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Decine di gattini malati, molti morti: è allerta nel Luganese

Nel Basso Malcantone l’ultimo rilevante caso di degrado. Misure amministrative per un’anziana. Il veterinario: ‘Forte ondata di Parvovirus’

Alcuni dei mici coinvolti
(Foto: ‘Facebook’ associazione Angels4Animals)
16 agosto 2024
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Una ventina di gattini, cuccioli di circa due mesi, tutti gravemente malati e la maggior parte morti. Emerge da una situazione di disagio sociale nel Basso Malcantone, l’ultimo rilevante caso di degrado che ha come protagonisti degli animali. Mici ‘salvati’ grazie all’intervento di due associazioni private, di un centro veterinario del Luganese nonché del veterinario cantonale, come pure delle autorità comunali. Una storia che purtroppo non è l’unica in questi mesi, che è un colpo al cuore per gli amanti degli animali, dei felini in particolare.

‘Situazione fuori controllo’

A cominciare dalle immagini che circolano sui social. Le pagine ‘Facebook’ di Angels4Animals e La Pepina di Gatt – le due associazioni intervenute nel caso specifico e che si sono prese a carico i cuccioli –, come pure del Centro Veterinario Scairolo (Cvs), che invece li ha presi in cura, testimoniano delle loro gravi condizioni di salute al momento dell’intervento. Dietro il loro dramma, quello di una donna. Un’anziana, amante degli animali ma con delle problematiche personali, raggiunta da provvedimenti amministrativi a causa di questa situazione. Alcuni gatti vivevano con lei, altri no ma dava loro regolarmente da mangiare. Questi ultimi si sono riprodotti. «Ed è emersa una situazione fuori controllo – ci spiega il dottor Claudio Pozzi, del Cvs –. Si parlava di due-tre gatte che avevano figliato, invece erano almeno una decina e da ogni cucciolata nascevano una mezza dozzina di piccoli. Il grosso problema è che nessuno di questi gatti veniva vaccinato».

Un virus molto infettivo

E come conseguenza, ecco i gravi problemi di salute. «Hanno sviluppato una malattia virale probabilmente trasmessa dalle madri a loro volta non vaccinate, la Panleucopenia Felina. Viene causata dal Parvovirus, contro il quale generalmente vengono immunizzati annualmente anche i gatti che stanno solo in casa. A maggior ragione quelli che escono all’esterno. Si tratta di un virus che causa vomito, febbre, diarrea, disidratazione. Colpisce poi il midollo, il sistema immunitario si indebolisce e qualsiasi infezione ha effetti potenzialmente letali. In particolare se a esserne colpiti sono gattini deboli, senza anticorpi trasmessi dalla madre, nella stragrande maggioranza muoiono. Ed è quel che è successo anche in questo caso. Sono diciassette anni che lavoro nel Luganese, un’ondata di Panleucopenia così grave effettivamente non l’ho mai vista».

Una situazione emersa anche grazie all’impegno di associazioni locali. «Si tratta di gruppi di volontariato – ci spiega il dottor Pozzi – molto attivi nel monitoraggio, ma che necessiterebbero un maggior supporto. Anche finanziario: fanno un grande lavoro, accudiscono gli animali, ma hanno pochi mezzi. Inoltre, talvolta c’è un po’ di frustrazione: loro segnalano i casi problematici alle autorità competenti, ma la risposta non è sempre adeguatamente celere. Se non si interviene velocemente, le gatte non vengono sterilizzate e continuano a riprodursi e i gattini ad ammalarsi e morire».

Il veterinario mette in guardia dalle «leggende metropolitane sulla scarsa utilità dei vaccini. I gatti vanno vaccinati, anche se restano in casa. Molti proprietari, vuoi per questioni economiche o perché credono a queste notizie fasulle, invece non lo fanno». Il vaccino però non è obbligatorio. «Vero, e anche io ho clienti che fanno vaccinare i propri gatti e altri che non lo fanno. Devono però essere coscienti dei rischi e delle potenziali conseguenze delle loro decisioni. È importante fidarsi del proprio veterinario curante e non di quel che si trova scritto in internet o sui social o del passaparola. Non tutto quel che si trova online non va bene, ma bisogna sempre verificare le fonti».

‘Non c’è l’obbligo di microchip’

Nel caso specifico, scrivono le stesse associazioni su ‘Facebook’, le autorità sono intervenute velocemente. A cominciare da un “agente di quartiere che ha capito la gravità del caso e ha insistito affinché fosse effettuato un intervento urgente”. Ma del caso si è occupato anche l’Ufficio del veterinario cantonale, come ci conferma il dottor Luca Bacciarini. «È una situazione che conoscevamo e monitoravamo dall’anno scorso. In generale, in questo periodo nel Luganese siamo intervenuti per più casi legati a gruppi di gatti che si riproducono in modo incontrollato. Ma non è sempre semplice agire: per i gatti, a differenza dei cani per esempio, non c’è l’obbligo di microchip, questo crea dei problemi di identificazione dei detentori e molte volte le situazioni non si possono risolvere da un giorno all’altro». «La prima cosa è capire se sono animali che hanno un proprietario – spiega il veterinario cantonale –. Se sono randagi, la responsabilità è del Comune, che deve intervenire in collaborazione con la Protezione animali e il veterinario. Se sono pochi animali si catturano con le trappole, questo può richiedere tempo e non sempre i cittadini sono collaborativi. Se c’è un proprietario, allora la responsabilità spetta a lui. E in questi ultimi casi, se emerge un disagio è necessario capire se sia già seguito dai servizi sociali e nel caso attivarli. Spesso si tratta di persone con problemi sociali e psichici e la gestione degli animali è solo uno dei problemi. Si interviene limitando il numero di animali che possono detenere».

‘Attivarsi subito’

E se un animale non è il nostro ma siamo comunque noi a nutrirlo? «In base alla legislazione sulla protezione degli animali e all’interpretazione dell’Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria, se qualcuno dà regolarmente da mangiare a dei gatti che non vivono con lui, questa persona è considerata il detentore degli animali e ne ha la responsabilità». È vero che la macchina di intervento delle autorità è un po’ lenta? «Anche dal nostro punto di vista è importante intervenire subito, non bisogna aspettare che si creino colonie di 20-30 gatti: se c’è una segnalazione di anche solo 2-3 randagi, è necessario che il Comune si attivi con prontezza. Tuttavia, ai privati dico di non attivarsi autonomamente, ma di allertare sin da subito le autorità e non solo dopo settimane o mesi: può già essere tardi. Le segnalazioni devono essere celeri, tramite i canali ufficiali e non solo sui social. Capisco le buone intenzioni, ma non è sufficiente la buona volontà».

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