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Caso Wicht: ‘Tutte accuse e infamie assurde’

Alla sbarra delle Assise criminali di Lugano, l'imputato contesta di aver danneggiato il patrimonio della moglie per quasi 2 milioni di franchi

Uno scatto del 2007, quando ricopriva la carica di granconsigliere
(Ti-Press/Archivio)
29 ottobre 2024
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«Tutte accuse e infamie assurde». Paolo Clemente Wicht, ex presidente dell’Udc, comparso oggi dinnanzi alla Corte delle Assise criminali di Lugano con l’accusa di aver danneggiato il patrimonio della moglie per un valore di quasi due milioni di franchi, contesta e respinge ogni addebito contestatogli dalla futura ex consorte. La richiesta di pena formulata dal procuratore pubblico Daniele Galliano nei suoi confronti è di tre anni, di cui sei mesi da espiare. Per la difesa, rappresentata dall’avvocato Elio Brunetti, il 58enne va invece prosciolto da ciascun capo d’imputazione.

Il processo, di natura indiziaria, si è svolto dopo la decisione della Corte dei reclami penali (Crp) – lo ricordiamo – di annullare il decreto di abbandono firmato dallo stesso Galliano (che ha ereditato l’incarto dall’ex pp Andrea Minesso) nel settembre 2021. Decisione che ha costretto il Ministero pubblico alla riapertura dell’incarto. Le ipotesi di reato nei suoi confronti sono truffa, ripetuta e in parte tentata; falsità in documenti; appropriazione indebita, ripetuta; amministrazione infedele aggravata; acquisizione illecita di dati e minaccia, ripetuta. I fatti risalgono al periodo tra il 2008 e il 2016. Ciò che va ora chiarito, secondo i giudici della Crp, è come lui abbia utilizzato il denaro e se lei fosse al corrente di come venivano spesi i soldi in famiglia.

In estrema sintesi, l’accusa sostiene che Wicht abbia, a partire dal 2006, iniziato una relazione sentimentale con l’accusatrice privata, conquistandone la fiducia, forte della sua posizione sociale e ritenuto che di mestiere era fiduciario, granconsigliere e presidente dell’Udc, ecc. Anche i regali e i viaggi di lusso avrebbero contribuito. Infatti, l’uomo avrebbe riempito la moglie di doni, cene, viaggi facendole credere di essere benestante, quando in realtà aveva gravi difficoltà finanziarie. In questo contesto, l’ex granconsigliere è diventato il suo fiduciario personale utilizzandone il denaro (anche proveniente da conti in nero) per scopi personali e per ripagare i propri debiti.

«Mia moglie mi ha dato volontariamente procura dei suoi conti – ha sostenuto l'imputato –. Tutti i pagamenti e i soldi prelevati sono stati concordati con lei». Rispetto alle accuse di minaccia, Wicht, ha precisato che «non sono nella mia natura, anche nei momenti di discussione più forti».

Galliano: ‘È un gran pasticcione’

Conclusa la fase istruttoria, il presidente della Corte, il giudice Amos Pagnamenta (giudici a latere Emilie Mordasini e Luca Zorzi), ha lasciato spazio alla pubblica accusa. «È la parola di uno contro quella dell’altro, e con una procedura di divorzio in corso, sembra che ciascuno voglia portare acqua al proprio mulino – ha detto Galliano in una requisitoria piuttosto insolita, visto che in precedenza aveva ritenuto che ci fossero prove a sufficienza per condannarlo –. Wicht, ha aggiunto «è un gran pasticcione. L’aggravante è che si tratta di un professionista nel settore fiduciario. Lui più di tutti sapeva di dover tenere le cose ordinate». Secondo il pp, «le colpe dell’imputato sono gravi. Se venisse prosciolto sarebbe insoddisfacente».

Ferrari: ‘Ha abusato delle procure conferitegli dalla consorte’

L’avvocato Filippo Ferrari, patrocinatore della moglie, ha chiesto per la sua assistita un indennizzo pari alla cifra contenuta nell’atto d’accusa, circa un milione e 800mila franchi. «L’imputato ha abusato delle procure conferitegli sui conti della moglie». Nel momento in cui si sono conosciuti, ha aggiunto, «c’era un evidente disparità tra il patrimonio di lei e quello di Wicht. Lui era indebitato, viveva di prestiti o investimenti da parte di terzi». Per l’avvocato, a dimostrarlo è anche il decreto d’accusa emesso nei suoi confronti nell’ottobre del 2021 per amministrazione infedele, omissione della contabilità e falsità in documenti riguardo alla gestione di alcune società, che lo stesso Wicht aveva accettato. Poi il decreto è cresciuto in giudicato. La pena era stata fissata in sei mesi di detenzione sospesi e una multa di 500 franchi.

La moglie: ‘Aveva un disperato e occulto bisogno di denaro’

A Ferrari, la moglie di Wicht ha chiesto di leggere in aula un suo scritto. “Sembrava una persona corretta, modesta – raccontano le parole della futura ex consorte – ma è freddo, manipolatore e aveva un disperato e occulto bisogno di denaro. Quando ho scoperto la durata decennale del suo ‘tradimento’ sono crollata e ancora oggi non riesco a liberarmi da quel che è accaduto. Ho ripetutamente cercato di ricostruire i fatti: ero accecata dai miei sentimenti e dall’atteggiamento di mio marito, sempre posato e sorridente. Sono stata un oggetto manipolato e poi ridicolizzato. Mi ha strumentalizzata e dopo la mia progressiva presa di coscienza chiedo che il suo agire gli venga rimproverato”. Dall’altra parte le parole conclusive di lui: «Essere attaccati ingiustamente da terzi è difficile, ma esserlo da chi si ha amato incondizionatamente è devastante. Tutto quello che abbiamo costruito insieme ora è in suo possesso, ma gioca lei il ruolo della vittima».

Brunetti: ‘Le decisioni venivano prese di comune accordo’

Dal canto suo l’avvocato Elio Brunetti si è battuto per il proscioglimento da tutti i capi d’accusa. «Le dichiarazioni di lei si sono rivelate fragili e insostenibili. I messaggi che si scambiavano dimostrano che l'imputato tenesse informata la moglie sul proprio operato e che anche lei stessa gli poneva domande al riguardo. Le decisioni venivano prese di comune accordo. La moglie è una persona colta e istruita che più volte ha dimostrato anche grandi capacità imprenditoriali. Stupisce che voglia dare un’immagine di sé come se fosse una sprovveduta». La sentenza dovrebbe essere comunicata nei prossimi giorni.