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‘Chiuso in casa per un anno’, più studenti non vanno a scuola

Sessanta casi gravi di assenteismo. Le storie di Lucas e Argos. Si allunga la lista di chi prova a recuperare, con Pro Juventute, la licenza di IV media

Sessanta casi gravi di assenteismo. Le storie di Lucas e Argos. Si allunga la lista di chi prova a recuperare, con Pro Juventute, la licenza di IV media

11 giugno 2024
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“Più stai senza fare nulla, più ti abitui e fatichi a trovare la forza per reagire”. Lucas ha toccato il fondo ed è risalito. Il 21enne si è sganciato dalla scuola in seconda media, ritirandosi sempre più nel guscio protettivo della sua stanza. In quarta non viene promosso. Stesso risultato ma traiettoria diversa per Argos, 19 anni, che alle ‘noiose’ lezioni preferisce la sua banda di ‘sbandati’. Entrambi alla deriva trovano la forza di rimettersi in carreggiata. Argos ci confida: “Un amico è stato arrestato per spaccio, allora mi sono chiesto che cosa volevo fare della mia vita. Vedevo i miei ex compagni andare avanti, mentre io…”.

Sono una sessantina i ragazzi che non riescono a ottenere la licenza di IV media. I numeri aumentano e preoccupano. “Decisivo è intervenire subito, la scuola deve essere attenta alle assenze, saper leggere le situazioni e attivare precocemente le proprie risorse”, spiega Barbara Bonetti, presidente del collegio dei capigruppo del Servizio di sostegno pedagogico della Scuola media.

‘Gli insegniamo a fidarsi di un adulto’

Non per tutti funziona. Lucas e Argos da soli non ce l’avrebbero fatta. Determinante è stato il sostegno di Pro Juventute Svizzera italiana, che dal 2010, accompagna e prepara i ragazzi che vogliono ottenere la licenza di IV media. Responsabile dell’iniziativa “Recupero licenza IV media” è Giacomo Petrucelli col suo team. La pressione cresce: “Se agli inizi avevamo 9 iscritti, oggi sono cinquanta”. La dispersione scolastica aumenta, ma va contestualizzata: gran parte degli studenti ce la fa. “Aiutiamo quei ragazzi che sono bloccati nel loro percorso a rientrare nel mondo della formazione e del lavoro”. Le problematiche sono diverse: “Alcuni soffrono di una leggera infelicità cronica, sono ritirati nelle loro camere, quasi irraggiungibili nei mondi virtuali. Spesso hanno collezionato tante esperienze negative in famiglia. Con pazienza li prendiamo per mano, lavoriamo molto sulla costruzione di una relazione, stiamo con loro mentre cadono, gli insegniamo a fidarsi di un adulto e le regole della società, perché nessuno lo ha fatto prima”, spiega Petruccelli. Per quattro sere la settimana, tra gennaio e giugno, in quattro sedi (Bellinzona, Locarno, Paradiso e Chiasso) i giovani che partecipano al corso di Pro Juventute riprendono e approfondiscono le nozioni scolastiche che gli consentiranno di affrontare, da privatisti, l’esame la licenza di IV media, organizzato ogni anno dal Decs in una scuola media del cantone. “Abbiamo ragazzi che vengono saltuariamente. Vederli arrivare e tenerli agganciati a una rete è già una vittoria”.

Pro Juventute pensa a un nuovo progetto

Visto l’aumento degli abbandoni prematuri della scuola Pro Juventute sta elaborando un progetto più strutturato. “Alcuni ragazzi necessitano di più tempo per costruire una relazione. Serve un concetto più strutturato di casa, dove, da settembre a giugno, passiamo più tempo coi ragazzi. Il mattino lo dedichiamo ad attività educative e dopo le 16 alle lezioni scolastiche”.

