Una problematica che spesso si manifesta in famiglia. Ne abbiamo parlato con lo psichiatra Michele Mattia e con Myriam Caranzano, medico pediatra
Ci sono pericoli che si possono insinuare inaspettatamente tra le pareti di casa, nella sfera familiare che dovrebbe essere il porto più sicuro. Insidie che non vengono immediatamente o necessariamente percepite. È quanto succede quando un adulto, una persona fidata, arriva a manipolare il proprio o altrui bambino con l’intento di soddisfare le proprie perversioni sessuali. Un viso amico si trasforma in un mostro dai tentacoli insistenti, che toccano, stringono, costringono. Mentre la vittima, spesso ancora lontana dal conoscere cosa sia la sessualità, è costretta a subire abusi di ogni tipo. Lo dimostrano i recenti casi di cronaca giudiziaria, come lo provano anche le statistiche cantonali. La pedofilia esiste, e a commetterla sono nella maggior parte dei casi familiari, amici, insegnanti. Ma come riconoscere gli abusanti? Lo abbiamo chiesto allo psichiatra e psicoterapeuta Michele Mattia. E come reagire di fronte a questo genere di abusi? A spiegarcelo è Myriam Caranzano, medico pediatra e membro del comitato scientifico di Aspi (Aiuto, sostegno e protezione dell’infanzia). Diamo dunque prima la parola a Mattia.
È possibile riconoscere una persona che prova pulsioni nei confronti di bambini o preadolescenti?
È difficile riconoscere una persona affetta da un desiderio sessuale verso bambini o adolescenti perché spesso sono persone che hanno facile accesso alla vita del fanciullo. Spesso sono all’interno della famiglia, parenti stretti, amici, maestri, preti che apparentemente sono insospettabili. Ricordo alcuni casi che ho seguito: uno riguardava un prete che aveva la facilità di poter accedere a questi giovani fanciulli, uno era un nonno che vedeva spesso la nipote. Persone che sono paradossalmente più affabili, più affettive che vanno anche magari alla ricerca di avere un tocco fisico con il bambino oltre quello che è la norma. Vanno alla ricerca anche dell’abbraccio, di tenerli sulle gambe, della vicinanza anche fisica. In alcuni casi cercano di toccare le parti più intime mentre abbracciano il bambino o semplicemente sfiorano le parti che non dovrebbero sfiorare senza che nessuno in fondo se ne accorga. In genere sono dunque persone ‘normali’ che ci sono vicine.
Qual è l’aspetto che porta questi personaggi a provare questo genere di desideri sessuali?
C’è una perversione rispetto a quello che è il bambino puro. Come se si vada alla ricerca di questa purezza per essere il primo nella vita di quel determinato bambino. C’è la volontà di creare un’impronta per soddisfare l’eccitazione nei confronti di ciò che non si può avere, del proibito. Un altro aspetto è quello dell’asessualità. C’è proprio questa dimensione dell’asessualizzazione che nella mente di questi soggetti diventa oggetto di eccitazione sessuale. Questi personaggi è come se sentissero di avere un potere maggiore perché il bambino è asessuato. Poi utilizzano chiaramente quella che è la parte ancora dell’immaturità cognitiva del bambino o del preadolescente che fidandosi viene più facilmente manipolato.
Dal momento in cui non riconoscono la gravità delle proprie azioni sono dunque privi di sensi di colpa...
Sì, spesso non c’è una dimensione del senso di colpa. Hanno proprio una visione distorta, come se entrassero in una realtà dissociata. Ricordo di un nonno, che ha abusato della propria nipotina per anni, che si era giustificato dicendo “eh dottore, ho toccato la mia nipotina ma perché lei si sedeva sulle mie ginocchia quindi voleva dire che voleva stare vicino a me”. La realtà del bambino che si avvicina alla figura di riferimento affettiva viene interpretata, in questa perversione, come se andasse alla ricerca di qualcosa di sessuale. E in questo si nota la tendenza all’autogiustificazione.
Quindi è qualcosa che parte dalla mala interpretazione della realtà e non da una fantasia preesistente?
In genere è qualcosa che va al di là della fantasia, perché la fantasia ha un inizio e una fine. In questi casi si crea proprio una realtà parallela dove la dimensione della sessualità con i bambini è una ricerca di un piacere che secondo chi lo fa non crea danni al fanciullo. Diverso da quello che è la pedofilia seriale che va alla ricerca dello sfruttamento. È come se questi personaggi fossero convinti di non creare alcun danno. Spesso infatti molti sono sorpresi quando vengono accusati. Queste perversioni vengono poi purtroppo nutrite dalla pornografia e dal darknet e queste persone, avendo facile accesso a questo tipo di immagini in cui la propria pulsione perversa è condivisa, è come se si sentissero autorizzate a emularle.
Una volta forse ci si permetteva di fare di più ma si vedeva meno. Oggi le immagini sono accessibili a tutti...
Sì, diciamo che emerge l’iceberg che una volta era sottaciuto. La pedofilia c’è sempre stata. Ora emerge ancora di più in questa dissociazione dal reale. Stiamo perdendo il contatto con il principio di realtà e del rispetto di quelle che sono le varie situazioni personali dove il bambino deve essere bambino, l’adolescente adolescente e l’anziano l’anziano. È una società con una contaminazione e una confusione dei ruoli e anche di quelli che sono i limiti.
Ma concretamente, è possibile guarire da questa malattia?
