Resta in carcere il 33enne del Mendrisiotto, ex bancario Raiffeisen, che operò malversazioni per alzare il suo tenore di vita e vivere nella ricchezza
Nessuno sconto, per una colpa che è stata giudicata grave dalle Assise criminali di Lugano. Il 33enne, del Mendrisiotto, accusato di aver rubato oltre 15 milioni di franchi, per mezzo di una serie importante di malversazioni bancarie, è stato condannato a cinque anni e mezzo. «Agì con astuzia. Godeva in banca di grande fiducia e autonomia di manovra e conosceva bene il grado di sorveglianza, sfruttando così abilmente questi aspetti e sapendo che su di lui i controlli sarebbero stati minimi – ha commentato la sentenza il presidente della Corte Amos Pagnamenta –. Per quanto immaturo lo si è voluto dipingere non è un kamikaze e sapeva bene cosa fare, predisponendo tutti i documenti necessari. Grazie al suo ruolo in banca poteva, infatti, effettuare gli addebiti senza che i clienti se ne accorgessero, così come anche la banca» ha aggiunto il giudice.
Un'aggravante, quella di truffa per mestiere, giustificata dalla «volontà di concedersi dei lussi e finanziare il colpo della vita che lo avrebbe fatto vivere nella ricchezza. Una colpa grave non solo per l'entità delle malversazioni ma per il fine unico del lucro, della propria cupidigia, della freddezza anche affettiva dimostrata, tanto da tradire la fiducia non solo di colleghi e datore di lavoro, ma anche di familiari ed ex compagna».
L'imputato, che ha integralmente ammesso i fatti, anche con confessioni avvenute con ritardo e dopo diverso tempo, conosceva peraltro bene il sistema informatico della Banca Raiffeisen dove lavorava da dieci anni e nel corso delle sue malversazioni si era anche affidato al cosiddetto 'dark web'. Un giovane che non aveva particolari problemi economici, anzi proveniva da una famiglia benestante. Così, ha evidenziato la Corte, non ci si capacita come mai nel 2014 attuò quello che è stato l'avvio del buco che mano mano ha preso corpo fino a oltrepassare i 15 milioni di franchi. «A lasciare interdetti – ha annotato Pagnamenta – soprattutto la componente di sfida e l'utilizzo del denaro per pagare due incontri con una prostituta fatta arrivare in aereo dalla Repubblica ceca e con limousine al seguito per il tragitto dall'aeroporto».
Colpi di testa, come quello che lo aveva portato a considerare di investire buona parte del maltolto in droga. Ad aggravare la colpa, poi, il lungo periodo di tempo durante il quale ha truffato e la messa in pericolo degli averi dei familiari, il tutto pianificando attentamente la sua via d'uscita, prima Panama e poi la possibilità degli Stati Uniti d'America. «Si è evidenziata una facile propensione a delinquere – ha chiosato il presidente della Corte – con un'astuzia di grado elevato, anche per il concorso di vari reati». Per questo non è stato tenuto conto dell'attenuante del sincero pentimento.