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‘Volevo solo suicidarmi, non uccidere l’amante di mia moglie’

Alle Assise criminali di Lugano un 63enne è accusato di atti preparatori di omicidio intenzionale. Rischia oltre quattro anni di carcere.

Voleva scambiare un fucile in cambio di una pistola
(Ti-Press/Archivio)
22 luglio 2024
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Un matrimonio non più consumato, un tradimento e infine la pistola. Fortunatamente rimasta inutilizzata. La vicenda dibattuta oggi alle Assise criminali di Lugano vede imputato un 63enne – un luganese di nazionalità italiana – che, tradito dalla moglie, inizia a pensare al suicidio e a cercare un’arma. Ma non solo. Stando alla procuratrice pubblica Margherita Lanzillo, con la pistola avrebbe voluto uccidere anche l’amante della moglie.

Lunga la lista di accuse alle quali deve rispondere di fronte alla Corte presieduta da Amos Pagnamenta. Oltre agli atti preparatori di omicidio intenzionale e all’infrazione alla Legge federale sulle armi: coazione, ripetuti atti sessuali con minorenni, ripetuta pornografia, ripetuta rappresentazione di atti di cruda violenza, amministrazione infedele o in alternativa cattiva gestione, bancarotta fraudolenta, omissione della contabilità e infrazione alla legge federale sull’Avs.

‘La pistola la cercavo solo per me’

L’uomo non ha contestato gran parte dei reati a suo carico, eccezion fatta per gli atti preparatori di omicidio intenzionale e la coazione: «Io pensavo solo al mio suicidio. La pistola la cercavo solo per me. Mia moglie mi aveva detto che aveva trovato un altro uomo e che voleva lasciarmi; non era la prima volta che mi tradiva, ma questa era intenzionata ad andarsene di casa. A quel punto mi stavo per ritrovare a 62 anni senza figli, senza compagna, senza casa e con il lavoro che stava andando a rotoli e ho pensato di farla finita». A sua moglie aveva espresso in parte le sue intenzioni, dicendole solo che avrebbe voluto gettarsi dal balcone, ma «stando agli atti – ha rimarcato Pagnamenta –, risulta che ha scritto a una persona dicendo che avrebbe voluto commettere un omicidio-suicidio».

Nel settembre 2023 il 63enne è passato ai fatti sorvegliando la moglie (anche con Gps posati nella sua automobile) e cercando un’arma: «Già in passato l’avevo spiata, ma, come nel primo caso, volevo solo scoprire chi fosse l’uomo. Non avevo intenzione di fare nulla, solo sapere con chi mi stava tradendo». E sull’acquisto della pistola: «Avevo chiesto a 5-6 conoscenti di trovarmi una pistola, tra i quali mio cugino che mi aveva detto di lasciare perdere». Nel giro di pochi giorni l’uomo è riuscito a contattare un rivenditore che «a Ponte Chiasso mi ha venduto un’arma. Purtroppo non sono un esperto e ho scoperto solo in un secondo momento che si trattava di una scacciacani». L’arma è stata poi consegnata a terzi per procurarsi un fucile da utilizzare come scambio per la pistola, tuttavia mai ricevuta essendo stato fermato dalla polizia proprio nei momenti precedenti il baratto.

‘L’odio al rivale per mostrare il proprio valore’

«Il timore di essere lasciati è comune in tutti – ha sottolineato la pp durante la requisitoria –. Alcuni però non riescono a superarlo e sfociano in depressione condizionando così il loro comportamento che, come in questo caso, potrebbero portare ad azioni drammatiche. Qui siamo di fronte a un uomo tradizionalista e la notizia del tradimento lo ha stravolto. Guidato dall’odio nei confronti del suo rivale, voleva vendicarsi per preservare il suo onore. Non ha agito sotto la spinta della gelosia sentimentale, ma per la reazione della moglie di lasciarlo anche se praticamente vivevano come buoni coinquilini e non come una coppia». Da come emerso dalla perizia l’imputato soffre di un disturbo misto della personalità.

La ricerca della pistola per la pp è stata invece pensata in modo persistente: «Stava cercando un’arma con il numero di serie abraso. Vi sono indizi univoci, come l’aspetto temporale ristretto e come l’intensità della ricerca proprio nel momento nel quale la moglie aveva deciso di andarsene. Per fortuna al momento del suo fermo ancora non aveva capito chi fosse l’amante». Per questo comportamento «tenace», il «rischio di recidiva medio alto» e «l’incapacità di valutare gli atti quando ha contattato i minori», Lanzillo ha chiesto 4 anni e due mesi di pena affiancando anche un trattamento psichiatrico «per evitare che quando esca dal carcere commetta qualcosa di simile».

‘Si era accorto di non essere più all’altezza di sua moglie’

In rappresentanza della moglie dell’uomo c’era l’avvocata Cristina Faccini che ha solo voluto precisare che non chiederà istanze di risarcimento perché «la moglie è molto riconoscente nei confronti del marito per quanto ha fatto nei suoi confronti in tutti questi anni di relazione, ma che ora l’uomo deve accettare la separazione». Benedetta Noli, l’avvocata del 63enne, invece, ha chiesto l’assoluzione di quasi tutti i reati perché «non si può parlare di atti preparatori all’omicidio intenzionale in quanto non aveva l’arma e non sapeva chi fosse l’amante». Per Noli l’uomo «ha sempre avuto un occhio di riguardo per la moglie. Nella sua visione della realtà, si era accorto di non essere più alla sua altezza e il fatto che lei abbia trovato un compagno più agiato, per lui era un fallimento».

Tra gli altri reati, anche quelli di natura sessuale. Il 63enne ha infatti scambiato messaggi, foto e video a luci rosse con diverse ragazze minorenni, alcune anche sotto ai 16 anni. Contraddettosi più volte, l’accusato ha spiegato di non aver saputo «in alcuni casi che erano minorenni». Sui suoi dispositivi sono stati trovati anche dei video rappresentanti cruda violenza. «Cliccavo su dei siti che trovavo su Google e, pertanto, pensavo che fossero legali», si è giustificato l’imputato. «Ha sempre sostenuto quanto ha fatto e si è detto dispiaciuto. Ha trovato rifugio in un’area virtuale, non ha mai provato interesse per minori e la fruizione era occasionale» ha aggiunto Noli. L’avvocata ha sottolineato la collaborazione mostrata, chiedendo la scarcerazione e il proseguimento della terapia con lo psicologo. La sentenza è prevista per domani pomeriggio.

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