Intervista al nuovo presidente della sezione Plr che sull’autogestione vorrebbe una soluzione e una posizione comune dei suoi municipali
Paolo Morel, eletto martedì sera presidente della sezione Plr di Lugano ha 53 anni, da sempre vive a Breganzona. Si è laureato nel 1992 in economia con specializzazione in gestione aziendale, è spoato e padre di due figlie, dal 2009 dirige un’azienda a Lugano, che oggi è un piccolo gruppo di una ventina di collaboratori e cinque società attive nel settore amministrativo, contabile, di revisione fiscale nazionale. Lo abbiamo incontrato nel suo ufficio situato in una casa storica lungo viale Stefano Franscini a Lugano. Ma chi gliel’ha fatto fare? «Anzitutto, ho masticato politica fin da piccolo. In famiglia c’è sempre stato un interesse per la politica e dai tempi del liceo mi ha appassionato. Poi, all’università ho studiato a Berna e nella capitale ho avuto modo di viverla. Rientrato in Ticino, mi sono candidato per il Consiglio comunale di Breganzona, sono stato eletto e ho vissuto le prime esperienze di membro di un legislativo e della commissione della Gestione (dal 1992 al 2000). In quel periodo sono stato nominato vicepresidente dei Giovani liberali e quelle sono state le prime esperienza politiche a livello cantonale».
Poi cos’è successo?
Da qualche anno ho cominciato a pensare a un possibile ritorno alla politica nelle discussioni con amici. Quando è nata questa opportunità nella sezione di Lugano, mi son detto, beh questo potrebbe essere il momento giusto, visto che nella professione posso contare su persone che mi possono sostituire internamente e quindi ho più tempo. Durante il Lockdown, ho lavorato tanto ma ho anche avuto l’occasione di pensare alla famiglia, alle amicizie e di tornare a occuparmi della Cosa pubblica.
Come ha vissuto la selezione della commissione cerca coordinata dall’ex consigliere comunale Mario Antonini?
Ho incontrato più volte la commissione, i municipali, la Direttiva, l’Ufficio presidenziale (Up) ad interim e poco alla volta siamo arrivati alla presidenza.Ho accettato senza preoccuparmi della difficoltà dell’impegno che ho assunto. Potrebbe essere un momento difficile, ma anche un’occasione di ripartenza: c’è tanta voglia di cambiare. Chi fa parte del partito non vuole che continui così. Siccome la politica non ci dà da mangiare (tranne a pochissimi), forse sarebbe meglio viverla in maniere più serena. Potrebbe essere più gradevole. Questo non riguarda minimamente la discussione sui temi, né l’animosità sugli argomenti. Non deve invece cambiare il pensiero delle persone e la voglia di lottare per le proprie idee. Quello che intendo cambiare (vedremo se ci riuscirò) è sicuramente l’approccio, bisogna tornare a fare una politica delle idee, non sulle persone».
Come valuta l’operato dei membri dell’Up ad interim che si sono messi a disposizione, senza avere in mano le redini del partito?
Non ho mai vissuto in passato un passaggio di consegne di questo tipo, quindi non posso rispondere, ma voglio ringraziare l’impegno di queste persone. Credo sia giunta l’ora di voltare pagina. La gestione di Guido Tognola è stata molto seria, impegnata. Lui ha dedicato tantissimo tempo ed energie alla sezione: lo dico perché ho avuto modo di verificarlo in questi giorni. Abbiamo probabilmente due modelli diversi, vedremo cosa diranno i risultati. Cerco di essere me stesso e il più naturale possibile.
Come valuta la precedente conduzione della sezione?
A penalizzare Guido Tognola sono stati i risultati, ma questi ultimi non sono sempre e necessariamente raggiungibili nel breve termine, forse, se avesse avuto più tempo a disposizione, avrebbe potuto ottenere risultati migliori. D’altra parte, il programma politico della legislatura 2021-2024 che ho definito di alto profilo intellettuale, è sempre quello presentato dall’Up diretto da Tognola, che prevede una sessantina di punti. Sono tanti, voglio verificare cosa è già stato fatto, cosa è in corso d’opera e cosa manca. Guardando i dati, i risultati sono stati disastrosi, però non possiamo sapere se dal punto di vista della rappresentanza delle idee, nel lungo termine, avrebbe potuto essere diverso. NOn sono in grado, né voglio dare giudizi. Voglio voltare pagina senza nascondere la polvere sotto il letto. Sappiamo che ci sono stati una serie di problemi, secondo me, in parte, di carattere umano, di relazioni. Non sono convinto che i motivi dei contrasti siano stati i contenuti politici. Se tu la pensi diversamente da me, non sei e non devi essere un nemico, la politica è proprio l’arte di convincere l’altro che hai idee migliori. A volte riesci, altre no. Discussioni molto animate e anche feroci ci sono sempre state all’interno del partito.