Il 95% dei giovani, dopo il corso, riesce a superare gli esami. “Cerchiamo di recuperare chi non ce la fa, l’anno successivo”. Il sostegno continua durante l’apprendistato: “Di regola 3 su 10 rompono il contratto nel primo anno, quindi li aiutiamo ad arrivare al termine della formazione”. Malgrado tanti strumenti e sostegni scolastici, aumentano gli adolescenti che si scollegano da un percorso formativo. Qualcosa non quadra. “La scuola deve preparare i giovani per il mercato del lavoro e ha molti approcci per non lasciare indietro nessuno. Quello che manca ad alcuni giovani sono figure di riferimento, che in famiglia non hanno. La vera ricchezza oggi è incontrare un docente capace di trasmettere la passione per ciò che insegna ma che, soprattutto, sia empatico. Bisognerebbe sedersi attorno a un tavolo e parlarne tra associazioni che si occupano di adolescenti e autorità”, conclude.

Il sostegno pedagogico

‘Per arginare l'assenteismo dobbiamo essere tutti creativi’

Chi ha fobie legate alla scuola e si ritira in casa. Chi è ‘allergico’ alla disciplina e sceglie di andare a spasso. Non una bigiata qua e là. Scompaiono o quasi dai ‘registri di classe’. Una sessantina i casi più gravi (oltre 400 ore di assenza l’anno) alle Medie. Un fenomeno in aumento che preoccupa. «La scuola cerca di intervenire precocemente, senza attendere che le situazioni siano compromesse», dice Barbara Bonetti. Per la presidente del collegio dei capigruppo del Servizio di sostegno pedagogico della Scuola media si delineano due scenari: chi non va a scuola ma mantiene una rete di amicizie e chi, invece, si ritira in casa, mantenendo relazioni quasi esclusivamente virtuali. Tenerli agganciati è la sfida. Serve flessibilità e creatività.

Quando l'assenteismo diventa problematico?

L’assenteismo è sempre problematico: varie assenze regolari e ripetute, sintomo di un malessere dell’allievo/a, ne compromettono il percorso formativo e di crescita. Minore la frequenza, più forte il disagio e più difficile la ripresa; ogni situazione di assenteismo ci preoccupa e va analizzata per individuare fragilità e risorse (personali e del contesto) per impostare un progetto di intervento.

Perché tanti ragazzini decidono di non andare a scuola?

C’è chi, in rottura con il mondo degli adulti, si sgancia dalla scuola ma rimane attivo in contesti sociali di pari, spesso gruppi di devianza con poca progettualità. C’è chi invece si ritira anche dalle relazioni sociali, in uno stato più depressivo o di regressione, accompagnato da malesseri psicosomatici che rinviano a forti stati d’ansia. Questi ragazzi non escono quasi di casa. L’unica finestra sul mondo sono social e videogiochi online.

Cosa fa la scuola con chi si ritira in casa?

Di regola, evitiamo di portare la scuola a casa perché potrebbe rinforzare il ritiro. Tendiamo invece a sostenere il movimento di rientro a scuola, proponendo percorsi di riavvicinamento progressivi che possono passare da una frequenza parziale e/o da luoghi di accoglienza più protetti: aula di sostegno, biblioteca o altro. Non vi sono soluzioni preconfezionate, l’obiettivo è di mantenere aperta la relazione. Il messaggio è ‘C’è posto per te, ti stiamo aspettando’. Per alcuni allievi ha funzionato e sono rientrati.

Quali strumenti avete per tenere agganciati ragazzi?

Pochi poiché dobbiamo agire in assenza dell’allievo/a. Decisivo è intervenire subito, quindi la scuola deve essere attenta alle assenze, saper leggere le situazioni e attivare precocemente le proprie risorse (docente di sostegno pedagogico e/o educatore/trice regionale). È importante mantenere i contatti con la famiglia e, a volte, attivare una rete esterna che si occupi di quella parte della problematica che va oltre la scuola. Quando vi è una presa a carico terapeutica e/o un accompagnamento alla famiglia da parte di servizi esterni, si è più tranquilli nel concordare una frequenza parziale a scuola, per permettere all’allievo/a di occuparsi di sé e garantire una ripresa scolastica progressiva.

