Luganese

Spari contro una casa a Sessa: è caccia al cacciatore

Il protagonista del video: ‘Sono estraneo ai fatti’. La Federazione: ‘Lo convocheremo’. Zali: ‘Se episodio confermato, sicurezza di nuovo in discussione’

23 dicembre 2020
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«Sono completamente estraneo ai fatti, eppure mi sono ritrovato sui social e sul giornale». Si sente un capro espiatorio l’esperto cacciatore sopracenerino ripreso in un video e protagonista di un alterco con l’autrice del filmato, domenica scorsa a Sessa. Il contesto è quello del grave episodio capitato all’estremità del paese malcantonese: una serie di spari vicino alle abitazioni spaventano più persone e un colpo, o forse due, finisce nel muro di una casa (cfr. ‘laRegione’ di ieri). Ne nasce una discussione, intervengono guardacaccia, Polizia cantonale e Ministero pubblico, dei video finiscono sui social e il caso rimbalza sui media. A un paio di giorni di distanza non è tuttora chiaro chi abbia sparato il colpo, le indagini proseguono e si sommano le prese di posizione. Ma lui, il cacciatore più maturo fra quelli ripresi non ci sta: «Non sono stato io».

‘Mi sono alterato perché sono stato aggredito ingiustamente’

«Io mi trovavo 600-700 metri più in su di queste abitazioni – racconta alla ‘Regione’ il cacciatore –. Ho posteggiato l’auto, sono salito a piedi dalla strada cantonale per circa 100-150 metri fino a raggiungere un’ubicazione favorevole alla caccia. C’era una valletta che fungeva da parapalle e così ho potuto sparare in tutta sicurezza. Ho abbattuto un cinghiale (quello che si vede nel video, ndr) con un colpo solo. E basta: non ne ho sparati altri». I problemi, sarebbero iniziati nel momento della discesa: «Quando sono sceso ho visto questa donna altamente alterata venirmi incontro e insultarmi». Si tratta di Luana, uscita di casa dopo aver sentito degli spari molto vicini, autrice dei video e che ci ha confessato ieri di essersi molto spaventata. «Dai filmati sembra che le diamo addosso noi ma anche lei avrebbe dovuto ponderare il suo intervento. Mi sono alterato perché sono stato aggredito ingiustamente. Mi piacerebbe che venisse ritrattato quanto detto nei miei confronti, perché sono completamente estraneo ai fatti». Il cacciatore è stato poi interrogato dai guardacaccia al posto di controllo di Lamone, dove è andato a portare la preda per i controlli di routine. «Lì mi hanno comunicato che era in corso un’inchiesta, che mi avrebbero trattenuto le armi e la licenza di caccia. E però da lì si poteva già escludere la mia partecipazione all’avvenuto per una questione proprio di distanze. Da dove ero io le case neanche si vedevano».

‘Chi è stato si assuma le sue responsabilità’

Insomma, a Sessa è caccia al cacciatore. Quello che dai video diffusi in rete sembrava l’indiziato principale si dissocia, eppure qualcuno quel colpo l’ha sparato e il buco nella casa c’è. La Polizia cantonale e il Ministero pubblico ci hanno confermato che gli accertamenti sono tuttora in corso senza aggiungere ulteriori informazioni, sebbene da informazioni emerse ieri sembrerebbe che la Polizia scientifica abbia constato che il colpo sia stato effettivamente sparato molto di recente.

«È una situazione che assolutamente non deve succedere, per principio un cacciatore deve sempre sparare in una situazione di sicurezza» si distanzia il cacciatore, aggiungendo: «In generale non pratico certi tipi di caccia, che espongono a un rischio inutile. Il problema è a monte: si vuole fare una caccia ai cinghiali? D’accordo, ma i cinghiali si nascondono negli incolti, nelle sterpaglie, zone adiacenti alle case delle quali nessuno si occupa. Sono tutti vicino agli abitati, e quindi questa caccia diventa automaticamente pericolosa. Questo non toglie nulla alle responsabilità del cacciatore: chi ha sparato ha sbagliato. Se è stato uno dei cacciatori del gruppo presente lì, si assuma le responsabilità, anche collettive se necessario. È un episodio irresponsabile che poteva terminare in tragedia».

Appunto, un episodio che poteva terminare in tragedia e che getta discredito su una categoria che già non è sempre ben vista da una parte della popolazione.

FEDERAZIONE DEI CACCIATORI

Regazzi: ‘Atteggiamenti che ci nuocciono’

«È necessario distinguere i due avvenimenti. Da un lato il comportamento tenuto dal cacciatore ripreso e su questo non siamo disposti a tollerare degli atteggiamenti che nuocciono alla categoria – precisa Fabio Regazzi, presidente della Federazione dei cacciatori ticinesi (Fcti) –. Ho ricevuto molte lamentele di cacciatori indignati per il comportamento tenuto dal cacciatore nei video». «Riguardo ai fori che sembrerebbero provenire da un fucile da caccia, non ci vogliamo esprimere perché ci sono delle indagini in corso. Se dovessero venire accertate delle negligenze gravi da parte di cacciatori riguardo alle norme di sicurezza in vigore – che noi per altro abbiamo anche riassunto in un manuale che tutti i cacciatori hanno ricevuto all’inizio di questa stagione di caccia –, chiediamo che si intervenga in modo severo perché è evidente che la gravità delle violazioni necessita di una risposta adeguata».

