Caso Carige, la Cassazione ha inflitto una pena sospesa di 3 anni e 4 mesi all’imprenditore che ricorrerà alla Corte europea dei diritti dell’uomo
Davide Enderlin junior, 50 anni, è stato (di nuovo) condannato in Italia, stavolta a tre anni e quattro mesi sospesi di carcere per riciclaggio. Lo si apprende da una recente sentenza della Corte di cassazione. Una sentenza che potrebbe rappresentare la parola fine di un travagliato percorso giudiziario nel quale l’ex consigliere comunale Plr di Lugano è rimasto coinvolto assieme ad altre persone nello scandalo legato alla banca Carige di Genova. La penultima puntata risale a qualche settimana fa, quando è stata annullata l’assoluzione di Enderlin junior, con formula piena, dello scorso 22 maggio, da parte della Corte di Cassazione, che ha accolto il ricorso della Procura generale del capoluogo lombardo rinviando il fascicolo giudiziario al Tribunale milanese.
La sentenza di condanna della Cassazione potrebbe anche non essere l’ultima puntata della storia, visto che l’imprenditore e consulente finanziario oggi cinquantenne, come riferito dal CdT, ha affermato di voler presentare ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Enderlin continua a ritenersi estraneo alla vicenda giudiziaria risalente al 2005. Una vicenda che mise nei guai gli ex dirigenti dell’istituto bancario italiano. Le accuse di riciclaggio nei confronti dell’imprenditore luganese si fondavano sul presunto trasferimento a Lugano, una dozzina di anni fa, di 23 milioni di euro, per l’acquisto di quote dell’albergo Holiday Inn di Paradiso. Il consulente finì in carcere il 22 maggio 2014 assieme agli altri sei indagati fra cui Giovanni Berneschi (all’epoca presidente della Carige) e il suo braccio destro Ferdinando Menconi. La posizione di Enderlin era stata stralciata, con invio degli atti ai giudici milanesi, nel presupposto che i reati contestati al consulente di Lugano erano stati commessi a Milano. A margine dell’annullamento della assoluzione di Enderlin, la stessa sezione della Corte di Cassazione, nell’ottobre scorso, ha annullato tutte le condanne nel filone principale dell’inchiesta. Il processo a carico dell’imprenditore luganese è però stato disgiunto dal filone principale, ma nei suoi confronti è stata inflitta la pena più alta rispetto a quelle che hanno ricevuto le altre persone coinvolte nel cosiddetto scandalo Carige. Questo, malgrado l’abbandono dell’accusa di associazione per delinquere e nonostante Enderlin abbia avuto un ruolo meno centrale. In estrema sintesi, l’imprenditore luganese è stato riconosciuto colpevole di aver aiutato il sodalizio criminale a ripulire denaro tramite una società lussemburghese di cui era l’amministratore: quattro milioni di euro, usati per l’acquisto dell’albergo di Paradiso e altri sei milioni finiti in una società delle Isole Vergini, riconducibile alle mogli di Berneschi e Ferdinando Menconi.
Enderlin, lo ricordiamo, nel 2018 era stato condannato a cinque anni e sei mesi, ma l’anno successivo era stato assolto in Appello. La sentenza di assoluzione piena aveva di fatto assecondato la tesi difensiva dell’ex politico luganese che non ha infatti mai negato di aver svolto le operazioni imputategli, ma ha sempre sostenuto di non sapere della provenienza illecita del denaro. Riteneva insomma di aver compiuto operazioni legali. Di diverso avviso è però stata la Corte di cassazione che, sollecitata da un ricorso del Procuratore generale di Milano, aveva annullato l’assoluzione, sostenendo che vi fossero diversi indizi che il cinquantenne conoscesse l’origine truffaldina del denaro. La vicenda era così tornata in Appello, dove lo scorso aprile è stata infine decisa una condanna a tre anni e quattro mesi per riciclaggio. Condanna confermata dalla Corte di Cassazione.
Ma, il consulente luganese cinquantenne dovrà presto affrontare anche un processo in Ticino. Il procuratore pubblico Daniele Galliano (che ha ereditato l’incarto) accusa Enderlin di aver incassato retrocessioni che in realtà spettavano ai suoi clienti, per un totale di quasi un milione e 300’000 franchi. L’impresario è pure accusato della sottrazione di due milioni e 30mila franchi che avrebbe speso per conquistare la cantante lituana Ginta Biku e favorire la sua carriera artistica. Si parla di un anello da 100’000 dollari, di voli con jet privati, di soggiorni in alberghi di lusso. Il 50enne ex consigliere comunale Plr avrebbe alterato anche le schede contabili della squadra di pallavolo del Lugano, di cui all’epoca era presidente. L’ex consigliere comunale, nei cui confronti vale il principio d’innocenza, si dichiara non colpevole e sostiene di aver già risarcito eventuali perdite finanziarie.