Un programma di volontariato, portato avanti dalla Caritas, mira a voler aiutare gli agricoltori in difficoltà. L'esperienza della contadina Zoë Läuchli
C’è chi sulla via di un alpeggio – intento magari nel rimestare il fieno o nel rimuovere erbacce e arbusti – ci arriva non per mestiere ma per il desiderio di provare nuove esperienze. Chi per staccare dalla propria quotidianità, fatta di stress e ritmi frenetici. Chi per riconnettersi alla natura riscoprendo vecchie usanze e tradizioni. Chi, più semplicemente, per aiutare il prossimo. C’è chi lo fa per una sola volta e c’è anche chi ritornerà più volte. È con tali motivazioni (e cento altre) che ogni anno, circa un migliaio di persone, provenienti perlopiù dalla Svizzera tedesca e francese, si mette a disposizione (e talvolta anche in gioco) aderendo al progetto ‘Impegno Alpestre’, realtà che mira a sostenere attivamente nel lavoro quotidiano le famiglie contadine di montagna che si trovano in situazioni difficili, come una malattia improvvisa, un infortunio o un evento meteorologico estremo. A collegare, come un filo rosso, volontari e aziende agricole, è Caritas tramite il proprio portale internet www.impegnoalpestre.ch.
In Ticino il programma ha preso il via ufficialmente solo l'anno scorso, anche se in passato qualche agricoltore locale si era già affidato al sostegno offerto dall'associazione no-profit. Fra questi troviamo Zoë Läuchli, giovane contadina che, con l'aiuto della madre, porta avanti l’azienda di famiglia.
Il forte muggito delle mucche nella stalla spezza il silenzio della collina. Zoë Läuchli le fissa in lontananza e, con il fare di chi conosce i suoi animali dice: «In questi giorni sono un po’ agitate. Di solito sono buonissime. Se volete, finita l'intervista, vi porto a conoscerle». Ci troviamo fuori dal nucleo di Scareglia, in Valcolla, dove ha sede l'azienda agricola ‘Ai Cort da Trévan’ che alleva bovini da carne di razza grigia retica. Ad accoglierci anche la mamma di Zoë, Hanna, che mentre parliamo ci prepara, sul tavolo in sasso fuori casa, del caffè caldo e dei cioccolatini.
«La nostra è una piccola realtà a conduzione familiare. Tre anni fa, con il pensionamento di mio papà, gli sono subentrata –; inizia a raccontare Zoë –. E fin dagli inizi i miei genitori sono ricorsi all'aiuto di civilisti e volontari del progetto Caritas. Saranno suppergiù 30 anni».
Nel ciclo di vita contadino, l'estate è sicuramente il periodo dell'anno più intenso, fra gli animali da portare al pascolo, la cura dei terreni e il taglio del fieno. Ce lo conferma anche la nostra intervistata: «Durante il periodo della fienagione, che tendenzialmente inizia a fine maggio e ci tiene impegnati per tutti i mesi più caldi, c’è molto lavoro da fare e difficilmente si riesce a fare tutto da sole e non possiamo permetterci di assumere qualcuno. Inoltre bisogna considerare una cosa: ci troviamo in una zona con pendenze elevate. Qui i macchinari non arrivano e quasi tutto è fatto ‘alla vecchia maniera’. Certo, abbiamo una motofalciatrice e un transporter (piccolo trattore agricolo per l'alta montagna, ndr) a facilitarci il lavoro, ma non basta; lo sfalcio resta comunque una mansione impegnativa e lunga. Per quello in estate, soprattutto a luglio, organizziamo delle vere e proprie squadre di volontari. Contate che ogni paio di braccia in più ci permette di dimezzare i tempi e la fatica».
L'impiego è a titolo volontario, include vitto e alloggio ed è della durata di almeno una settimana. Ma nel concreto come è la giornata tipo di un volontario e sono necessarie conoscenze o attitudini particolari? «Noi abbiamo accolto persone di tutti i tipi. Abbiamo avuto ventenni ma anche sessantenni, gente forte come anche meno, tutti però vogliosi di fare la propria parte e aiutare – specifica Zoë, che continua –: La giornata per i volontari inizia alle 9. Lavorano per circa 6 ore. Ovviamente, proprio perché non abituati non possono lavorare con gli stessi ritmi e orari di un agricoltore, non diamo loro lavori troppo duri dal punto di vista fisico e non gli affidiamo macchinari con cui si potrebbero far male. Però non è nemmeno una passeggiata o una vacanza; diciamo una via di mezzo».
Su quest'ultima questione, ovvero del perché – parlando di ferie – qualcuno dovrebbe spendere il proprio tempo libero in lavori manuali, riflettiamo insieme a mamma e figlia Läuchli.
«È quello che mi chiedo anche io e che soprattutto chiedo a chi viene qui: "Ma chi te lo fa fare?". Le risposte sono molteplici e spesso sono semplici. C'era chi lo ha fatto per scappare dalla città o da una vita monotona. Abbiamo avuto un ragazzo che ha fatto il volontario in fattoria per curare problemi di nervi e chi invece l'ha fatto per ampliare le sue conoscenze, come una giovane biologa italiana», racconta la nostra interlocutrice.
Si aggiunge al discorso sua madre: «Ma anche per avere contatti umani più genuini. Si condividono i momenti di lavoro e i pranzi, dove io cucino personalmente per loro, e le serate in cui chiacchieriamo. I volontari ci danno una mano e ne siamo molto grati ma allo stesso tempo noi agricoltori dobbiamo saper accoglierli. In alcuni casi sono nate anche delle amicizie. Abbiamo per esempio un volontario che viene qui ogni anno da 20 anni».
La richiesta è elevata. In un comunicato stampa Caritas ha infatti lanciato la sua campagna di ricerca volontari: "Ogni anno si cercano circa mille persone di età compresa tra i 18 e i 70 anni, motivate e con una buona forma fisica e mentale. Non sono necessarie conoscenze pregresse in ambito agricolo o nella gestione degli animali". Nel 2023 sono state 909 le persone che si sono messe a disposizione, mentre sono state 381 le aziende coinvolte, un dato questo che è cresciuto rispetto agli ultimi anni.
L'impiego è possibile in tutte e quattro le regioni linguistiche, anche se in Ticino tale offerta è poco conosciuta. Sono infatti cinque (nel momento in cui scriviamo, ndr) le aziende, compresa quella delle Läuchli, ad averne fatto richiesta. Ma come mai? «Penso perché sia poco conosciuto sia dagli agricoltori, sia dalla popolazione. A pensarci, non abbiamo mai avuto volontari ticinesi, solo svizzeri tedeschi – ipotizza Zoë che in conclusione ci dice –: è un esperienza che consiglio. Dal lato umano è molto arricchente. Noi siamo soddisfatte e lo sono anche le persone che sono venute ad aiutarci».
E chissà se sulla via di un alpeggio – intento magari nel rimestare il fieno o nel rimuovere erbacce e arbusti – ci sarà anche chi ha letto questo articolo.