A riprova da quanto detto da Regazzi, la Fcti ieri ha pubblicato un comunicato stampa sull’accaduto. “Simili atti non hanno nulla a che vedere con le attuali modalità di prelievo, con le distanze di tiro, con le armi utilizzate o con la caccia in genere. Si tratta di violazioni di tale gravità in cui la totale mancanza di diligenza del singolo rende vana ogni misura preventiva e per questo dovrà essere sanzionata in maniera incisiva”. “Nell’attesa di conoscere l’esito dei necessari accertamenti e restando a disposizione degli organi competenti – aggiunge la nota –, la Fcti ritiene che, se accertati, simili atti rappresentano evidenti violazioni delle più elementari norme di sicurezza sul maneggio e l’uso delle armi”.

‘Comportamento che viola il codice etico’

Trattandosi di un’associazione mantello, delle espulsioni non sono possibili: «I singoli cacciatori non sono membri della Fcti, ma lo sono le società e i distretti – spiega Regazzi –. Convocheremo il cacciatore apparso nei video affinché possa rendere conto del suo comportamento per poi valutare la situazione in funzione della sua posizione e nei limiti del nostro potere d’intervento». Sì, perché il maturo cacciatore che ha avuto un alterco con Luana non è un cacciatore qualsiasi. «È presidente di una società di caccia e di un distretto – conferma sempre Regazzi –, quindi ha una funzione di responsabilità e a maggior ragione dovrebbe essere più sensibile alle norme di comportamento. Stiamo parlando di una signora che era molto spaventata, che sì magari è andata un po’ sopra le righe, ma il cacciatore a mio avviso avrebbe dovuto avere un altro tipo di atteggiamento, essere più conciliante, rassicurarla e soprattutto non sottrarsi al confronto. Avrebbe dovuto comportarsi in modo più corretto, educato e rispettoso. Riteniamo che questo comportamento violi il codice etico del quale ci siamo dotati».

Rischio del ritiro della patente di caccia

Chi sia stato il colpevole, come detto, non è ancora emerso. Si sta indagando a livello penale per valutare se vi siano gli estremi per un’accusa di messa in pericolo della vita altrui. Ma si stanno altrettanto facendo delle indagini a livello amministrativo, in seno all’Ufficio caccia e pesca (Ucp) del Dipartimento del territorio (Dt). «La nostra competenza in questo caso è marginale – ci dicono dall’Ucp –. Se in seguito alle indagini di polizia si verrà a stabilire chi è l’autore dello sparo e si arriverà a una condanna, ci potrà essere una sanzione: dalla sospensione al ritiro delle patenti di caccia, fino all’obbligo di rifare l’esame per la licenza nei casi più gravi». Episodi come questi lasciano tuttavia «con l’amaro in bocca e preoccupano non poco». Domenica era l’ultimo giorno per la caccia tardo-autunnale al cervo e al cinghiale, mentre a gennaio si riprenderà con la caccia invernale al cinghiale: «Ricordiamo che ci sono delle zone dove la caccia non è permessa. E dove è aperta, deve prevalere il buon senso. Se sono posti dove si va a correre o a spasso col cane, il buon cacciatore deve abbassare il fucile e cambiare zona».

POLITICA

Zali: ‘Se confermato, tema della sicurezza rimesso in discussione’

Ma quanto spesso la Legge cantonale sulla caccia viene infranta? «Se consideriamo il periodo di caccia alta, riscontriamo un’ottantina di infrazioni minori, su un totale di 2’200 cacciatori circa. Una decina invece i ritiri di patente all’anno per infrazioni più gravi». L’ultima modifica del Regolamento di applicazione – che ha riportato la distanza minima dagli abitati a 50 metri invece dei 200 precedenti – è del 1° luglio di quest’anno. Il tema quindi è anche politico. «Quanto successo per me è gravissimo – osserva la granconsigliera Tamara Merlo (Più Donne) –. Lungo tutta la stagione venatoria, ci sono tante persone che hanno paura a fare passeggiate, paura a uscire con il cane, che sono infastidite e preoccupate dal rumore degli spari. Senza nulla togliere al fatto che la caccia viene talvolta utilizzata per regolamentare le popolazioni di ungulati talvolta fuori controllo, c’è un gran numero di cittadini per nulla contento di questa situazione. Ho visto il filmato, mi è venuta l’angoscia: qualcuno ha sparato contro una casa ad altezza di persona. E poi, ho trovato molto brutto anche l’atteggiamento di uno dei presunti cacciatori nei confronti della donna che ha filmato».

Regazzi: ‘La distanza è un falso problema’

La deputata ha quindi sollecitato lei stessa sia l’Ucp, sia la Polizia cantonale: «Avrei voluto sporgere denuncia, ma mi è stato detto che è a querela di parte, ossia che può farlo solo la persona danneggiata. Mi è anche stato detto che i costi del recupero del proiettile debbano essere a carico del denunciante. Lo trovo assurdo, andrebbe cambiata la legge! Questa faccenda della caccia fatta così vicino alle case va riaffrontata. Si dice che sono sempre casi isolati da condannare, ma a parte che non è così, anche ogni singolo caso è di troppo. Sicuramente sul tema farò qualche domanda al Consiglio di Stato». Per Regazzi tuttavia il problema non sta nella distanza: «Un proiettile di un’arma da caccia ha una gittata di qualche chilometro. Fra un limite di distanza di 50 o 200 metri non cambia assolutamente niente. È un falso problema, a differenza della negligenza e del rispetto delle norme di sicurezza». Di avviso simile anche il direttore del Dt, Claudio Zali: «Ci sono due indagini in corso, una interna nostra e una in mano al Ministero pubblico e alla Polizia cantonale. Ça va sans dire che se fosse vero che dei colpi di fucile arrivano contro una casa, si tratterebbe di un episodio grave, che rimetterebbe in discussione il tema della sicurezza nell’ambito della caccia».