Tuttavia, quando emergono posizioni tanto contrapposte, come quelle della minoranza del partito sul Polo sportivo e degli eventi (Pse), con un esponente storico come Fulvio Pelli che presenta ricorso (che risulta tuttora pendente). All’esterno l’immagine di un Plr unitario rischia di sgretolarsi. Non bisognerebbe sciogliere in qualche modo questo nodo?
La commissione cerca mi ha chiesto: come avresti reagito sul tema Pse? Avrei cercato di capire come e perché si è arrivati a questo punto. Non c’è stato abbastanza dialogo prima? O perché affrontiamo i temi in maniera diversa, o perché davvero la pensiamo diversamente? Qualcosa a livello comunicativo non ha funzionato. Che all’interno del partito ci siano idee diverse non è un problema. Malgrado ci sia stata una votazione risicata che ha portato a una scelta difesa dal Plr, chi è finito in minoranza, in maniera indipendente, ha il diritto di pensare come meglio crede. Pelli ha preso atto della scelta della sezione, ma si è esposto dal punto di vista personale. Sicuro che sarebbe stato meglio, politicamente, se non l’avesse fatto. Non è che il partito abbia fatto un figurone visto dall’esterno. Però, il dibattito e il referendum hanno portato una serie di risultati estremamente positivi: la cittadinanza si è espressa, i contrari hanno perso, ma non di tanto e questo significa che qualche ragione gli scettici ce l’avevano. L’esito del referendum porterà il Municipio a fare attenzione alla spesa perché qualcuno gli ha tirato le orecchie».
Nella sua squadra non figurano esponenti politici attivi né persone con un profilo politico marcato. Come mai? È una scelta voluta?
Volevo avere uno zoccolo duro di persone che conosco bene con le quali ho un’affinità umana. Tre di queste le conosco, uno dalle Elementari (Mirko Audemars), mentre con Fabio Rezzonico siamo stati all’università assieme e abbiamo condiviso la vicepresidenza dei Giovani liberali. Con Johnny Vaccaro ho avviato l’attività professionale vent’anni fa. Poi ho voluto una donna (Luisa Tettamanti) e un giovane (Stefano Cassina) perché le sensibilità all’interno devono essere diverse, dal punto politico e di genere. Giovanni Luatti è invece giunto alla selezione finale della Commissione cerca insieme a me, porta competenza professionali (nelle risorse umane) e quando ci siamo conosciuti è nata un’affinità. Per la creazione dell’Up, non ho subito nessuna pressione.
Ha voluto organizzare la sezione un po’ come un’impresa privata?
«La mia esperienza organizzativa proviene dagli oltre due anni di militare, poi ho lavorato in grosse aziende e la mia attività cerco di organizzarla in un certo modo ma so bene che non posso traslare tutta la mia gestione imprenditoriale nella politica, perché sono due mondi diversi. Nella mia azienda, non ci sono yes man, discutiamo molto ma alla fine qualcuno deve decidere e quello sono io. In politica non è così, oltretutto io non sono un eletto dal Popolo. Questo mi è ben chiaro, più volte mi sono state chieste le mie idee politiche. Non è che non voglio rispondere ma io ho assunto un ruolo di presidente, meglio sarebbe coordinatore di una sezione nella quale la mia opinione non è così rilevante, è molto più importante come gestisco la sezione.
Passiamo all’autogestione: come valuta l’agire della maggioranza del Municipio, che ha deciso lo sgombero e la demolizione del tetto di una edificio dell’ex Macello? Come avvicinare le posizioni dei due municipali Plr che paiono tanto contrapposte?
Stiamo parlando di una questione che si è posta oltre vent’anni fa e che nessuno ha mai voluto affrontare, perché sapevano che probabilmente avrebbe portato a un problema. Quando non si affrontano i problemi, prima o poi i nodi arrivano al pettine e nove volte su dieci ci arrivano male ed è troppo tardi. Ora le posizioni di entrambe le parti paiono essersi radicate. Ed è quel che è successo, con tanto di scontri. Probabilmente la questione andava affrontata prima. Le decisioni prese ‘a caldo’ raramente sono quelle ottimali. Credo sia importante e necessario trovare a breve una soluzione reale. Come successo in altre città svizzere, dove ci sono spazi autogestiti che funzionano bene e non si trovano in aree cittadine non necessariamente discoste. Il vero problema è l’assenza di dialogo fra le parti, occorre un interlocutore (o al massimo due o tre) credibile e attendibile che parli per conto degli autonomi e che riconosca non dico l’autorità ma almeno come controparte. Dialogare con un gruppo di persone, è davvero problematico. La soluzione non è non trovargli uno spazio, né continuare a combattere uno contro l’altro. Bisogna lavorare per trovare una soluzione. Le sensibilità diverse dei due municipali del Plr pone il partito in una condizione difficile ma io non posso cambiare la testa di uno né dell’altra e non voglio farlo. Mi piacerebbe, ma occorrerà tempo, incontrarli con regolarità e fare in modo di arrivare a una posizione e una comunicazione comune. Sarà possibile? Vedremo, io lavorerò anche per questo.