Mentre la moneta digitale cittadina vive una forte crescita, è fallito - per ora - l’obiettivo della ‘prima via del lusso al mondo crypto-friendly’
Il flop della via Nassa crypto-friendly e la forte crescita dei LVGA. Ma anche il boom del giro d’affari durante il Plan B Forum e le nubi su Tether negli Stati Uniti. Si riassume, estremizzando, in questo chiasmo un bilancio che possiamo definire in chiaroscuro della svolta verso le criptovalute che la Città di Lugano sta portando avanti da qualche anno. A pochi giorni dal grande evento che ha portato al Palacongressi circa 3’000 persone. Due anni fa in città veniva acquistato il primo hamburger in Bitcoin, oggi a che punto siamo?
Val la pena partire dall’obiettivo, col senno di poi rivelatosi troppo ambizioso, che esattamente due anni fa si era data l’Associazione Via Nassa: «Diventare la prima via del lusso al mondo crypto-friendly, dove sia possibile fare shopping con le criptovalute», utilizzando le parole del presidente Roberto Mazzantini. Un obiettivo che però non è stato centrato, per ora: sul centinaio abbondante di negozi schierati lungo i quattrocento metri circa della via, solo una ventina si sono dotati del lettore Pos per criptovalute. «Eppure sono ancora convinto che per il commercio e per Lugano tutta, le criptovalute siano un’ottima opportunità. Ero e rimango molto positivo, ma mi sono scontrato in particolare con le case madri dei grandi marchi». Proprio questi ultimi non accettano ancora i pagamenti con le monete digitali, sia che si tratti dei LVGA, sia che si parli di Bitcoin e Tether. Come mai? «È una questione strategica, il mio entusiasmo si è scontrato con gli interessi delle multinazionali: Lugano non conta molto nel fatturato dei grandi brand, un po’ come quasi tutta Europa. Pertanto, se a Parigi, per fare un esempio, un marchio non accetta le criptovalute, perché concederlo a un punto vendita della piccola Lugano? Se i grandi brand inizieranno ad accettarle, sarà a livello globale. Io non demordo comunque, ma probabilmente non sarà un obiettivo a breve ma a medio termine».
Se per assistere a una ‘CryptoNassa’ bisognerà dunque aspettare, quel che è già realtà è la forte crescita della moneta digitale cittadina. A dirlo sono i numeri. «Di anno in anno il circuito è in crescita – ci dicono Pietro Poretti e Luca Schenini, rispettivamente direttore e collaboratore della Divisione sviluppo economico della Città –. I dati aggiornati a oggi ci dicono che oltre 40’000 persone hanno scaricato l’app My Lugano (il doppio rispetto al 2022, ndr). In 15’000 hanno un wallet attivo con profilo verificato, che quindi dà diritto a un 10% di cashback negli acquisti, mentre altri 5’000 profili hanno diritto al 5% di cashback. Abbiamo 415 attività economiche che accettano i pagamenti in LVGA (anche in questo caso si parla di un raddoppio rispetto al 2022, ndr). Durante lo scorso mese 153 di queste hanno avuto più di 7’000 transazioni in LVGA. Ma ottobre è bassa stagione, se prendiamo il periodo giugno-agosto ce ne sono state in totale 45’000». Nell’agosto del 2022 ci sono state 600 transazioni, per fare un paragone, e rispetto all’ottobre dello scorso anno è il triplo.
