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Non un Cavaliere di Malta, ma ‘un manipolatore di prim’ordine’

Alle Assise criminali di Lugano un 58enne accusato di essersi intascato oltre 4,3 milioni millantando affari e stile di vita inventati

Oltre due milioni usati per spese personali
(Ti-Press)
26 settembre 2024
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Conte, duca, persino Cavaliere di Malta. Di titoli altisonanti se ne sarebbe attribuiti diversi il 58enne italiano a processo alle Assise criminali di Lugano per truffa aggravata, ripetuti amministrazione infedele aggravata, falsità in documenti e riciclaggio. Qualifiche nobiliari e prestigiose completamente fasulle, nella ricostruzione della procuratrice pubblica Francesca Nicora, che sarebbero servite all’imputato unicamente per realizzare il proprio piano: estorcere denaro – stimato in oltre 4,3 milioni tra franchi ed euro – a clienti ingannati. Più della metà dei soldi sarebbe stata utilizzata per scopi personali, il resto per tenere in piedi il sistema criminale. Oggi rischia oltre sette anni di carcere.

‘Diversi dipendenti, nessuno lavorava concretamente’

Tre i pilastri che sono serviti all’imputato, secondo la pubblica accusa, per costruire il proprio castello delinquenziale. Pilastri, fondati su «bugie eclatanti che hanno contraddistinto la breve ma intensa parentesi ticinese» del 58enne, iniziata con il trasferimento a Lugano nel 2019. A cominciare dalla sua personalità: «È un abilissimo affabulatore, un manipolatore di prim’ordine che sa adattarsi perfettamente all’ambiente circostante. Un vero e proprio camaleonte. Assecondando le legittime mire espansionistiche dei clienti, presentandosi come importante e competente gestore patrimoniale, tesse la propria tela tassello per tassello per farvi cadere le proprie vittime». A sorreggerlo, gli altri due pilastri. In primis una società, la H24 Sa, fondata appositamente in pieno centro città – cinque piani e un caveau in via Cantonale 2, dove aveva sede la Deutsche Bank –, «assumendo anche dipendenti per rendere più credibile l’illusione. Ma nessuno di loro ha mai saputo dire concretamente di cosa si occupasse la società».

Titoli nobiliari sì, ma comprati su internet

Il terzo aspetto è quello forse più cinematografico. Come un novello Tom Ripley, il 58enne acquista su internet titoli nobiliari, si firma duca o conte su corrispondenze ufficiali, millantando legami con casate e regni fittizi e non. A Lugano, sempre in via Cantonale 2, costituisce anche un’associazione – anch’essa con dipendenti – con «un altisonante nome che presenta forti assonanze con il Sovrano Militare Ordine di Malta». E in effetti, diverse persone sentite durante l’inchiesta hanno riferito che l’imputato si sia loro presentato come Cavaliere di Malta, sebbene in aula abbia negato spiegando in realtà di appartenere a un ordine ricollegabile ai Cavalieri templari. «Non ho mai detto di essere Cavaliere di Malta, mi ritengo discepolo dell’Ordine Ospitaliero di San Giovanni di Gerusalemme», si è giustificato incalzato dal presidente della Corte Amos Pagnamenta durante l’interrogatorio. «Mente, mente incessantemente» per Nicora, «risultando però credibile alle vittime, presentandosi come guru dell’alta finanza».

Ha partecipato al bando per lo scalo di Agno

E il ventaglio di presunte vittime è ampio. A cominciare dai 900’000 franchi sfilati a un investitore della Basilicata, al quale – per carpirne la fiducia – ha detto che era in procinto di acquistare l’aeroporto di Pisticci (provincia di Potenza), come pure di rilevare l’Aeroporto di Lugano. E in effetti, la H24 ha partecipato al bando per la gestione dello scalo di Agno, venendo immediatamente escluso dalla corsa. Sempre allo stesso cliente ha fatto credere che fosse coinvolto nel progetto di rilancio della stazione sciistica di San Bernardino. Più contenuto il maltolto (100’000 franchi) a una donna, alla quale ha fatto credere che avrebbe aiutato il marito, sindaco di un piccolo comune di nuovo in Basilicata, con lo sviluppo di progetti a favore del Comune. Sfruttando l’effettiva passione per le auto, come fasulle auto di lusso di sua proprietà e promettendo l’espansione delle loro attività commerciali, inganna poi due società attive proprio nel settore delle motovetture per un totale di 375’000 euro. Sfocia poi nel sociale, facendosi consegnare 20’000 euro da un’altra vittima, facendole credere che volesse investire il suo ingente (e inesistente) patrimonio in un progetto umanitario che implicava la costruzione e la gestione di una ventina di ospedali in Paesi in via di sviluppo. Fingendosi poi attivo nel commercio di materie prime e metalli preziosi, sottrae altri 320’000 euro e 50’000 franchi circa a un altro investitore al quale avrebbe dovuto fornire 20 chili d’oro.

