Amministratore e dipendente della M&A alle Assise criminali di Lugano devono rispondere di reati patrimoniali. Una ventina i clienti danneggiati
«Indubbiamente ho tirato troppo la corda e non mi sono reso conto dell’indebitamento. Ho fatto un uso improprio dei capitali». Così si è giustificato un 68enne italiano, amministratore della società luganese M&A attiva nel finanziamento in ambito immobiliare, comparso oggi davanti alla Corte delle Assise criminali di Lugano con l’accusa di ripetuta appropriazione indebita, truffa, cattiva gestione, falsità in documenti e minaccia. In aula accanto a lui anche un dipendente della società, attraverso la quale i due imputati avrebbero raccolto complessivamente oltre 36 milioni di euro, 24 dei quali utilizzati indebitamente. I fatti risalgono al periodo compreso tra il 2014 e il 2019. I due, dopo aver emesso una serie di obbligazioni per svariati milioni, non sono riusciti a coprire i costi da esse generate, come il pagamento di cedole o il rimborso delle stesse obbligazioni. A farne le spese una ventina di clienti. Nell’atto d’accusa firmato dalla procuratrice pubblica Chiara Borelli figura anche un collegamento, legato a un’operazione di riciclaggio, con Adriano e Filippo Cambria, padre e figlio coinvolti nel ‘caso Adria’. L’imputato 68enne avrebbe ottenuto dai due alcuni milioni senza curarsi della loro provenienza illecita. «Non è il compito mio andare a controllare da dove arriva questo denaro», si è difeso.
«Voglio presentarvi il mio modello di businnes. Io non sono un costruttore ma un finanziere, trovo il denaro e lancio programmi residenziali con lo scopo di vendere poi gli immobili», ha affermato l’imputato rivolgendosi alla Corte presieduta dalla giudice Francesca Verda Chiocchetti (giudici a latere Monica Sartori-Lombardi e Fabrizio Filippo Monaci). Non sempre però le cose sono andate come l’uomo aveva previsto. «Il mercato in Ticino non è sempre facile. Alcuni progetti sono rimasti invenduti e mancava liquidità». Nonostante questo la società ha continuato a sottoscrivere obbligazioni con investitori interessati al mercato immobiliare. Soldi che in parte venivano usati per coprire i debiti pregressi e pagare gli stipendi. «Il mio compito era di ricercare i capitali per gli investimenti finanziari. Dovevo avvicinare gli investitori qualificati per le iniziative immobiliari. Facevo questo a ritmo incessante, come una macchinetta», ha spiegato il 58enne dipendente, che è accusato di complicità e correità. Momento di svolta per la società e il destino dei due imputati è avvenuto con l’approvazione dell’iniziativa Weber sulle case secondarie, che ha limitato al 20% la presenza di case secondarie in ogni Comune. Da quel momento gli affari della M&A si sono deteriorati, arrivando a generare parte dei buchi milionari che poi hanno portato all’inchiesta e al processo. «Da quel momento la domanda per le case secondarie ha rincontrato una flessione. A questo problema si sono aggiunti un paio di progetti che non sono andati a buon fine. Alcuni appartamenti, una volta realizzati, non rispondevano più alle richieste del mercato e non si è quindi riusciti a venderli. Il mercato ticinese è quello che è, abbiamo provato a operare in altre regioni svizzere e in altri stati ma non ha funzionato», si è giustificato il 68enne, che dopo la carcerazione preventiva ha deciso di scontare la pena anticipatamente. «La vita mi ha dato molto, ho fatto una bellissima carriera. Sono arrivato in Svizzera per caso e ho avuto lavori motivanti. Ora mi sento un uomo fallito. Sento il peso dell’onta su di me e il dispiacere per chiudere male la mia vita. So di aver fatto un errore spaventoso», ha affermato l’imputato.
Nell’atto d’accusa, come detto, figurano anche i nomi di Adriano e Filippo Cambria, titolari della Adria costruzioni, finiti al centro di un’indagine che ha coinvolto anche Yves Wellauer, direttore della banca Wir. I Cambria, lo ricordiamo, hanno potuto godere in un periodo tra il 2014 e il 2015 di un credito garantito dalla banca di 100 milioni, utilizzati per avviare cantieri e operazioni immobiliari. Ma anche per garantirsi un altissimo stile di vita, tra auto di lusso e yacht. Parte di questo denaro, come sostiene la pp, sarebbe passato anche dalla M&A. I Cambria hanno accreditato un totale di oltre due milioni alla società luganese. Un’azione che, sostiene la procuratrice, avrebbe potuto vanificare l’accertamento dell’origine, il ritrovamento e la confisca di quei soldi.
Il processo proseguirà domani, quando a prendere la parola davanti alla Corte saranno accusa e difesa.