La guarigione interviene unicamente quando il pedofilo comincia a essere consapevole e riconoscere quanto successo. Se una persona non entra mai nella consapevolezza non c’è cura. La consapevolezza è veramente fondamentale: mi rendo conto che quello che ho fatto ha creato un danno. Se non mi rendo conto di averlo creato perché dentro di me non ho creato danni non c’è possibilità di guarigione. C’è una parte di queste persone che non vanno incontro a una cura. Magari non lo faranno più ma dentro di loro penseranno comunque che l’errore non è stato commesso.
Sono realtà che esistono, e che purtroppo continuano a verificarsi. Ne è una prova anche il rapporto della Polizia cantonale che ha registrato solo nel 2022 7 arresti e 33 reati per atti sessuali con fanciulli. Al di là dell’esecrazione sociale e della condanna penale nei confronti degli autori di questi reati, quando finalmente scoperti (non è sempre questo il caso purtroppo), occorre soffermarsi sulle vittime. Vittime che molto spesso essendo di giovanissima età non sono in grado di tutelarsi. A intervenire in loro aiuto dovrebbero essere in primis le persone di riferimento e in seguito anche degli specialisti. Ce lo spiega Caranzano.
Trattandosi spesso di persone di cui ci si fida, come si può rendere attento il bambino e i familiari non abusanti?
Nella maggior parte dei casi è una persona fidata e molto vicina al bambino. Non bisogna creare una psicosi che porti a dubitare di tutti, ma bisogna essere consapevoli che questo problema esiste cercando di fornire al fanciullo l’appoggio e le competenze necessarie. Queste competenze sono a livello emozionale: il bambino deve sapere che quando la pancia gli segnala un disagio, quando percepisce qualcosa che spesso è percepito come strano, dovrebbe parlarne con un adulto di riferimento. Un altro aspetto riguarda la sfera privata. Quando lavoravo ancora per Aspi dicevo ai bambini che tutto quello che è protetto dal costume da bagno è privato, estremamente privato: nessuno ha il diritto di toccarli o di chiedergli di vedere. Inoltre, molto spesso capita che gli abusanti creino dei segreti in modo da intrappolare il bambino. Se il fanciullo percepisce che è un brutto segreto, o che lo mette in una condizione di disagio, allora è fondamentale che si confidi subito con una persona di cui si fida.
Poi dall’altra parte bisogna aiutare gli adulti ad ascoltare i bambini, perché molto spesso quando un bambino cerca di dire qualche cosa con le proprie parole, gli adulti banalizzano oppure non ascoltano neanche con attenzione. Il bambino va ascoltato e bisogna fare lo sforzo di comprendere, di capire quello che sta dicendo: non ascoltare per rispondere subito, ascoltare per comprendere. E se c’è un dubbio o un sospetto, è fondamentale rivolgersi subito agli specialisti
Tendenzialmente, nell’immaginario collettivo, si pensa che siano solo uomini a commettere questo genere di abuso. È veramente così?
Tanta gente pensa ancora che a commettere abusi sessuali siano solo maschi. Le statistiche dimostrano che esistono anche donne che commettono questi atti. Parlando delle vittime, un tempo si credeva che a essere abusate fossero solo le femmine. Oggi si osserva che ci sono in effetti più casi nei confronti delle femmine ma anche i maschi possono essere toccati da questo problema. Possono dunque essere bambine o bambini, a volte molto piccoli, a volte anche già in fase di pubertà.
Per quanto riguarda l’aspetto della sessualità di quell’età, per i bambini è ancora più complicato capire cosa è giusto e cosa oltre i limiti...
Esatto, ed è proprio questo uno dei motivi di cui gli abusanti approfittano. Per un bambino piccolo il pene è una parte del corpo come qualsiasi altra. Il pedofilo o la persona che abusa approfitta di questo per spiegare le cose come vuole lui, per farle o fargli fare qualsiasi cosa abusando del fatto che il bambino non sappia distinguere necessariamente che non si tratta di situazioni normali. Questo succede a maggior ragione quando la persona è fidata e fa parte dell’entourage familiare. Se i genitori si fidano, anche il bambino è portato a farlo ed è dunque più complesso che percepisca il pericolo. Inoltre è importante specificare che molto spesso l’abuso non capita da un momento all’altro ma sussegue a un periodo di manipolazione del bambino e del suo entourage per portare pian pianino il fanciullo ad accettare quanto gli viene fatto o a percepirlo come “normale”.
È molto frequente che l’abusante cerchi di convincere che la colpa sia del bambino. Anche nel caso dei preadolescenti, che hanno un approccio più curioso nei confronti del sesso, succede che l’abusante addossi loro le responsabilità. Ma l’adulto sarà sempre colui che deve sapere cosa può e non può essere fatto. E quando la vittima non viene creduta, è un dramma nel dramma. Mi è capitato di conoscere persone che dopo essere stata abusate, pur avendolo rivelato ai genitori o ad altri adulti, non sono state credute, e questo per loro è devastante.
Parlando di danni: questo genere di abuso quali conseguenze causa sullo sviluppo del bambino o preadolescente e sulla sua sessualità futura?
È difficile dirlo. Se un bambino lo racconta, è ascoltato e preso in carica con la dovuta terapia, sarà più facile che riesca a superare e a elaborare il trauma subìto. Se invece la vittima non è stata vista, o creduta o se si sente in colpa, sarà tutto più complicato. Per quanto riguarda la sfera sessuale, ci sono persone che riscontreranno problematiche nella vita sentimentale perché dopo quanto gli è successo non riescono, tra le altre cose, a instaurare un rapporto di fiducia. Comunque, in generale tante vittime dimostrano una resilienza ammirevole.