laR+ Luganese

Lugano, autogestione dalle ruspe alle piazze

A un mese dallo sgombero e dalla demolizione di un edificio dell'ex Macello, diversi interrogativi restano ancora senza risposte

1 luglio 2021
|

A oltre un mese dallo sgombero e dalla demolizione di un edificio dell'ex Macello di Lugano, restano avvolti nella nebbia i dettagli dell'operazione che ha sloggiato il centro sociale Il Molino dalla sede concessa tramite una convenzione siglata nel dicembre del 2002 dall'associazione Alba, dal Municipio di Lugano e dal Consiglio di Stato. Una demolizione, quella andata in scena nella notte fra sabato 29 e domenica 30 maggio, che è parsa a molti un atto violento e ingiustificato. Il compito di fare chiarezza su quanto capitato, determinando eventuali responsabilità penali, è affidato al Ministero pubblico. L'inchiesta è coordinata dal procuratore generale Andrea Pagani affiancato dal procuratore pubblico capo Arturo Garzoni. Le ipotesi di reato prospettate contro ignoti, lo ricordiamo, sono di abuso di autorità, violazione intenzionale, subordinatamente colposa, delle regole dell'arte edilizia e infrazione alla legge federale sulla protezione dell'ambiente. Intanto, senza una sede, le attività del centro sociale si sono spostate all'aperto, come peraltro già successo dopo lo sgombero del Maglio di Canobbio poco meno di 19 anni fa, e cominciano a suscitare discussioni a causa di 'disturbi della quiete pubblica'.

Una cronistoria parziale

A dare il via libera alle ruspe, quella notte, è stata la maggioranza del Municipio di Lugano. Un via libera peraltro preceduto da tre richiami a lasciare liberi gli spazi dell'ex Macello intimati dal Municipio di Lugano agli autonomi, l'ultimo dei quali consegnato brevi manu venerdì 14 maggio. Tre richiami fondati sulla decisione adottata a maggioranza dall'esecutivo cittadino un mese prima delle elezioni comunali, nella seduta del 18 marzo, di notificare una disdetta formale della convenzione sottoscritta nel 2002. Tornando alla notte del 29 maggio, la titolare del Dicastero sicurezza di Lugano Karin Valenzano Rossi (Plr) avrebbe fatto da tramite fra la polizia e l'autorità politica. Non sono stati coinvolti nella decisione, perché contrari sia allo sgombero, figuriamoci alla demolizione, i municipali Roberto Badaracco (Plr) e Cristina Zanini Barzaghi (Ps). Nemmeno Lorenzo Quadri (Lega) sarebbe stato contattato perché la sua posizione favorevole era invece scontata. L'abbattimento è stato ordinato dopo la manifestazione pacifica andata in scena nel pomeriggio di sabato 29 maggio. L'autorità politica lo ha giustificato dall'occupazione temporanea avvenuta al termine del corteo da parte degli autogestiti dello stabile ex Vanoni in via Simen a Molino Nuovo, poi circondato da decine di agenti anti-sommossa. Dopodiché, la fondazione Vanoni proprietaria dell'edificio ha sporto denuncia per violazione di domicilio. In seguito, la titolare del Dicastero sicurezza di Lugano ha chiamato i suoi colleghi municipali e comunicato loro che secondo le forze dell'ordine si poteva sgomberare l'edificio dell'ex Macello. A un funzionario della Città di Lugano viene chiesto dalla polizia di allertare un'impresa di costruzione per procedere a lavori di 'assestamento'. Almeno una delle ditte coinvolte è però stata allertata diverse ore prima. Comunque, poco dopo le 21 di quella sera, sempre la polizia, propone a Karin Valenzano Rossi, di mettere in atto uno degli scenari discussi nella seduta di Municipio di giovedì 27 maggio, ossia la demolizione – totale o parziale? Dalle dichiarazioni iniziali non è parso chiaro – di un edificio dell'ex Macello, per ragioni di sicurezza. Interpellati, il sindaco di Lugano Marco Borradori, il vicesindaco Michele Foletti e Filippo Lombardi si sono detti d'accordo. La demolizione parziale – 'solo il tetto' annuncerà dieci giorni dopo i fatti la maggioranza del Municipio di Lugano – alla realtà dei fatti ha ridotto lo stabile in macerie.

Reazioni contrastanti e governo sorpreso

Il Ps Lugano e il Ps Ticino hanno condannato lo sgombero e la demolizione dell’ex Macello di Lugano, sede degli autogestiti e l'azione affrettata di sgombero della polizia in atto presso l'ex Istituto Vanoni. Opposte le reazioni dell'Udc e della Lega che hanno invece salutato favorevolmente l'intervento. Un intervento che ha sorpreso anche il Consiglio di Stato. Lunedì 31 maggio in piazza Manzoni si è tenuta la prima assemblea dell'autogestione che ha richiamato circa trecento persone ed è sfociata nella protesta sotto l'abitazione del sindaco. Il giorno successivo, martedì 1° giugno, l'area attorno alle macerie viene posta sotto sequestro per ordine del Ministero pubblico. È il primo passo dell'inchiesta penale avviata d'ufficio dal Ministero pubblico che ha ricevuto anche la denuncia sporta nei confronti del Municipio di Lugano da parte dei Verdi del Ticino, sezione di Lugano. In quei giorni emerge pure una possibile sede alternativa: l'ex depuratore di Cadro che rappresenta l'ipotesi più papabile sul tavolo del Municipio, che tuttavia non si sbilancia. La struttura è destinata a passare nelle mani della Città, ma senza l'attivazione di un canale di dialogo fra le parti e soprattutto dopo l'azione delle ruspe, appare una soluzione impraticabile. A livello cantonale, nel frattempo, l'accordo che sembrava quasi raggiunto in Commissione sanitaria sulla mozione Schnellmann si è sgretolato, tanto che il deputato liberale in Gran Consiglio ha ritirato l'atto parlamentare mentre il suo collega Tiziano Galeazzi (Udc) l'ha riproposto. Nell'ultima seduta, la maggioranza dei deputati ha deciso di non affrontare una discussione generale sul tema autogestione, rifiutando per due volte la richiesta formulata da Matteo Pronzini (Mps).

