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Beltraminelli torna in pista: ‘La mia, una malattia cronica’

Dalla passione per la politica alla positività al coronavirus, dallo sport all’aut aut della moglie: il neopresidente Ppd di Lugano a 360 gradi

Paolo Beltraminelli
(Ti-Press)
2 dicembre 2021
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Da domenica Paolo Beltraminelli è il nuovo presidente Ppd di Lugano. Insieme sono chiamati a ‘rialzare la testa’.

Ma chi gliel’ha fatto fare?

Non sono mai stato monotematico nelle mie attività ma poliedrico. Fare l’ingegnere è molto bello ma ho coltivato altre passioni quali la politica e lo sport. Mi considero multitasking, un po’ come voi donne... Ed è chiaro che una grande passione non ti abbandona mai. Dopo lo smacco del 2019 era necessario un periodo di riflessione. Complice il rinvio delle elezioni e il coronavirus sono rientrato in gioco e ho accettato volentieri di mettermi a disposizione in un momento travagliato per il partito. Il riscontro avuto sia all’interno del partito sia fra gli elettori mi sono stati di conforto. Sono sempre stato convinto che fare politica per il proprio comune sia qualcosa di fondamentale. Malgrado tutto permane in me un grande entusiasmo che può servire. Il mio ruolo è quello di allenatore-giocatore, ovvero affiancare chi si è affacciato già in politica e guardare avanti proponendo volti nuovi, tanto che la mia squadra si presenta ringiovanita.

È ‘stato scelto per rinnovare il partito’. Ma, ce lo lasci dire, come lo può fare un esponente della ‘vecchia’ guardia?

La domanda ci sta tutta. Credo però che, piuttosto che vedere il problema nell’età, non si è più in grado di rinnovare quando sono le proposte a essere vecchie. E non penso sia il mio caso essendo ancora presente in molte attività legate ai giovani. Intendo... far girare la palla, assicurando una presenza solida e idee al passo coi tempi. Se mi fossi reso conto di essere ‘fuori mercato’ non mi sarei certo messo a disposizione. Non basta l’esperienza, ci vuole anche entusiasmo e determinazione.

Rinnovare: come intende riuscirci?

In parte l’ho già fatto, dando spazio, assumendomi anche qualche rischio, a persone nuove, penso per esempio ai due vicepresidenti con grande esperienza nel campo della società civile. Ho inserito un certo equilibrio fra i generi e le età. Non ho percepito insomma nel partito il timore che con me si possa rischiare di mettere... le ragnatele.

Ha parlato di ‘un momento positivo per il partito, l’unico partito a non aver perso seggi in Consiglio comunale’. Non perdere non è una magra consolazione?

Subendo una scissione (la fondazione di un nuovo movimento da parte di Sara Beretta Piccoli e Giovanni Albertini, Ndr.) temevamo di perdere consensi e seggi. Abbiamo fatto una campagna dinamica e positiva, c’era molto entusiasmo che ci ha premiato.

Dal Consiglio comunale di Pregassona al Gran Consiglio, dal Municipio di Lugano al governo cantonale e ritorno. Solo casualità o interesse per la ‘res publica’ mutato nel tempo?

Sono sempre stato un outsider. Provenendo dal mondo dello sport e dei giovani sono sempre stata una persona estremamente attiva e conosciuta da tanti. Non ho fatto la classica gavetta e all’inizio non pensavo neanche di fare politica... A 26 anni sono entrato subito in Consiglio comunale a Pregassona e da lì è stato un successo crescente, ho avuto anche fortuna. Mi piace mettermi in gioco.

L’unica volta che è entrato da papa è uscito da vescovo si direbbe...

In effetti nel sollecitare il terzo, mancato, mandato in Consiglio di Stato (fu scalzato da Raffaele De Rosa, Ndr.). Ci ho messo mesi per recuperare.

Di dolore in dolore. È risultato positivo al coronavirus nel marzo 2020. Che idea si è fatto oggi?

Quel periodo è stato problematico, ho visto la morte in faccia e ho avuto paura. Di errori ne sono stati fatti ed era inevitabile, non si era pronti. Ammetto che quando ero consigliere di Stato erano proprio i virus e i batteri a preoccuparmi di più. Il problema è che quando aspetti il nemico e non arriva è difficile comunicare il rischio poiché non viene percepito con preoccupazione dalla popolazione. Il Ticino si è mosso bene anche grazie alla presenza del medico cantonale infettivologo che è stato capace con competenza e autorevolezza di parlare e rassicurare la popolazione. Il Cantone si è dimostrato molto unito inviando segnali chiari a Berna. I timori legati a un vaccino sperimentale sono all’inizio giustificati ma faccio fatica a constatare così tante resistenze quando invece solo un anno fa il vaccino era visto come l’unica speranza!

In molti parlano di una Lugano sofferente, disumanizzata, senz’anima. Condivide?

Lugano è una città che ha bisogno di un rilancio, abituata per anni alla fortuna di avere tanti soldi derivanti dalla piazza finanziaria. Reinventarsi non è mai semplice. Resta un luogo bello dove vivere. Deve dunque avere il coraggio di affrontare i cambiamenti e non averne paura, rendersi attrattiva per i giovani e dar loro fiducia e opportunità.

Il Ppd e il valore cristiano. C’è ancora da crederci?

Quando parliamo dei valori cristiani è necessario dividere i principi dalla Chiesa, insomma non si va a chiedere al vescovo quello che bisogna fare. Il Ppd non può prescindere dalla grande attenzione alle persone, così come dall’importanza alla vita umana nella sua completezza. Un umanesimo derivante dal Cristianesimo che mette al centro la persona in tutte le sue componenti.

E sul Beltrasocial?

L’ho sempre considerato più un’opportunità che un rischio. I miei contatti sono ampi, e anche durante la pandemia mi sono accorto di quanto sia utile l’utilizzo di queste piattaforme.

Per il Polo sportivo e degli eventi ha scelto di esporsi.

Mi sono esposto soprattutto fra i miei contatti. Lo sport mi è stato sempre scuola di vita, mi ha insegnato a cadere, a rialzarmi e ad accettare le sconfitte. A Lugano peraltro sono stato capodicastero sport nei tempi in cui il progetto era stato congelato a favore del polo culturale. Ma i bisogni dell’anima e del corpo devono andare insieme e la vittoria ha mostrato un’esigenza della nostra società.

Quanto l’aiuta lo sport a evadere dai grattacapi partitici?

Tantissimo, ti scarica la mente, unisce tantissimo. L’ho visto anche nel deserto, in un mio recente viaggio legato a una competizione di corsa d’orientamento, tutto diventa più semplice, è un linguaggio universale.

Sua moglie era contraria alla ridiscesa nell’agone politico. Come le ha fatto cambiare idea?

Da buon medico ha capito che la mia passione è come una malattia cronica… non passerà mai e mi ha lasciato fare.