‘Non ci sono attenuanti’

Il prezioso inganno si ripete con un secondo investitore, alla quale il 58enne ha fatto credere non solo di essere in possesso di concessioni per l’estrazione di oro ma che addirittura gestiva una società praticamente omonima della H24 in Indonesia per la lavorazione del metallo prezioso. In totale, 2 i milioni di franchi che riesce a estorcere all’ignaro investitore. Altri 50’000 euro gli vengono poi consegnati da un’ulteriore vittima, nella speranza che potesse farli fruttare in ambito finanziario, pur operando l’imputato senza alcuna autorizzazione da parte della Finma. Ultima vittima dei raggiri, lo Stato: nel 2020, mentendo sulla reale cifra d’affari della società, ha ottenuto mezzo milione di franchi di crediti Covid. Un elenco di reati sufficiente, per Nicora, per una condanna a 7 anni e 10 mesi e l’espulsione per 8 anni dalla Svizzera. «Ha costruito un palazzo di menzogne, mantenendo sé e la famiglia con le truffe. Non ci sono attenuanti e se non fosse stato fermato avrebbe continuato a delinquere».

La difesa: ‘Ci credeva, gli affari non si sono concretizzati’

«La richiesta di pena della pp è troppo alta» per il difensore Massimiliano Parli, secondo il quale sarebbero adeguati al massimo 3 anni parzialmente sospesi, di modo che il suo assistito non rientri in carcere considerando che è in prigione da gennaio 2023. Il legale ha chiesto infatti il proscioglimento dalla maggior parte delle imputazioni, in particolare da quella di truffa che è la più pesante. Questo, sia in base al principio dell’in dubio pro reo – ovvero l’esigenza di credere a un imputato in casi dubbi per evitare di condannare un innocente – sia a causa di colpe che anche le vittime stesse avrebbero. Partendo dal presupposto che il 58enne credeva effettivamente di poter guadagnare grazie al commercio dell’oro e che per questo ha speso oltre 600’000 franchi, venendo a sua volta verosimilmente raggirato da altre persone attive in questo business, l’avvocato ha sottolineato che non c’era alcuna intenzione di compiere una truffa.

‘Gli investitori avrebbero dovuto essere più prudenti’

«Aveva un sogno legato all’oro, che non è riuscito a concretizzarsi – ha detto Parli –. Se si fosse inventato tutto, come sostiene l’accusa, avrebbe speso per sé anche i soldi investiti in Indonesia e in Africa. Qualcosa è andato storto, ma non per colpa sua. Ha sbagliato, lo sa e l’ha capito, tant’è che ha riconosciuto le pretese di tutti gli accusatori privati. È pentito, ma fatica a dimostrarlo perché non accetta il fallimento. Ma non ci sono né un castello di menzogne né magheggi astuti». L’avvocato ha sottolineato come gli investitori, perlopiù persone attive nel settore della compravendita dei metalli preziosi e non degli sprovveduti, avrebbero potuto con delle semplici verifiche su internet o al Registro di commercio verificare l’esattezza di determinate informazioni. Invece «non hanno messo in atto le più elementari misure di prudenza prima di cedere i loro risparmi». Sui crediti Covid, inoltre, Parli ha precisato che non sono stati falsificati i bilanci ma che, seguendo un’usanza diffusa in Italia, sono state approntate delle fatture pro forma per i preavvisi di parcella, utilizzati poi per le richieste dei prestiti.

La sentenza è attesa domani.