Pena parzialmente sospesa ed espulsione per un 59enne comparso alle Assise criminali. La Corte gli riconosce un traffico di circa 130 grammi
È finito con le lacrime dell’imputato e una condanna parzialmente sospesa il procedimento contro un 59enne nigeriano, badante e parcheggiatore a Palermo, comparso davanti alla Corte delle Assise criminali per rispondere di infrazione aggravata alla Legge federale sugli stupefacenti, riciclaggio di denaro, entrata illegale e contravvenzione alla Legge federale sugli stupefacenti. Il giudice Marco Villa lo ha condannato a 27 mesi di detenzione, di cui 10 da scontare (e 17 sospesi per un periodo di prova di due anni) e ha ordinato 7 anni di espulsione dalla Svizzera. L’atto d’accusa della procuratrice Marisa Alfier è stato solo parzialmente confermato. L’accusa ha chiesto una condanna a 30 mesi, rimettendosi al giudizio della Corte in merito alla sospensione condizionale e 7 anni di espulsione. L’avvocato Francesco Barletta e la MLaw Sofia Scalabrini si sono invece battuti per un massimo di 16 mesi sospesi. La difesa non presenterà dichiarazione di Appello.
Secondo l’accusa, tra il 2019 e il giorno del suo arresto, il 25 agosto scorso, il nigeriano ha detenuto, trasportato e alienato – a Lugano e in altri luoghi – almeno 220,1-255 grammi di cocaina. Il fermo è scattato dopo la vendita di due bolas. La perquisizione dell’appartamento del Luganese dove era ospite ha permesso di trovare 43 grammi di cocaina, nascosti nel divano, destinati alla vendita, denaro contante e il materiale necessario a confezionare la droga. Se i 43 grammi «sono pacifici», la Corte non ha riconosciuto 34 bolas che un consumatore ha dichiarato di aver acquistato da quello che era conosciuto come il suo vice. «Non le sono state addebitate perché non c’è prova di un passaggio di consegna del telefono – ha spiegato il giudice –. Eravate due cavallini sciolti». Le bolas riconosciute sono quindi state 115, pari a 84,60 grammi di cocaina venduta. Dal quantitativo ipotizzato dall’accusa la Corte ha dedotto anche 50 grammi che l’uomo avrebbe spacciato nel 2019 «non essendo documentati in modo sufficiente e con eventuali confronti a supporto». Ancora durante la lettura della sentenza il 59enne ha ribadito di non essere stato lui a cedere quella sostanza ai consumatori; così come durante l’inchiesta, ha ammesso unicamente di aver venduto una decina di grammi. «La Corte non ha motivo di distanziarsi dalle dichiarazioni emerse nei verbali di confronto – ha concluso Villa –. Non c’è un sincero pentimento e nemmeno una particolare collaborazione visto che ha riconosciuto solo quello che non poteva non riconoscere».
«L’imputato è un uomo fortunato anche se non se ne rende conto – sono state le parole della procuratrice pubblica Marisa Alfier –. Siamo riusciti a risalire solo a una parte della cocaina da lui trafficata nella sua attività delinquenziale sul nostro territorio». Un’attività che per l’accusa «è precedente al 2019» considerati due decreti d’abbandono per reati analoghi. Alfier ha definito la credibilità dell’imputato «pari a zero: ammette la vendita di pochi grammi e quando i quantitativi diventano più importanti grida al complotto». La difesa ha evidenziato «i dubbi e le ipotesi accusatorie che nemmeno oggi sono stati fugati – ha spiegato l’avvocato Francesco Barletta –. Il mio cliente ha sempre mantenuto la sua versione dicendo di avere spacciato solo nel periodo dell’arresto. Ci possono essere dubbi, ma non ci sono elementi inconfutabili che dicano lo abbia fatto anche prima». Persone come il 59enne «sono terreno fertile per chi ne vuole approfittare: è stato l’ultima ruota del carro, non un organizzatore di traffici».