Presentato oggi il volume che celebra la storia della Società ticinese per l’assistenza dei ciechi di Lugano
Si chiama ‘Ci sarà sempre una luce’ e ripercorre i primi 110 anni della Società ticinese per l’assistenza dei ciechi di Lugano, la Stac. Il volume – a cura della giornalista Cristina Ferrari – è stato presentato oggi nella sede della società alla presenza delle autorità comunali e cantonali. Quattordici capitoli, con prefazione di Gianni Ballabio, che spaziano dagli albori dell’11 dicembre 1911 per arrivare ai giorni nostri, attraversando oltre un secolo di cambiamenti epocali.
«La Stac è un valido esempio di quanto la società civile ha saputo ed è in grado di fare, in modo molto lungimirante e in un periodo nel quale non si parlava ancora di inclusione. Ha precorso i tempi e poi ha saputo mettersi in gioco evolvendosi e adeguandosi alle sfide del tempo» è l’osservazione del capodicastero Socialità di Lugano Lorenzo Quadri. «La lungimiranza all’origine della fondazione della Stac ha fatto da fil rouge al prosieguo della sua storia, consolidandone il ruolo nel corso del Novecento e poi ampliando ulteriormente la sua offerta e i suoi servizi negli anni Duemila» gli ha fatto eco il consigliere di Stato Raffaele De Rosa. Il direttore del Dipartimento sanità e socialità ha ricordato poi nel suo intervento che «l’approccio ispirato alle teorie educative di Maria Montessori, adattate alle specificità dell’anziano, permette di porre al centro dell’intervento la persona, favorendone la maggiore autonomia possibile. La presa a carico è quindi il più possibile individualizzata, e capace di mettere in relazione il deficit visivo ad altre patologie simili».
De Rosa ha inoltre sottolineato che la Stac ha saputo stare al passo coi tempi anche dal profilo organizzativo e gestionale. Esempio concreto di quest’aspetto, è la recente costituzione, assieme alla Fondazione Tusculum, dell’Associazione Melograno, che si occupa della gestione e dello sviluppo dell’omonima rete di tre case per anziani: la Casa dei ciechi, la Tusculum e la Domus Hyperion, queste ultime due ad Arogno. «Presto se ne aggiungerà una quarta a Melano, c’è un accordo col Comune per creare una struttura in rete» anticipa Fabrizio Greco, direttore dell’Associazione Melograno. Gli attuali 126 posti letto e 180 dipendenti sono dunque destinati a crescere. «Lo sviluppo di reti di cura integrate e di sinergie per migliorare ulteriormente la qualità del servizio offerto rientra nella strategia tracciata con la Pianificazione integrata settoriale 2021-30, attualmente al vaglio del Gran Consiglio» ha evidenziato infine il consigliere di Stato.
L’occasione è stato propizia per parlare non solo di passato e presente, ma anche di futuro. «Difficile dire quali saranno le prospettive future – secondo Greco –. Siamo in un momento di cambiamento: i vecchi metodi non funzionano più e quelli nuovi non sono ancora del tutto attivi. Bisogna dunque fare delle riflessioni profonde ripartendo dalle nostre caratteristiche e dai nostri valori. Sta cambiando la presa a carico degli anziani, bisogna trovare un modello sostenibile dal profilo umano e finanziario». Concretamente, un modello virtuoso sembra essere il nuovo centro diurno «sperimentale» che aprirà ad Arogno: «Sarà una struttura senza limitazioni interne, più conviviale. Un centro simile esiste già in Valle Onsernone, questo sarà rivolto alla Val Mara: potrebbero essere dei modelli interessanti soprattutto per le regioni periferiche, dove le persone si conoscono di più».
Assente alla presentazione il presidente della Stac Davide Corti. A farne le veci, la vice Cecilia Brenna: «Per noi è un orgoglio assistere alla pubblicazione di questo libro. In questi cento anni la Stac ha saputo adattarsi, mantenendo il fil rouge della solidarietà».