Inflitta una pena pecuniaria sospesa per falsità in documenti e complicità in ripetuta truffa processuale a un 57enne consulente del Luganese
Era stato arrestato e ha trascorso 39 giorni in carcere nell'ambito di un'inchiesta per truffe assicurative – alle quali è poi risultato estraneo – il 57enne italiano domiciliato nel Luganese, di professione consulente, giudicato dalla Corte delle Assise correzionali per ripetuta falsità in documenti e complicità in ripetuta truffa processuale (in parte tentata). La giudice Francesca Verda Chiocchetti lo ha condannato a 90 aliquote (da 90 franchi l'una) sospese per un periodo di prova di due anni. L'uomo, che ha respinto tutte le accuse, si è opposto al decreto d'accusa della procuratrice pubblica Raffaella Rigamonti (che proponeva una condanna a 120 aliquote da 200 franchi sospese e una multa di 500 franchi). La difesa, l'avvocato Giuditta Rapelli-Aiolfi, si è invece battuta per il proscioglimento e ha già chiesto le motivazioni della sentenza. Un ricorso alla Corte di Appello e revisione penale (Carp) non è quindi da escludere.
I fatti esaminati in aula risalgono al periodo tra il luglio 2017 e il febbraio 2019. A spingere il 57enne ad agire, e questo la Corte lo ha riconosciuto, «è stata l'amicizia» con l'uomo che ha commesso le truffe assicurative (per le quali è stato giudicato con un processo separato), impegnato in quel periodo nella separazione dalla moglie. L'imputato «non ha avuto un proprio rendiconto finanziario», sono state le parole della giudice. Due i casi di falsità in documenti che gli sono stati contestati. La Corte lo ha condannato solo per l'apertura di un conto postale a lui intestato, ma a beneficio dell'amico e senza che la moglie di quest'ultimo ne fosse a conoscenza. «Mi ha chiesto un favore, per mettere i suoi soldi perché in quel momento non aveva una dimora – ha spiegato il 57enne –. Mi ha fatto pena: in quel momento non aveva né amici né familiari che lo aiutavano. Ma mi ha truffato, mi sento una vittima». Pochi giorni dopo «l'indirizzo è stato spostato presso la madre di questo mio ex amico e dopo questo cambio per me era ufficiale che sia il conto che i soldi fossero suoi». Conosciuto una trentina d'anni prima, l'amico «non mi ha mai detto che l'apertura del conto serviva a nascondere i soldi alla moglie», facendole quindi credere di trovarsi in una situazione economica peggiore. La Corte lo ha invece prosciolto per un contratto di noleggio di un'auto. Un documento «comunque falso, ma che non ha il carattere probatorio per arrivare al reato».