Dal punto di vista finanziario, nei wallet attivi è caricato circa mezzo milione di franchi potenzialmente spendibile nel circuito locale, «il giro d’affari annuale è di circa 1,5 milioni e si stima che entro la fine dell’anno avremo iniettato oltre 300’000 franchi in LVGA nel circuito»: ovvero, sono i bonifici alle attività aderenti al progetto in risposta ai pagamenti effettuati con la moneta digitale. In sostanza, 300’000 franchi di incasso totale effettivo netto. Per quanto riguarda il lusso, la Città conferma le difficoltà con i grandi marchi ma sottolinea di aver trovato già diverso tempo fa una soluzione per quello che inizialmente sembrava un problema per quel segmento: la regolamentazione del cashback. Uno dei motivi del successo dei LVGA è infatti il 10% del valore dell’acquisto che viene caricato sul wallet del cliente, che gli permette di accumulare moneta poi spendibile in altri contesti. Un principio valido per gli acquisti sotto i 5’000 franchi, ma che per somme maggiori è stato percepito come svantaggioso per i commercianti del lusso. «Per questo, la soluzione è stata fissare il limite di cashback a 500 franchi (il 10% di 5’000, appunto, ndr)».
Questo ha permesso di aderire al circuito anche a diversi commercianti di via Nassa, ma locali. Lusso a parte, i LVGA sembrano piacere sempre più ai negozianti, come ci conferma anche il presidente della Società dei commercianti di Lugano Rupen Nacaroglu: «Ci sono e ci sono state reticenze, è vero ed è innegabile, ma oggi i numeri parlano chiaro. I LVGA stanno facendo passi da gigante. C’è uno sviluppo costante e un sempre maggior apprezzamento, ma non bisogna pensare a uno sviluppo lampo. Ci vuole tempo. E credo che la digitalizzazione dei sistemi di pagamento aiuterà ulteriormente questo sistema». E anche se la crescita è forte, un ulteriore margine di sviluppo c’è. «Nei prossimi mesi ci concentreremo per arricchire le funzionalità dell’app – ancora Poretti –. In tal modo, accrescendo l’utilizzo dello strumento, riteniamo di poter incentivare anche l’utilizzo della moneta digitale. Lo scopo finale rimane sostenere il commercio locale».
Altra opportunità di crescita, è diversificare gli ambiti di utilizzo dei LVGA. «È vero che sono usati principalmente per il tempo libero, penso ad esempio al Lido o ad alcuni esercizi pubblici – osserva Michele Foletti –. Proprio per questo, e per dare seguito a una mozione interpartitica, in occasione dell’annuale incontro con i 18enni (circa un mese fa, ndr) a tutti loro sono stati elargiti 200 franchi in LVGA da spendere esclusivamente in ambito culturale: librerie, musei, cinema, teatri, scuole di lingua o di musica, negozi di vendita di strumenti musicali ecc.». Il sindaco è stato sin dall’inizio uno dei principali fautori della crypto-svolta di Lugano. Un percorso di alti e bassi. Tra questi, il crescente utilizzo di criptovalute per scopi criminali – le segnalazioni sono in forte aumento, riferisce la Rsi –, e l’ultima notizia relativa a Tether, l’azienda di criptovalute fondatrice di Lugano Plan B, è che sarebbe nuovamente sotto inchiesta negli Stati Uniti, dove si starebbe indagando sull’utilizzo di Tether per operazioni legate al traffico di droga, al terrorismo e ai ciberattacchi. Accuse che l’amministratore delegato dell’azienda, Paolo Ardoino, ha negato.
Nonostante le controversie, Foletti resta dell’idea che valga la pena continuare a credere nelle criptovalute? «Penso di sì. Vedo che sempre più banche, la Posta, si stanno aprendo al trading di criptovalute. Tre anni fa era inimaginabile. A Lugano si sta formando una comunità di programmatori e imprenditori che lavorano con la tecnologia blockchain (è da poco aperto lo spazio Plan B Hub in via Motta, ndr). Sono nate delle realtà interessanti, con servizi internazionali che partono dalla nostra città e che hanno creato dei posti di lavori. Poi, chiaro, tutto è migliorabile. È un trend. Quanto durerà, quanto siano solide le monete digitali, ce lo dirà il tempo». Per intanto, le cifre sono in crescita anche su questo fronte: solo durante la settimana del Plan B Forum sono stati spesi nei commerci cittadini 160’000 franchi in criptovalute, tra Bitcoin e Tether. Sullo sfondo, tuttavia, restano le nubi di una sicurezza che – LVGA a parte – non può essere garantita.