Il pp Daniele Galliano firma il decreto d’abbandono e le parti si accordano. Legge sul lavoro: inflitta una pena pecuniaria allo stilista tedesco
Farsi la guerra, si sa, non fa bene agli affari. Questa è una prima lettura della transazione, che sarebbe stata siglata di recente in sede civile, fra la Billionaire Italian Couture Srl creata da Flavio Briatore, uno degli imprenditori più abbienti d’Italia, con un patrimonio personale di 200 milioni di dollari (stando a Forbes), e lo stilista tedesco Philipp Plein. I due avrebbero fatto la pace, risolvendo così il contenzioso fra le parti, che aveva innescato l’inchiesta penale – anticipata da laRegione – coordinata dal procuratore pubblico Daniele Galliano che si è chiusa con il decreto di abbandono. Usiamo il condizionale, perché le bocche dei legali dei due big dell’alta moda sono cucite ermeticamente. Stando a nostre informazioni, malgrado i reclami contro il decreto di abbandono siano ancora pendenti, Plein e Briatore si sarebbero accordati in sede civile. Mentre i contorni dell’accordo restano avvolti nel mistero, nei confronti dello stilista tedesco, il pp Galliano ha emanato un decreto d’accusa, per infrazione alla Legge federale sul lavoro e al relativo all’obbligo di rispettare la durata dei turni previsti per i dipendenti, proponendo una pena pecuniaria sospesa, cresciuta in giudicato, come ha riferito la Rsi.
Hanno avuto insomma due esiti opposti i due incarti avviati a carico di Philipp Plein che ha uffici anche in via Capelli 18 a Lugano. Lo stilista tedesco è inserito nella lista dei 300 uomini più ricchi della Svizzera, con un patrimonio che si aggira tra i 150 e i 200 milioni di franchi (secondo i dati pubblicati dalla rivista Bilanz). Cominciamo dal suo contenzioso con l’imprenditore italiano residente a Montecarlo. Il tutto nasce dal ‘matrimonio’, fra i due, per la linea di abbigliamento maschile di lusso, siglato nel maggio di sei anni fa e pubblicizzato dalle principali riviste di moda. Allora, venne sancita l’alleanza fra Philipp Plein e la Billionaire Couture di Flavio Briatore, della quale lo stilista tedesco acquisì la partecipazione di maggioranza. L’iscrizione a registro di commercio della Billionaire International Ag a Lugano risale al 7 giugno del 2016. La sede luganese della società presieduta da Plein rimane in via Pietro Capelli 18. Tutto filò liscio per qualche anno, fino ai dissidi che sfociarono nella querela sporta al Ministero pubblico dalla Billionaire Italian Couture Srl nei confronti di Philipp Plein per presunta amministrazione infedele e falsità in documenti. Dissidi, che probabilmente spinsero alle dimissioni di Flavio Briatore dalla società anonima, come risulta dal registro di commercio del 26 aprile dell’anno scorso, ma che parrebbero risolti dall’accordo in sede civile.
Le irregolarità di Philipp Plein nei confronti dei suoi dipendenti nella sede di via Capelli di Lugano emersero quasi per caso. I primi riscontri constatati dall’Ocst risalgono a inizio 2018, quando un sindacalista notò più volte le luci accese, fino e oltre le 22.30, delle finestre degli uffici di Cassarate. «L’ex collega cominciò a fare ricerche avvicinando gli impiegati quando uscivano dallo stabile di via Capelli. Da questo lavoro, sono scaturite le conferme: i lavoratori parlavano di condizioni ‘normali’ il restare in ufficio fino a quando decide il capo», racconta Paolo Coppi, sindacalista Ocst. In seguito, l’associazione di categoria ha verificato gli abusi, le ore extra e il mancato rispetto delle regole e della gestione dell’orario straordinario ed è scattata la segnalazione all’Ispettorato del lavoro. Quest’ultimo ha poi formalizzato la denuncia al Ministero pubblico per violazione della Legge federale sul lavoro. Nel frattempo, l’Ocst ha ricevuto altre segnalazioni di irregolarità, tra le quali spiccano quelle emerse in piena pandemia, quando lo stilista aveva licenziato una trentina di dipendenti, pur avendo chiesto il lavoro ridotto per il personale. In una nota, l‘Ocst considera il decreto d’accusa deciso dal pp Galliano "importante perché mette in luce un basilare principio di equità, valido anche nel nostro paese e nell’ambito del diritto del lavoro, per cui è sempre vero che ‘chi sbaglia paga’. Questo giusto equilibrio è una tutela per lavoratrici e lavoratori ma lo è anche per gli imprenditori seri che vogliono operare nel nostro territorio".
L’auspicio del sindacato è «che questa sentenza sia un monito che serva sia a scongiurare che infrazioni analoghe
continuino a essere compiute, conforti tutti coloro che subiscono abusi vedendo nella denuncia una soluzione oggettiva.
D’altro canto, l’Ocst sottolinea "l’importanza dei contratti collettivi di lavoro che permettono migliori trattamenti a monte e un maggior controllo a valle e che si fanno in ogni caso garanti di un più efficiente funzionamento del mercato del lavoro".