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Deplorato il manifesto di Altaforte lungo via Besso

Tra memoria storica e libertà di espressione, ci si interroga sull'opportunità della pubblicità della casa editrice legata a CasaPound

La pietra dello scandalo

Un cartellone pubblicitario e una casa editrice già condannata dall’opinione pubblica. Ecco il centro della polemica del manifesto affisso in via Besso 68 da qualche settimana. Il contenuto è semplice: pubblicizzare l’ultima uscita della casa editrice Altaforte, “Senza cuore. La Milano del Teppista” di Stefano Olivari: protagonista è Nino Ciccarelli, ultrà dell’Inter frequentemente al centro della cronaca giornalistica e con alle spalle quattordici anni di carcere. Complesso risulta invece il contesto.

I legami col neofascismo

Altaforte è un nome che richiama una tradizione ben precisa: il piacere della guerra. In particolare, il riecheggiamento è al trovatore-cavaliere Bertran de Born, celebre nel Medioevo proprio per l’esaltazione della poesia d’armi. Guardando alla contemporaneità, la casa editrice, fondata nel 2018, milita nel medesimo ambiente di CasaPound, movimento politico di matrice neofascista. A confermare il legame tra i due campi è la presenza di Francesco Polacchi, il quale, prima ancora di essere un editore, si dichiara un militante di CasaPound. È lui stesso ad aver spiegato le motivazioni della nascita del marchio editoriale: “Dare voce ai vasti spazi al di fuori del pensiero omologato”.

Già esclusa al Salone del libro di Torino

Tra le voci pubblicate dalla casa editrice, si trovano titoli quali “Mussolini. Il rivoluzionario” o “La dottrina del fascismo”. Questo e il citato legame con il movimento di estrema destra, avevano condotto a una polemica in occasione del Salone del libro di Torino del 2019. Il governatore piemontese così come il sindaco di Torino avevano deciso di escludere la casa editrice, dichiarando di non poter permettere che certe ideologie entrassero in un salone fortemente orientato ai temi dell’antifascismo. L’esclusione aveva trovato l’appoggio anche di Nicola Lagioia, direttore della kermesse, che avrebbe considerato uno sfregio all’evento un’eventuale partecipazione della casa editrice Altaforte.

Ora in territorio di Massagno è esposto un manifesto che porta il marchio della casa editrice, la quale porta con sé tutte le controversie già emerse. La domanda è come reagire. Fabiano Alborghetti, presidente della Casa della letteratura per la Svizzera italiana, concorda con l’esclusione da Torino, pone l’accento proprio sul legame con l’ideologia fascista e, nel manifesto, vede un potenziale pericolo. Oggi, i testimoni diretti della Seconda guerra mondiale stanno scomparendo e ai giovani rimangono solo scritti e storie. «Le lamentele sono giustificate. Siamo dinanzi a una generazione che si avvicina sempre di meno a questi scritti. Il rischio è che si imbattano in pubblicazioni come quelle di Altaforte che potrebbero presentare linguaggi e significati accattivanti rispetto alla classica letteratura» dichiara Alborghetti.

Veicola messaggi potenzialmente pericolosi

Se, da un lato al centro si pone la questione di una memoria storica intaccata, dall’altro subentra il valore della libertà di opinione e di espressione. È questo un tassello centrale nelle parole di Laura Di Corcia, portavoce italiana dell’Associazione autrici e autori della Svizzera. «Il primo punto, la libertà, si scontra con il valore della democrazia. Tuttavia, non si può parlare di opinione se in gioco vi è il fascismo, il quale è invece un crimine» ci spiega. Due questioni, quella della libertà espressiva e della democrazia, con le quali anche il Salone del libro si era trovato confrontato. Lo stesso Francesco Polacchi aveva definito un “atto di censura” l’avvenimento. D’altra parte, Di Corcia diversifica le espressioni culturali che difendono la democrazia da quelle potenzialmente pericolose. Queste ultime sono «degli echi di qualcosa che è passato ma oggi è presente come mitologia. Spesso questa mitologia si appoggia su valori come la libertà di espressione e grida di fronte alla censura» conclude la nostra interlocutrice.

Gli elementi sul tavolo sono molteplici e lasciano spazio a dubbi e perplessità: ci si interroga sulla legittimità del manifesto così come sulla strategia pubblicitaria e politica che può legarsi a esso. Dal canto suo, interpellato in merito dalla ‘Regione’, il proprietario dello stabile di via Besso 68 preferisce non rilasciare dichiarazioni, limitandosi a precisare che non è lui a occuparsi direttamente di quello spazio pubblicitario, che viene gestito da una società. Uno spazio nel quale, prima delle recenti elezioni, è comparso il volto del municipale di Lugano Lorenzo Quadri, ma anche di negozi italiani e svizzeri.

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