Davanti a nuovi disagi giovanili, la scuola ha strumenti ancora adeguati?

In relazione all’assenteismo, iI quadro legale fa riferimento a misure coercitive che risultano poco utili per intervenire in una situazione di forte disagio e malessere. La scuola sta attualmente mettendo in campo molta creatività nel proporre soluzioni flessibili e innovative. Come Servizio della scuola, in collaborazione con le direzioni e i docenti, ci sentiamo sempre più sostenuti nell’individuare e sperimentare questo tipo di soluzioni.

La storia di Lucas, 21 anni

‘In seconda media... non uscivo più di casa’

L’inghippo per Lucas, 21 anni, c’è stato in seconda media, quando ha cambiato compagni e docenti. Si è sganciato dalla scuola, ritirandosi sempre di più in casa. “Facevo finta di non svegliarmi, mia madre urlava, ma non mi muovevo dal letto, non volevo andare in classe, non legavo con nessuno e ci stavo male”, ci racconta. Un anno davvero duro. “Faticavo a concentrarmi, poi ho scoperto di avere un disturbo di deficit di attenzione. Tutti i miei amici erano stati messi in altre classi e rimpiangevo la docente di classe che avevo in prima media”. Inizia a perdere interesse per la scuola: “Mi sentivo giù di morale, saltavo le lezioni, mi sono chiuso in camera, giocavo quasi tutto il giorno ai videogiochi. Quell’estate sono uscito a fatica due volte su insistenza degli amici”. Sua madre non sapeva più cosa fare e nessun docente di sostegno è riuscito a toglierlo dal suo rifugio casalingo. “Non hanno trovato il modo di aiutarmi, ho saltato il 50% delle ore e quando ero in classe pensavo ai fatti miei”. Per fortuna, in terza la sua classe viene mescolata e Lucas si trova con diversi ex compagni di prima media, con cui aveva un buon feeling. Riprendere il filo a scuola, con un buco di un anno, è stata una sfida. I nodi vengono presto al pettine: “Avrei dovuto rifare l’anno, ma mi hanno fatto passare per decisione del consiglio di classe. Avevo troppe lacune e non stavo dietro al ritmo”. In quarta non viene promosso e si ritrova senza la licenza. Ben presto si accorge che è un bel problema, perché malgrado decine di stage nessuno lo assume senza l’attestato di IV media. “Nessuno mi voleva, ero molto demotivato, stavo in camera o giravo in moto”.

‘Ti abitui a non fare nulla’

Di nuovo sul crinale di un malessere che lo deprime: “Vedevo i miei amici che lavoravano, io ero a casa. Mi sentivo alla deriva. Loro avevano i soldi per una pizza, io non volevo chiederli ai miei. Più stai senza fare nulla, più ti abitui a non fare nulla e fatichi a trovare la forza per reagire”. Il salvagente gli viene offerto dalla sua ex che lo motiva a seguire il corso della Pro Juventute per recuperare la licenza di IV media: “Le sono grato perché dopo tante porte chiuse mi ha aiutato a trovare una soluzione e la forza di riprendere in mano la mia vita”. Non è stata una passeggiata ma grazie al supporto dei docenti di Pro Juventute riesce a superare l’esame e trovare un posto di apprendistato come carrozziere e verniciatore. “Ora sto bene, amo i motori ed è diventato il mio lavoro. Ho una moto, un’auto e una nuova ragazza gentile che ho conosciuto a scuola. Anche i miei genitori sono fieri di me”.

