Scadute le deroghe Covid, e dopo due mesi bagnati, regna il malcontento fra gli esercenti, costretti a chiedere ora una (non scontata) licenza edilizia
Monta il malcontento tra ristoratori ed esercenti di Lugano. Agli ultimi mesi meteorologicamente sfortunati, si è aggiunto un generale senso d’incertezza dovuto all’uscita di scena di uno dei principali protagonisti della città formato Covid: le verande di bar e ristoranti. A inizio aprile è scaduta l’ultima deroga concessa dal Comune ed entro la fine del mese le autorità hanno iniziato a sollecitare i locali che non si stavano mettendo in regola a smantellare i preziosi terrazzi coperti che dal 2020 a pochi mesi fa hanno riempito piazze e vie cittadine. Con la scadenza del permesso comunale, sono tornate in vigore le regole cantonali in materia, che prevedono una domanda di costruzione per i manufatti, anche se solo provvisori per la stagione invernale.
E mentre l’albo comunale si è riempito di notifiche, nel settore serpeggia il malessere per un ritorno al passato che spaventa. «I ristoratori non sono contenti, soprattutto dopo questi mesi di pioggia... aver avuto la veranda sarebbe stata tutta un’altra cosa – osserva Michele Unternährer –. Dopo una primavera che ci è mancata molto, diversi soffriranno anche d’inverno. La maggior parte dei colleghi credo che si accorgerà della mancanza della veranda solo durante la stagione fredda». Il presidente di GastroLugano spiega che le procedure sono diventate «più restrittive» rispetto al passato e che per questo c’è sfiducia. «Alcune verande erano un po’ più vistose e ingombranti, e in questi casi una maggior severità si potrebbe anche capire. Ma altre non davano assolutamente alcun fastidio, anzi erano un valore aggiunto. Abbellivano la città. Speriamo sia possibile trovare delle soluzioni, altrimenti sarebbe un passo indietro».
E di «passo indietro» parla anche James Mauri, comproprietario del Mauri Concept. «Le misure adottate durante la pandemia sono state molto utili e hanno permesso alle nostre attività di andare bene nonostante l’emergenza sanitaria. Hanno mostrato che Lugano può avere anche un’altra anima, orientata ancor di più al turismo e all’accoglienza. Dover rinunciare alle verande rappresenterebbe un passo indietro, per questo è importante trovare un equilibrio per riuscire a concedere ancora l’utilizzo di questi spazi». Il locale di via Magatti è fra quelli che stanno incontrando più difficoltà nel trovare una soluzione adeguata. «Per alcuni esercenti la questione è un po’ più semplice perché le verande sono posizionate sì su suolo pubblico, ma dove non c’è transito. La nostra invece era su via Vegezzi, riaperta al traffico, e quindi sicuramente non potremo più utilizzarla. Stiamo cercando con il Comune delle soluzioni alternative, verosimilmente sotto il porticato che dà su via Magatti. Il Cantone deve dare delle linee guida per un’occupazione intelligente dell’area».
Attualmente dunque «siamo ancora in sospeso. Speriamo che una soluzione si elabori velocemente perché anche se l’estate è appena iniziata l’inverno è dietro le porte. E d’altra parte il brutto tempo ci ha bruciato la primavera. Se avessimo avuto le verande avremmo lavorato meglio». Come nei quattro anni precedenti, quando il Mauri ha potuto contare su una quarantina di posti a sedere in più. «Abbiamo lavorato molto bene e l’attività si è sviluppata, abbiamo assunto più persone. Adesso, non è escluso che si debba fare un’inversione ed è peccato». Si pensa a dei licenziamenti? «Se non viene trovata una soluzione, per forza».
In una situazione delicata si trova anche uno storico ristorante della centralissima piazza della Riforma: l’Olimpia. «Abbiamo fatto domanda di costruzione per posare una veranda nella posizione di sempre (lato piazza Manzoni, ndr), ma purtroppo è stata inoltrata opposizione da parte di vicini. Ora siamo in attesa, ma chissà quanto tempo ci vorrà ancora, e intanto l’inverno si avvicina», spiega Francesco Iadonisi, fondatore dello Spaghetti Gastro Group nonché responsabile della gestione dell’Olimpia. «Le verande ci hanno facilitato e anche di molto il lavoro in questi anni – aggiunge –, abbiamo assunto più personale, perché c’era più lavoro». Una sessantina i coperti in più e la loro assenza, ci conferma anche il direttore del ristorante Davide Santoro, si è fatta sentire «a causa delle temperature più basse e della pioggia. È spiacevole trovarsi con 30-40 coperti all’interno e la fila all’esterno per un tavolo, con i clienti che poi magari decidono di andare in un altro locale. Se non si risolve a nostro favore il ricorso, è quel che succederà durante l’inverno».
Una spada di Damocle anche a livello di personale anche? «Chiaramente c’è un’incognita, che può dare il via a un effetto a catena che potrebbe toccare anche il personale» replica Santoro. «L’ospitalità e l’accoglienza in un posto, soprattutto in centro, sono fondamentali – valuta Iadonisi –. Ogni tanto ce ne dimentichiamo. Questo rimane ai turisti quando rientrano a casa. Bisogna offrire un buon servizio per lasciare un segno forte. Se il servizio non è all’altezza, il ricordo che resterà al visitatore non sarà positivo. Se si semina male, si raccoglie peggio».
Il tema della veranda non tocca tutti, ma i grattacapi non mancano neanche per questi ristoratori. «Alcuni locali hanno avuto la fortuna di poter piazzare diversi tavoli in più per la loro attività, ma noi no – ci dice Alis Dancilovic – titolare de La cucina di Alice, di riva Vela –, da un lato abbiamo una rimessa e dall’altro il lungolago. Mi sono interessata per vedere se fosse possibile posizionare un tavolo dall’altra parte della strada in riva al lago, ma mi è stato detto che non è possibile perché i camerieri dovrebbero attraversare la strada. Poi però vedo che altri esercizi pubblici ottengono di avere tavoli dall’altra parte della strada... ad altri ancora vedo che vengono concesse sedie in più. Per me, avere anche solo 2-3 tavoli in più significherebbe già qualcosa». Questo, per far fronte ai debiti dovuti ai prestiti Covid, «sui quali dall’anno scorso è stato applicato anche un tasso d’interesse. Dovendo adesso restituirli, come facciamo a generare la stessa quantità di utili avendo lo stesso numero di tavoli? Bisogna essere scienziati, ma io sono esercente».
Il tema, naturalmente, è anche politico. Gli esercenti si sono rivolti alla Città negli scorsi mesi, sebbene l’ultima parola sulle domande di costruzione spetti al Cantone, incontrandosi con Filippo Lombardi, capodicastero Sviluppo territoriale. «Sono in corso d’esame diverse richieste, ma non è un esercizio facile – sottolinea il municipale –. Il Covid ha permesso una certa libertà, e noi come Municipio siamo piuttosto liberali in quest’ambito essendo Lugano una città turistica e riteniamo che ci vorrebbe flessibilità. D’altra parte abbiamo la relativa severità dell’Ufficio dei beni culturali a tutela del patrimonio architettonico della città». E quindi? «Le situazioni sono diverse e probabilmente si deciderà caso per caso, cercando di non creare troppe disparità di trattamento». A tal proposito, è vero che si sta cercando una soluzione uniforme da proporre a tutti gli esercizi pubblici? «È una delle possibili soluzioni, ma anche questa ancora in discussione». Delle verande, certamente, si parlerà ancora a lungo.