Il procuratore pubblico Andrea Maria Balerna ha chiesto 5 anni per il mandatario della Raiffeisen di Lugano che alleggerì banca e clienti per 15 milioni
Una data particolarmente evocativa quella del 21 dicembre. A evidenziarlo il procuratore pubblico Andrea Maria Balerna che ha richiesto una pena di 5 anni di carcere: «Esattamente due anni fa l’imputato si apprestava nel suo ufficio a posare la penna per partire con 15 milioni in tasca e farsi una nuova vita a Panama». Invece a due anni dai fatti il 33enne, impiegato della Banca Raiffeisen, anziché godersi la bella vita, frutto di operazioni truffaldine, si è trovato davanti alla Corte delle Assise criminali di Lugano, accusato di truffa per mestiere e una serie di altri reati. Corte composta dal presidente Amos Pagnamenta, dai due giudici a latere Fabrizio Filippo Monaci e Luca Zorzi, e dagli assessori giurati.
«Un giovane svizzero di buona famiglia, dalla buona formazione scolastica, che aveva scalato anche velocemente la gerarchia, una persona assolutamente affidabile e di successo – ha evidenziato il magistrato nella sua requisitoria –. Il 24 dicembre 2018 però, un lunedì mattina, questa immagine crolla quando un cliente della banca recatosi allo sportello chiede il motivo per cui il suo ordine di pagamento non viene mandato avanti e come mai l’e-banking non funziona. Non passa neanche una settimana e la storia si svela completamente. Rendendosi conto che il suo piano, una volta partito per Panama, torna in Patria per cospargersi il capo di cenere». Un ripercorrere i fatti e le sue ragioni che in aula l'imputato, come annotato da Balerna, «ha spiegato in modo oggettivo quasi freddo. Soprattutto quei desideri superiori alle sue possibilità di beni e servizi fino ad arrivare a rubare e a fare i conti, prima di tutto con se stesso, con quell’immagine di solidità e affidabilità del funzionario di banca svizzero. Diversamente, infatti, si è dimostrato completamente immaturo e inaffidabile, completamente irresponsabile, dai pochi valori etici e morali, affidandosi ai soli desideri da raggiungere con qualsiasi mezzo illecito e senza un freno, anzi, desideroso di sfida nel farla franca, forse perché fino a lì ha sempre avuto la vita un po’ troppo facile».
Balerna ha definito quel primo episodio del 2014 (la busta piena di preziosi rubata da una cassetta di sicurezza di un cliente) un reato "particolarmente audace": «Lui, responsabile della succursale luganese sapeva di quella busta 'golosa'. Si studia un piano perché aveva bisogno di soldi. Si era reso conto che poteva fregare il sistema e farla franca» ha evidenziato il procuratore.
«Un agire scaltro e privo di scrupoli, che conosceva bene il meccanismo bancario tanto da intestare quattro conti farlocchi, da fabbricare, falsificare e manipolare con facilità documenti, in particolare per le sue conoscenze intime e tecniche del sistema informatico da poco cambiato, e il tutto in quanto spinto dall'avere più soldi, per golosità di denaro» gli ha fatto eco il rappresentante dell'accusatore privato, l'avvocato Valerio Caccia, chiedendo al termine del suo intervento un risarcimento di circa 6 milioni di franchi.
«Tutt'altro che un ladro spavaldo, sofisticato e pericoloso, ma persona naïf e facilotta. Non è una persona assetata di denaro, pur eccedendo qualche volta nel suo stile di vita». Così ha invece dipinto il suo assistito l'avvocato Andrea Rigamonti, che anzi ha chiamato in concolpa per alcuni reati anche la banca, colpevole di non aver messo in atto un necessario sistema di controllo. Circa il movente la difesa lo individua in una «forte insoddisfazione di fondo, in uno smarrimento che lo hanno portato a vivere oltre le proprie capacità. Ha ricercato quindi quella necessaria sensazione di potere e di adrenalina che andavano appunto a colmare questo vuoto. Ecco che allora in questo quadro giunge il primo episodio... Poi, la seconda scarica, ovvero i prelievi sui conti dei familiari. Fino a far nascere la terza idea, e tramite ulteriori prestiti comincia a tappare questi buchi. Bastava chiamare i genitori invece la situazione gli sugge di mano, fino all'operazione Panama, quel biglietto di sola andata che si trasforma in un ritorno. Un piano, inteso come immaginarsi su una spiaggia senza problemi, impossibile e disastroso. A cominciare dall'acquisto del biglietto aereo con la sua carta di credito e dalla prenotazione dell'albergo con il suo profilo booking in condivisione con l'ex compagna, lasciando dunque tracce come Hans e Gretel. Questo per dire che siamo di fronte a un ragazzo immaturo, infantile e fragile. Dovrebbe essere un criminale e invece dimostra di aver paura. Sogna di fare il colpo della vita ma ha troppa fretta nell'attuarlo». Da qui, anche per la collaborazione dimostrata e la volontà 'di svoltare definitivamente', la richiesta della difesa è stata di 36 mesi sospesi con la condizionale (dedotto il carcere preventivo e di espiazione anticipata della pena per un totale di due anni), e in via subordinata di 46 mesi, qualora fosse confermata la truffa.
Al termine dell'arringa, la duplica del procuratore pubblico ha messo in evidenza la venuta a galla di un argomento nuovo, di cui l'imputato cioè non aveva mai fatto cenno ma citata diversamente dal suo legale. Ovvero la violazione della banca, che non avrebbe verificato la legalità di una procura: «Un formalismo eccessivo. Questo era il sistema, comunque efficace. Quanto evidenziato dalla difesa è una pura questione civilistica. Lui si è confrontato con i paletti della banca attivi, ne ha fatti 105 di documenti falsi ne avrebbe fatto uno in più... per questo non è mai stato un tema».
Il pentimento dell'imputato è giunto a fine giornate: «Non mi riconosco più nella persona che ha compiuto tali gesta. So solo che mi sono sentito a un certo punto inerme. Sono stato a lungo una brutta persona. Le lunghe giornate di prigionia si fanno ora sentire. Chiedo scusa per il male che ho fatto». La sentenza domani, 22 dicembre, alle 10.