La storia di Argos, 19 anni

‘Ero sempre in giro con gli amici, poi uno è stato arrestato’

Alle Medie Argos, 19 anni, si annoiava, non era una fobia scolastica, aveva voglia di fare altro. Le sue giornate le trascorreva in giro tra Lugano e Chiasso con la sua banda. “Ero piuttosto sbandato. Ho fatto penare mia madre e mi spiace”, dice guardando alla sua ‘carriera scolastica’. “Alle Elementari ero in sovrappeso, tutti mi prendevano in giro e mi isolavo, avevo pochi amici. Alle Medie ero messo meglio: chi mi aveva schernito mi faceva il giro largo. Le lezioni non mi interessavano, volevo fare nuove esperienze, girare con gli amici, farli ridere. Fare tutto ciò che mi era mancato prima”, ci spiega.

Ti-Press

‘Non riuscivo a stare attento e mi annoiavo’

Complice il periodo di pandemia, Argos inizia a scollegarsi dalla scuola. “Non riuscivo a stare attento, a seguire le lezioni. Mi annoiavo. Forse un differente approccio avrebbe valorizzato le mie qualità. Non mi interessava una scuola che non premia le differenze ma tende a omologare tutto. Ero sempre in giro”, precisa. A casa non eccelleva per lo studio: “Non facevo i compiti. Appoggiavo lo zaino e uscivo con gli amici, erano tutti ragazzi più grandi, alcuni erano in formazione, altri non facevano nulla”. Non dei modelli per l’adolescente.

Non avendo in tasca la licenza media, si iscrive al pretirocinio, ma anche qui non ingrana. “Non ero motivato, il livello era basico e mi annoiavo, inoltre non pensavo al mio futuro, alla professione che avrei voluto fare da grande. Non erano mie priorità”, aggiunge.

‘Vedevo i miei coetanei andare avanti’

I mesi passano e tanto girovagare senza una meta inizia a far riflettere l’adolescente: “Vedevo i miei ex compagni di scuola che avevano un obiettivo professionale, si sentivano realizzati in quello che facevano e avevano anche uno stipendio che permetteva loro di uscire in pizzeria, di acquistare scarpe nuove. Io non potevo permettermi nulla”. Paragoni che pesavano. Ma la vera svolta arriva quando un amico di bagordi viene arrestato dalla polizia per spaccio. “Solo allora mi sono chiesto seriamente che cosa volevo fare della mia vita”.

Da quel momento decide di reagire e inizia il percorso di recupero per la licenza media con l’appoggio di Pro Juventute. “Ho trovato insegnanti molto bravi”. Poi si applica nella ricerca di un posto di apprendista come impiegato di logistica. Grazie all’aiuto e alle conoscenze degli operatori sociali, trova una sistemazione.

‘Un giorno mi piacerebbe diventare educatore’

Argos è un ragazzo intelligente e per la prima volta inizia a studiare con piacere. “L’ho capito al secondo anno di apprendistato, se mi applico sono bravo e riesco bene. Sono ancora seguito e mi sento fortunato per aver trovato un ambiente positivo per me”. La sua vita imbocca così una nuova direzione: “In un anno e mezzo la mia vita è cambiata radicalmente in meglio”, precisa.

Anche sua madre, vedendo finalmente Argos felice e impegnato a costruire il suo posto nella società, ha tirato un gran sospiro.

Forse la logistica sarà il suo futuro, forse sarà solo una tappa. Argos, magari per riconoscenza di aver incontrato chi l’ha aiutato a rimettersi in carreggiata, ha maturato un sogno. “Ora sto cercando di applicarmi e dare il meglio. Un giorno mi piacerebbe diventare educatore. Avendone passate tante, penso di poter aiutare quei ragazzi che come me si scollegano dalla scuola. Farei per loro quello che altri hanno fatto per me”.

In questi anni sbandati è comunque riuscito, ci dice, a restare lontano dalle droghe. “La testa mi funziona bene, non ho dipendenze. Inoltre sono bravo a capire le persone, sono empatico, mi relaziono con facilità. Penso sia una qualità che potrò valorizzare in futuro”, conclude.