Luganese

Lugano, don Chiappini: 'Al Borghetto tutti sapevano'

Il sacerdote spiega la presenza della donna in casa sua: 'Con lei un rapporto d'affetto'. La Curia: 'Ha garantito avere la situazione sotto controllo'

Monsignor Azzolino Chiappini )Ti-Press)
1 marzo 2021
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«Abitava con me da una ventina d'anni la donna finlandese. Aveva cominciato come collaboratrice, perché conosceva le lingue, e faceva un po' di lavori domestici. Negli ultimi anni, per stanchezza, sonno, aveva difficoltà a uscire di casa e non voleva che nessuno entrasse nell'abitazione.  Perciò, quando c'era qualche lavoro da fare nella casa io dicevo che non si poteva. Credo che questo abbia dato il pretesto - mi pare un po' poco - per costruire il teorema in base al quale, primo, c'è qualcuno in casa, secondo c'è qualcosa sotto visto che parla sempre lui perciò sta sequestrando questa persona. La donna usciva pochissimo, qualche volta, prima delle chiusure, abbiamo pranzato assieme. Chi abitava lì, sapeva della presenza della donna». Parole di Monsignor Azzolino Chiappini, pronunciate stamane nell'intervista rilasciata al giornalista Roberto Antonini rilasciata in una casa di riposo di Sonvico e andata in onda durante 'Millevoci' (Rsi 1). 

Monsignore, un personaggio pubblico

La trasmissione è stata dedicata all'inchiesta coordinata dalla procuratrice pubblica Pamela Pedretti a carico dell'alto prelato. Dopo l'intervista sono intervenuti il procuratore generale Andrea Pagani, l'ex procuratore pubblico, avvocato e deputato Ps in Gran Consiglio Nicola Corti e il vicedirettore de laRegione Andrea Manna. Il caso ha fatto discutere. L'alto prelato, arrestato lo scorso 20 novembre dalla sua abitazione al Borghetto 2, come noto, nei giorni scorsi è stato completamente scagionato dalle pesanti accuse di sequestro di persona, coazione e lesioni semplici per omissione a danno di una 48enne di origine finlandese che dimorava nella sua abitazione (di proprietà della Diocesi di Lugano). Il caso ha inevitabilmente suscitato tanto clamore nell'opinione pubblica. Roberto Antonini ha chiarito come l'ex rettore della facoltà di Teologia sia un personaggio pubblico a tutti gli effetti, per cui il fatto che il nome e cognome siano stati pubblicati risponde alla logica.

Il prelato: 'Momenti difficili e pesanti'

Il prelato ha raccontato di aver vissuto un'esperienza, quella del carcere per tre giorni, che non avrebbe mai immaginato di vivere: «Momenti difficili e pesanti anche per le chiacchiere alimentate dalla vicenda e tutto ciò che è stato pubblicato. Ero tranquillo e sicuro che non vi fosse nulla grave né di imputabile penalmente quale una possibile violenza o sequestro di persona». Il sacerdote non sa dire chi abbia segnalato il caso al Ministero pubblico e ha spiegato che la Curia era a conoscenza della donna. Ma perché non è mai intervenuta per chiarire e/o per ripristinare condizioni 'normali' nell'appartamento e come mai non si è premurata di segnalare la presenza della donna a chi di dovere? Sollecitata da 'laRegione' la Curia precisa che "la presenza di una donna è stata menzionata da Mons. Chiappini proprio nell’ambito di uno dei numerosi interventi, purtroppo infruttuosi, messi in atto dalla Curia per cercare di risolvere le situazioni anomale (controllo RASI, presenza di pacchi negli spazi comuni). Questa persona è stata presentata come familiare senza indicarne il nome completo. Purtroppo, non è mai stato possibile verificare effettivamente la sua presenza all’interno dell’appartamento, che è rimasto inaccessibile fino al recente intervento della polizia. Come l’indagine ha dimostrato, non vi erano elementi per una denuncia penale. La Curia non ha ritenuto di dover mettere in atto misure più incisive in considerazione del fatto che Mons. Chiappini ha sempre garantito di avere la situazione sotto controllo e di essere impegnato a risolvere i problemi segnalati. Non si è voluto forzare l’ambito privato di una persona autorevole come Mons. Chiappini. D’altra parte, l’aiuto a più riprese offerto dalla Diocesi è sempre stato da lui ritenuto non necessario".

Lui ha sempre pagato le imposte alla fonte

Don Chiappini ha riconosciuto l'errore di non aver rinnovato il permesso scaduto alla donna. Ritiene giustificata la contravvenzione inflittagli per tale mancanza, «un motivo insufficiente per sostanziare il teorema accusatorio». Lui la pagava e versava anche le tasse alla fonte anche se il permesso era scaduto. «La donna è stata interrogata a lungo e la sua testimonianza è stata determinante perché ha detto che era libera e non viveva da sequestrata, stava in casa per sua scelta» ha rilevato il sacerdote. Don Chiappini ha spiegato il rapporto con la donna: «Fra noi due c'era un rapporto d'affetto ma non oltre. Chi volesse ricamare su questo lo faccia pure». Il sacerdote ha inoltre detto che avrebbe voluto terminare il semestre d'insegnamento alla facoltà di Teologia e ha ringraziato il sostegno e il coraggio ricevuti da persone di ambienti molto diversi durante l'inchiesta.

Pagani: 'Nessuna pecca nell'inchiesta di Pedretti'

Il procuratore generale Andrea Pagani non ha voluto commentare il caso specifico ma non ha rilevato pecche nell'inchiesta della collega Pamela Pedretti, precisando che tutti gli imputati sono trattati allo stesso modo. Pagani ha poi chiarito che quando un organo inquirente viene a conoscenza di una notizia di reato, deve intervenire per ricostruire i fatti non noti e raggiungere la verità materiale e che il carcere preventivo serve per accertare l'eventuale responsabilità penale di un prevenuto, è uno strumento per giungere alla verità. L'ex pp Corti ha messo in evidenza che la pp Pedretti, che in occasione della recente riconferma dei mandati al Ministero pubblico in Gran Consiglio ha ottenuto un numero di voti relativamente basso, ha fatto ciò che avrebbe dovuto fare.

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