Intervista al comandante della Polizia cantonale: a breve partirà un progetto pilota con la Polcom della Città per testare i sistemi di videosorveglianza
Dubbi e perplessità, ma si procede. Pur senza suscitare troppo entusiasmo da parte delle autorità cantonali, il progetto pilota di utilizzo delle bodycam e delle dashcam – videocamere montate rispettivamente sull'agente e sull'auto di polizia – in collaborazione fra Polizia della Città di Lugano e Polizia cantonale, annunciato a fine ottobre, entrerà a breve nel vivo. La questione è tornata d'attualità dopo il recente intervento della Polcom al Quartiere Maghetti. Il fermo di un 18enne, poi denunciato per impedimenti di atti di autorità e danneggiamento, è finito al centro delle critiche social: per placcare il ragazzo sono intervenuti quattro agenti, la scena è stata ripresa da un altro giovane lì presente ed è stata diffusa online, suscitando accuse di eccessivo uso della forza su Instagram e Facebook.
L'intervento è stato invece difeso dal comandante della Polcom Roberto Torrente e dal capodicastero Michele Bertini, che oltre a spiegare le responsabilità del ragazzo hanno entrambi ribadito la necessità dell'utilizzo delle bodycam in situazioni come questa, «per riprendere l'intervento dall'inizio alla fine». Stesso discorso per le dashcam, la cui esigenza risale ancora al 2013, quando due agenti della Comunale – poi condannati nel 2014 – avevano fermato in città un uomo, portandolo poi ad Arogno, picchiandolo e abbandonandolo lì. La volontà della più grande Polcom del cantone di dotarsi di questi sistemi di videosorveglianza non è quindi una novità. Le apparecchiature sono infatti già state acquistate nel 2017, seppur il loro utilizzo sia stato sospeso dato che manca tuttora una legislazione che lo permetta.
Per fare il punto sul discusso argomento abbiamo sentito il comandante della Poliza cantonale, Matteo Cocchi.
Il Comando della Polizia cantonale condivide e sostiene la posizione della Conferenza dei comandanti delle polizie cantonali della Svizzera (Ccpcs), scettica, al momento, sulla loro introduzione a largo raggio. Nonostante questo parere, in collaborazione con la Polizia Città di Lugano, su mandato della Conferenza cantonale consultiva sulla sicurezza, verrà inizializzato un progetto specifico con l’obiettivo di testare il funzionamento, le possibilità offerte dalle nuove tecnologie così come tutte le procedure legate al loro utilizzo sul terreno da parte degli agenti e in sede di analisi e stoccaggio a livello centrale. L’iniziativa prenderà il via nel corso dei prossimi mesi e, vista la sua complessità, non sarà di breve durata e dovrà tener conto pure delle perplessità indicate dell’incaricato cantonale della protezione dei dati. I risultati del progetto dovranno permettere di valutare l’eventuale possibilità di implementare il loro utilizzo presso il Corpo della Cantonale oltre che, con una modifica legislativa, di estenderne l’impiego anche agli agenti delle Polizie comunali.
A livello generale, il progetto di revisione della Legge sulla polizia (Lpol) è bloccato poiché è ancora pendente al Tribunale federale il ricorso contro gli emendamenti della stessa concernenti la custodia di polizia, l’osservazione preventiva e l’inchiesta mascherata preventiva. In particolare, per quanto riguarda l’utilizzo oggetto della domanda, prima di procedere alla modifica della Lpol bisognerà valutare i risultati che scaturiranno dal progetto pilota tra la Cantonale e la Polcom di Lugano.
Su questo non possiamo esprimerci poiché non siamo parte in causa ed inoltre la fattispecie non è di nostra competenza.
Vi sono alcuni elementi, ben più importanti del mero utilizzo delle bodycam, legati ad esempio alla privacy delle persone, allo stoccaggio delle immagini e alle competenze relative al loro utilizzo, così come ai reali benefici operativi.
Siamo a conoscenza di un progetto della Polizia della Città di Zurigo che non è ancora stato implementato definitivamente e per il quale anche la Ccpcs attende di valutarne gli esiti. Quanto scaturito e proposto dallo studio è ancora al vaglio delle autorità politiche per i necessari ed eventuali adattamenti legislativi.
Il Consiglio di Stato su proposta dell’Incaricato cantonale della protezione dei dati ha costituito a metà novembre scorso il Gruppo di lavoro “Videosorveglianza pubblica”. In particolare il gruppo deve esaminare l’attuale situazione in questo contesto per il Cantone e i Comuni; esaminare l’attuale quadro legale applicabile e la ripartizione di competenze tra Cantone e Comuni in ambito appunto di videosorveglianza e controllo del cittadino. Il Gruppo di lavoro è coordinato dallo stesso Incaricato e vi fanno parte rappresentanti tecnici e politici sia del Cantone, sia dei Comuni. Entro la fine di giugno si attende un rapporto con le proposte all’indirizzo del Governo.