La difesa del 20enne a processo per l'accoltellamento all'esterno di una discoteca di Lugano chiede una condanna non superiore ai 18 mesi
Non voleva ferire nessuno e nemmeno colpire qualcuno in zone vitali. È questa la convinzione che ha portato l'avvocato Ryan Vannin a chiedere una condanna non superiore ai 18 mesi per lesioni semplici qualificate, come atto di difesa di fronte a una concreta minaccia ai danni dalla ragazza rimasta ferita in modo superficiale, per il 20enne algerino a processo per l'accoltellamento all'esterno del Blu Martini di Lugano. L'accusa, la procuratrice pubblica Anna Fumagalli ha chiesto una condanna a 8 anni e 6 mesi per ripetuto tentato omicidio intenzionale e cinque anni di espulsione dalla Svizzera.
Quella fornita dall'accusa, ha esordito Vannin, «è una descrizione impietosa: il mio cliente è un giovane uomo smarrito formalmente emarginato dalla società e dalle stesse istituzioni che dovrebbero agevolare la sua integrazione». Quando il 20enne è entrato in discoteca, «si è sentito importante, ha avuto il privilegio di potersi accomodare al tavolo della banda dei ragazzi popolari». Ed è in questo contesto di sicurezza «che ha avuto l'idea di toccare il fondoschiena – un gesto fuori luogo e irrispettoso per il quale si scusa – alla ragazza, che non gradisce l’avance e lo riprende». La ragazza che verrà in seguito ferita «si mette in mezzo, volano parole e insulti, partono degli spintoni e comincia un pestaggio decisamente spropositato». Durante l'azione «nessuno tra le persone esterne e gli agenti di sicurezza è intervenuto per tranquillizzarlo o chiamare la polizia, che sarebbe intervenuta rapidamente. E nessuno gli ha tolto dalle mani il coltellino nonostante fosse evidente che il suo stato mentale fosse alterato». Per la difesa, «nessuno lo ha ritenuto una vera minaccia».
Le immagini della videosorveglianza mostrate in aula «danno una visione diversa rispetto a quanto prospettato dall'accusa». Per quanto accaduto con il giovane rimasto illeso, il 20enne «non deve rispondere di nessuna accusa». Per i fatti con la ragazza, «entrambi si urlano addosso, è normale sia spaventato perché la minaccia non è ancora terminata». Il suo gesto verso la giovane è stato una «reazione a una costante intimidazione». Non si può quindi «ritenere che fosse un gesto premeditato, ma una zampata». Le ferite sono fortunatamente «risultate di poca entità e a parte la cicatrice non ha avuto altre conseguenze». Il 20enne «è sinceramente pentito per quanto commesso con tutti: è stato un momento in cui non era in sé e si è reso conto dell'enorme sbaglio che gli ha compromesso ancora di più le poche possibilità che aveva». Riguardo all'espulsione obbligatoria, «l'interesse a rimanere in Svizzera è prevalente».
L'ultima parola è stata quella del 20enne. «Mi dispiace per tutti quanti, vorrei fare un confronto con le vittime per scusarmi di persona con loro – ha detto il giovane –. Grazie al carcere ho capito il mio sbaglio, sono cambiato». La Corte delle Assise criminali presieduta dalla giudice Francesca Verda Chiocchetti pronuncerà la sentenza domani, mercoledì, alle 17.