Gli vengono addebitati anche altri tre ‘colpi’. La difesa contesta chiedendo di ridurre la pena a 21 mesi
Erano in quattro, in macchina, armati e pronti al colpo. Poi, qualcosa li indusse a desistere, o almeno a posticipare la rapina. Ma ormai la polizia era sulle loro tracce e scattò il posto di blocco. Era il 9 dicembre del 2021: da allora, tre dei mancati rapinatori sono stati processati. Il quarto compare ora in aula penale, processato per rapina aggravata e altri reati: secondo l'accusa, sostenuta dal procuratore generale sostituto Moreno Capella, era lui il vero organizzatore di questo e di altri tre colpi, e merita una condanna a 11 anni. L'avvocato difensore Stefano Pizzola contesta le prove raccolte, in particolare una chiamata di correo e l'identificazione tramite una ripresa video, ammette la sola partecipazione ai fatti del 2021 e chiede la riduzione della pena a non più di 21 mesi. La sentenza è prevista giovedì mattina alle 11.
Davanti alle Assise criminali di Lugano, presiedute dal giudice Amos Pagnamenta, l'imputato, un 55enne residente in provincia di Monza, ha ammesso solo la partecipazione al tentativo di rapina poi abortito. A suo carico ci sono precedenti penali, per dieci anni di carcere già rimediati in Italia, sempre per rapine, e una serie di indizi che lo vorrebbero attivo in almeno altri tre episodi delittuosi in Ticino. Come il clamoroso ‘dirottamento’ del furgone portavalori con rapimento dell'autista, nel 2019 sempre a Monteggio. In quell'occasione una banda di delinquenti (sette le persone implicate) attese il portavalori della ditta Loomis all'uscita della Banca Raiffeisen. Sotto minaccia di una pistola lo chiuse sul retro dell'automezzo, guidato poi in Italia dove, dalle parti di Arcisate, i banditi riuscirono a estrarre dalle cassette oltre tre milioni di euro in banconote. A minacciare pistola in mano il portavalori, per farsi spiegare come aprire le cassette, sarebbe stato proprio il 55enne, secondo la chiamata di correo fatta da un secondo partecipante alla rapina, condannato a 4 anni e 5 mesi. La pistola usata, una Glock, semiautomatica, riappare nel mancato colpo del 2021: uno più uno fa due, secondo l'accusa, mentre per la difesa la testimonianza del complice non è credibile, essendo stata fatta sperando in uno sconto di pena, Obiezioni vengono sollevate anche sulle prove di una partecipazione da protagonista del 55enne al colpo del prete: il furto sempre ai danni di un portavalori, di uno zaino contenente 200mila euro. Qui sono immagini tratte dalle registrazioni di una videocamera di sorveglianza a mettere nei pasticci l'imputato. Secondo la polizia di Neuchâtel, il programma informatico di videoriconoscimento impiegato (unico in Svizzera) riconosce in due ‘frame’ il volto del 55enne nella persona vestita da prete che forzava l'auto del portavalori, davanti all'hotel Coronardo di Mendrisio. Possibilità che il programma si sbagli? Una su mille, dicono i poliziotti neocastellani. Abbastanza per impedire una condanna, sostiene sempre la difesa: la possibilità di un errore è concreta. Infine, andando indietro nel tempo, ecco il quarto colpo nel 2012 all'esterno dell'ufficio di cambio Ratti a Stabio. Il portavalori di turno venne minacciato con una pistola e derubato di un'ingente somma, 470mila euro e 170mila franchi. Di nuovo ecco una traccia del 55enne, il Dna lasciato sul volante e sul cambio di un'auto rubata, parcheggiata nelle vicinanze del luogo del crimine. L'imputato ha ammesso di aver ‘tenuto’ e prestato ad altri diverse auto rubate, tutte Fiat Uno («ne avevo almeno tre o quattro»), di aver comprato delle armi, ma di essere stato ‘tirato dentro’ questi fatti pur non avendovi partecipato realmente.
Il procuratore Capella ricorda come venne organizzato il trappolone che consentì la cattura dei quattro. «Nel 2021 il tentato colpo di Monteggio era stato preceduto da due rapine a stazioni servizio a Novazzano e Stabio. In entrambi i casi l'arrivo dei rapinatori venne preceduto dal passaggio di una vettura apripista», volto chiaramente a verificare che non vi fossero ostacoli sulla strada dei banditi. Successe lo stesso in quei giorni del 2021, col passaggio delle due vetture sospette, individuate dalle videocamere di Ponte Cremenaga. Nell'auto fermata la polizia trovò due pistole ‘vere’ e cariche e una pistola softair, un coltello a farfalla, la luce blu da mettere sul tetto dell'auto, una finta paletta dei carabinieri, passamontagna e guanti. L'obiettivo era la vicina Banca Raiffeisen.
Al netto delle responsabilità personali, comunque decisive in ambito penale, dagli atti si scopre l'esistenza di una nutrita comunità di delinquenti dedita ai colpi in Svizzera, segnatamente nelle località di confine ticinesi. Comunità che sembrava gravitare nella periferia Nord della metropoli milanese, dotata di auto e targhe rubate, armi già cariche di proiettili e una organizzazione abbastanza studiata, con sopralluoghi e impiego di diversi veicoli in occasione dei colpi. Chi era il capo? Il 55enne ora a processo? O colui che lo ha chiamato in causa, come fu l'impressione del portavalori rapito a Monteggio? O qualcun altro ancora? Una domanda che probabilmente resterà senza risposta.