di natura penale, nonché sordida, se questa relazione, oltre a non essere consenziente, avrebbe avuto inizio quando la ragazza di anni ne aveva 12. La vicenda è approdata quest’oggi, martedì, alla Corte delle Assise criminali di Lugano, presieduta dalla giudice Francesca Verda Chiocchetti. Secondo quanto ricostruito nell’inchiesta condotta dalla procuratrice pubblica (pp) Anna Fumagalli, si tratterebbe di una morbosa storia di abusi – fisici, psicologici e sessuali – con protagonista l’imputato, un cittadino spagnolo oggi 56enne, che a partire dal 2014 avrebbe spinto la figlia dell’allora consorte ad avere rapporti sessuali. La dinamica è poi proseguita per quasi dieci anni, fino a quando la giovane ha deciso di denunciarlo.
Lui però nega di averla anche solo sfiorata fintanto che era minorenne, mentre a partire dalla maggiore età, il loro rapporto patrigno-figliastra si sarebbe tramutato in una relazione sentimentale a tutti gli effetti. All’insaputa della madre/moglie. L’accusa ha definito le sue colpe oggettivamente molto gravi, chiedendo che venga incarcerato per dieci anni, e successivamente espulso dalla Svizzera per altri dieci, mentre l’avvocata Letizia Vezzoni, che rappresenta la vittima costituitasi accusatrice privata, ha chiesto un indennizzo per danni morali pari a 35mila franchi. Il difensore dell’imputato, l’avvocato Pascal Frischkopf, si è invece battuto per il totale proscioglimento, nonché per un risarcimento di circa 60mila franchi per i dieci mesi di carcere «ingiustamente» subiti. La sentenza è attesa per giovedì.
«Dieci anni di silenzio nell’incubo – ha esordito la pp durante la requisitoria –: questo è stato il prezzo che ha pagato la vittima per ricongiungersi con la madre, dopo essere stata cresciuta in Paraguay dalla famiglia materna». I fatti contenuti nell’atto d’accusa narrano di una ragazza fragile alla ricerca di una figura paterna, che avrebbe identificato nel patrigno una volta arrivata in Ticino. Patrigno che avrebbe, sempre secondo l’accusa, tentato di avere un rapporto sessuale con lei quando questa aveva solo 12 anni, mentre dormiva nel letto tra lui e la madre. Successivamente sarebbero seguiti diversi toccamenti, per infine arrivare a un rapporto sessuale completo. Rapporti che si sarebbero poi ripetuti per anni. «Mi sentivo uno schifo, ed è una sensazione che provo ancora adesso» dichiarerà poi la vittima durante un interrogatorio.
L’imputato avrebbe manipolato la giovane, dicendole che se avesse detto qualcosa alla madre le avrebbe causato solo dolore, e che in ogni caso nessuno le avrebbe creduto «perché era stupida», minacciandola inoltre che se la cosa fosse emersa, le due donne sarebbero dovute tornare in Paraguay. Il controllo dell’uomo si sarebbe poi esteso anche fuori dalla casa, insistendo per accompagnarla ovunque, e allontanando i ragazzi che lei cercava di frequentare. E sarà proprio una scenata di gelosia dell’imputato, durante la quale lui ha minacciato il nuovo ragazzo della giovane di bruciargli la macchina, a spingere la vittima a denunciare i fatti.
Un uomo, secondo la pp, «dalle capacità manipolatorie diaboliche», che voleva la ragazza come «una schiava per soddisfare le proprie pulsioni sessuali». Una tesi che trova riscontro dalla perizia psichiatrica, che identifica nel 56enne un disturbo della personalità di tipo narcisistico. Perizia che però non è piaciuta all’imputato, che nega di essere una persona del genere, come del resto ha negato tutte le accuse. Egli sostiene infatti che la denuncia sia partita «semplicemente perché voleva stare col suo nuovo fidanzato». Sempre in ambito psichiatrico però, alla giovane è stata diagnosticata una sindrome da stress post traumatico: «Di certo non una diagnosi che emerge solo perché si vuole rimanere col proprio compagno – ha rimarcato Fumagalli rivolgendosi all’imputato –. Ha compromesso lo sviluppo psichico di una minore a lui affidata».
Tutt’altra versione quella fornita dalla difesa, che dipinge l’uomo come un padre che si occupava con amore della figliastra, in contrasto con una madre spesso emotivamente assente. Una tesi supportata da alcuni testimoni, che hanno descritto l’imputato come «un patrigno che si preoccupava molto degli studi della figliastra». I presunti toccamenti avvenuti a letto sarebbero stati solo innocenti abbracci, anche perché «è difficile credere che la madre non si sarebbe accorta di niente in un letto così stretto». La relazione amorosa sarebbe invece nata da sentimenti sinceri e soprattutto reciproci, dato che dalle chat emergono atteggiamenti di affetto, e talvolta anche di gelosia, anche da parte della giovane. «Non emerge affatto l’immagine di una ragazza sottomessa – ha detto Frischkopf durante la sua arringa –, ma di una che sa il fatto suo e che esprime i propri sentimenti». Anche il fatto che la ragazza girasse per casa in abiti succinti, o talvolta indossando solo indumenti intimi, sarebbero per la difesa un’altra dimostrazione che questa non fosse affatto intimorita dal patrigno. Oltre all’indennizzo per la carcerazione, la difesa ha inoltre richiesto un risarcimento per torto morale pari a 10mila franchi.