Paolo Bernasconi evoca il problema della duplice modalità di imposizione degli istituti svizzeri: ‘Il governo federale dovrebbe cercare una mediazione’
Continua a far discutere la decisione del gip milanese Domenico Santoro di richiedere il sequestro in Svizzera di 23,5 milioni di euro nell’ambito delle indagini partite dalla Procura di Milano nei confronti di due succursali luganesi, accusate di riciclaggio di denaro. Le autorità inquirenti hanno pure domandato, per la prima volta, di interdire l’attività in Italia ai due istituti di credito elvetici. In attesa di una risposta dell’Ufficio federale di giustizia in merito alla rogatoria, ne abbiamo parlato con l’avvocato luganese Paolo Bernasconi.
L’ennesimo procedimento penale avviato in Italia dovrebbe essere letto come un messaggio significativo, secondo il legale: «La legge italiana 231/01 si applica anche a società straniere (banche comprese). Significa che oltre confine si avvertono i rischi potenziali legati a situazioni che possono sfociare in procedimenti penali per presunto riciclaggio non solo a carico di persone ma pure nei confronti degli istituti di credito». In attesa di una risposta ufficiale in merito alla richiesta di assistenza giudiziaria inoltrata alle autorità federali, Bernasconi avverte: «Il nuovo procedimento penale rappresenta la cartina di tornasole e riflette le conseguenze di atteggiamenti sul piano generale e di cui pagano tutte le banche. Il problema principale è legato alle duplice modalità di imposizione di banche svizzere applicata dall’Agenzia delle entrate».
Il tema fa parecchio arrabbiare gli istituti di credito ticinesi, prosegue l’avvocato: «È un fatto che non corra buon sangue tra le banche e il fisco italiano. Per cui, casi simili succedono di continuo anche perché non c’è un rapporto di fiducia tra le parti». Come si può misurare questa carenza di fiducia? «Basti ricordare i numerosi procedimenti penali aperti a Milano negli ultimi anni contro banche svizzere per rendersi conto del fenomeno. Procedimenti tutti peraltro conclusi con un patteggiamento. Permane difficile trovare soluzioni alle iniziative dell’Agenzia delle entrate. Il governo federale dovrebbe impegnarsi in un processo di mediazione». L’avvocato non prende posizione sul caso concreto e all’accusa raccontata dal consulente, al quale una delle due banche avrebbe chiesto di fare in modo che i clienti potessero ritirare denaro a Lugano, nonostante i loro conti fossero stati in precedenza trasferiti nelle filiali alle Bahamas, ma ricorda che «per sfuggire allo scambio automatico di informazioni, dopo la fine del segreto bancario, ne sono state inventate di tutti i colori in Svizzera e in Ticino da chi aveva clienti italiani».