Duemila persone sulle strade

Sette giorni dopo la demolizione, le strade di Lugano vengono invase da oltre duemila persone per una manifestazione a favore dell'autogestione e di protesta contro quello che è stata considerata un'azione autoritaria da parte delle forze dell'ordine e della politica cittadina. Ad alimentare il sostegno al centro sociale sono forse state quelle versioni fornite dalla maggioranza del Municipio all'indomani della demolizione e dieci giorni dopo quando è stato evocato solo l'abbattimento del tetto, come detto, per ragioni di sicurezza. Versioni apparentemente contraddittorie o, almeno in parte contrastanti. I cinque municipali di Lugano sono stati interrogati contemporaneamente a Palazzo di giustizia da altrettanti magistrati lo scorso martedì 22 giugno. Al termine dell'interrogatorio, il sindaco di Lugano ha ribadito che l'esecutivo si è trovato di fronte a una scelta drastica, urgente e immediata e ha preso l'unica decisione che prenderebbe ancora. In ogni caso, stando a quanto emerso finora, il picchetto rafforzato fra Polizia giudiziaria e magistrati non sarebbe stato allertato la sera del 29 maggio scorso, quando è stato dapprima sgomberato e successivamente demolito lo stabile che ospitava il centro sociale. 

Chi paga l'avvocato?

Chi pagherà l'avvocato Elio Brunetti – che, secondo nostre informazioni, ha la procura per seguire sei municipali su sette –, ed eventuali altri legali che dovessero entrare in scena, per la difesa dei municipali sotto inchiesta? La questione è certamente secondaria nel contesto dell'argomento ex Macello, ma è giusto porsela visto l'interesse pubblico che solleva. Una risposta di primo acchito, trattandosi di un Municipio, potrebbe essere «paga l'ente pubblico, i contribuenti». Ma è davvero così? Per capire meglio abbiamo contattato la Sezione enti locali (Sel) del Dipartimento delle istituzioni.

Il primo punto da chiarire è come mai l'esecutivo non si sia rivolto al Consiglio comunale (Cc). C'è infatti un capoverso dell'articolo 13 della Legge organica comunale (Loc) che dice espressamente che l'assemblea comunale “autorizza il Municipio a intraprendere o a stare in lite, a transigere o a compromettere”. In altre parole, nei casi di vertenza legale il Municipio deve chiedere il permesso al legislativo per stare in lite e conseguentemente dotarsi di un patrocinatore. «Attenzione – ci spiegano dalla Sel –, solo nei casi di procedure civili. Trattandosi di una procedura penale, la responsabilità è dei singoli municipali». Questo, anche se la denuncia dei Verdi è stata sporta contro l'esecutivo nel suo insieme: la procedura penale è infatti contro ignoti e l'eventuale responsabilità è individuale. Pertanto, ogni municipale che si sta avvalendo o si avvarrà di un legale in linea di principio ne è quindi responsabile individualmente, anche dal profilo finanziario. Ciò non toglie che il Municipio possa rivolgersi prima o poi al Cc per chiedere un rimborso. «È verosimile, qualora reputino di aver agito nell'ambito delle proprie funzioni pubbliche e ritengano di poter richiedere una copertura delle spese sostenute e in tal caso dovrebbero allestire un messaggio rivolto al Cc con regolare richiesta di credito». Ma c'è una differenza con i canonici crediti straordinari – quelli che superano i 250'000 franchi nel caso di Lugano –: qualora decida di farlo, il Municipio sarebbe tenuto a chiedere l'autorizzazione al Cc in tutti i casi. Anche se la spesa fosse inferiore ai 250'000 franchi. Non è infatti pensabile che la avalli l'esecutivo: «Sarebbe un conflitto di interessi». 

Certo, non è detto che il Municipio avanzi questa richiesta: molto dipende dall'esito dell'inchiesta. Più facile potrebbe essere chiedere un eventuale rimborso in caso di proscioglimento. Ma in tutti i casi si tratterebbe di una questione di opportunità e quindi politica: sarebbe giusto che a coprire la spesa fosse l'ente pubblico? Infine, ma qui purtroppo non siamo in grado di dare una risposta non essendo riusciti a ottenerla dalla Città, ci sarebbe un'altra via per evitare di chiedere al Cc di coprire le spese legali: il Comune potrebbe aver sottoscritto una polizza assicurativa che copra anche situazioni come questa. Ad oggi non è tuttavia noto se ed eventualmente che tipo di protezione giuridica abbia la Città di Lugano.

Intanto, proseguono nei luoghi pubblici le attività promosse dagli autonomi (che fino al 29 maggio scorso si svolgevano all'ex Macello). Il prossimo appuntamento è fissato per sabato 3 luglio dalle 17.30 sulla piazza del Lac con una discussione sull’ecologismo radicale, la cena e l'evento musicale "Street Hip Hop". Fra pochi giorni, lunedì 5 luglio, scadrà il termine per la raccolta di firme a sostegno dell’iniziativa popolare comunale “Adéss Basta!”, lanciata dalla sezione di Lugano dell'Udc.

Leggi anche: