Il Tribunale federale ha ritenuto adeguate le commisurazioni della pena della giustizia ticinese
Il Tribunale federale ha confermato, con sentenze dell'8 agosto, due condanne emesse dalla giustizia ticinese contestate da altrettanti ricorsi per quanto riguarda la commisurazione delle pene.
Dunque nessuna riduzione per il 35enne luganese spacciatore di cocaina che, nel marzo dell'anno scorso, era stato condannato a 3 anni di detenzione, di cui però solo 13 mesi da espiare (con la possibilità di farlo in regine di semi-prigionia) e il resto sospeso con la condizionale, pena poi ridotta in appello. Il Tribunale federale ha infatti respinto il nuovo ricorso.
L'uomo aveva svolto questa attività per tre anni, detenendo e vendendo – secondo la prima sentenza – almeno 765 grammi di cocaina, droga che aveva comprato in Italia, realizzando in questo modo una cifra d’affari di oltre 124mila franchi. Particolare curioso, a processo aveva sostenuto di svolgere questa attività, accanto alla normale occupazione professionale, per mantenere la ex moglie, cui era ancora legato affettivamente. Lo scorso gennaio la pena era poi stata ridotta dalla Corte di appello e di revisione penale, che aveva leggermente ridimensionato il volume del traffico di coca: 755 grammi di coca 118'500 franchi la cifra d'affari e 69mila franchi il guadagno, limando di conseguenza la condanna alla pena detentiva a 3 anni e 2 mesi, nonché alla pena pecuniaria di 30 aliquote giornaliere di 80 franchi ciascuna, sospesa condizionalmente per un periodo di prova di 3 anni. Il condannato ha ulteriormente contestato la pena detentiva residua sospesa, ricorrendo al Tribuale federale. Che però, nella sua sentenza, come detto ha respinto l'istanza concludendo che “il ricorrente non ha dimostrato alcun arbitrio nell'accertamento dei fatti della CARP. Tutti gli elementi pertinenti per la commisurazione della pena e la sua individualizzazione sono stati presi in considerazione e correttamente ponderati. Le pene inflittegli si situano nel quadro edittale e risultano adeguate alla colpa definita dall'autorità cantonale. Non sussiste in concreto né un abuso né un eccesso del potere di apprezzamento della CARP e le pene irrogate non violano il diritto federale”.
Stessa sorte per l'automobilista, oggi 32enne colpevole dell'investimento mortale del 23 marzo 2018, quando con la sua auto, sotto l’effetto di marijuana investì due motociclisti, marito e moglie in viaggio di nozze, fermi a un semaforo lungo la strada fra Riva San Vitale e Brusino, causando la morte dell'uomo. Venne condannata a tre anni di detenzione, di cui 6 mesi da espiare. Tra le irregolarità riscontrate, anche quella di essere alla guida con una patente bulgara non valida in Svizzera e di avere scattato dei selfie mentre era al volante, per quanto in un momento diverso da quello dell'incidente. Anche in questo caso, scrive il Tf, “l'insorgente non indica nessun elemento pertinente, idoneo a modificare la pena” la quale “si situa nell'ampia cornice edittale, procede da un adeguato esame di elementi pertinenti per la valutazione della colpa e risulta confacentemente adeguata alla colpa così determinata. La parte della pena da espiare e la durata del periodo di prova della parziale sospensione condizionale corrispondono al minimo legale (art. 43 cpv. 3 e art. 44 cpv. 1 CP). Non sussiste in concreto né un abuso né un eccesso del potere di apprezzamento e la pena irrogata non viola il diritto federale”.