Trenta mesi, di cui 10 da scontare, a un 24enne che ha agito in varie parti del cantone. L'arresto il 10 ottobre scorso a Lugano
Soldi falsi per acquistare merce vera, ovvero truffa del rip deal. È questo il reato che ha portato alla sbarra un 24enne cittadino italiano, resosi protagonista di questo genere di truffe in varie parti del cantone. La Corte delle assise criminali presieduta dal giudice Marco Villa (giudici a latere Aurelio Facchi e Monica Sartori-Lombardi) lo ha riconosciuto colpevole di truffa per mestiere (oltre che di guida senza assicurazione di responsabilità civile) e condannato a 30 mesi di detenzione, di cui 10 da scontare e il resto sospeso per un periodo di prova di 4 anni. Accusa e difesa – il procuratore pubblico Pablo Fäh e l'avvocato Joachim Lederle – si sono accordati in aula per una condanna a 30 mesi, di cui 11 da scontare. Basandosi sulla condanna inflitta mercoledì scorso a un 38enne italiano (30 mesi di cui 8 da scontare), la Corte ha deciso di infliggere una pena ridotta, ma comunque superiore a causa dei precedenti penali, anche se non specifici, del 24enne e per la poca collaborazione dimostrata all'inizio dell'inchiesta. L'imputato è anche stato espulso per 8 anni dalla Svizzera. Rispondendo alla domanda del giudice, ha dichiarato di voler tornare a casa e cercare un lavoro.
Agendo insieme, ma anche con altre persone, i due si sono resi protagonisti di sei episodi commessi tra il 15 giugno e il 10 ottobre dell'anno scorso. Con queste truffe il 24enne, che ha ammesso i fatti, ha ottenuto criptovalute per un corrispettivo pattuito di 50mila euro e ha tentato di ottenere la consegna di altri beni o denaro per un corrispettivo complessivo di almeno 1'080'282 franchi e 150mila euro. L'imputato è stato arrestato il 10 ottobre dell'anno scorso, giorno in cui era stata pianificata una transazione in un albergo di Lugano. La trattativa riguardava gioielli (per oltre un milione di franchi), e auto di lusso. Il cliente non si è lasciato impressionare nel vedere banconote per 1,8 milioni di euro e ha preso tempo. Nell'atto d'accusa si legge che il cliente ha richiamato i due venditori nello stesso albergo, dicendo loro che la transazione si sarebbe potuta svolgere proprio in quel posto. Ad attenderli non c'era però l'affare, ma gli agenti della polizia, che li hanno arrestati.