A processo alle Assise criminali mandatario commerciale di 33 anni della Banca Raiffeisen di Lugano, fra falsi documenti e contatti nel dark web
Nove mesi, dal marzo alla vigilia di Natale di due anni fa. Un 'castello' di operazioni bancarie così da costruirsi quel benessere economico di cui, ha ammesso in aula, aveva "eccessive aspettative". Mandatario commerciale alla Banca Raiffeisen di Lugano, dove lavorava da dieci anni, 33enne, è a processo davanti alle Assise criminali, accusato di truffa per mestiere, consumata e tentata, ripetuto abuso di un impianto per l'elaborazione di dati, furto, ripetuta falsità in documenti, ripetuto riciclaggio di denaro, ripetuta carente diligenza in operazioni finanziarie. Reati che si riassumono in un ammanco di circa 15 milioni di franchi, fra valuta svizzera, euro e dollari.
«Non avevo una Ferrari, non andavo in vacanza dieci volte all'anno, lavoravo 5 giorni su 7, eppure riuscivo a starci a pelo. Volevo così avere un'auto più bella, fare vacanze, frequentare bei ristoranti. Uno stile di vita più agiato. Del resto fra le mie spese e quelle della mia compagna non ci restava granché». Quei soldi che, per professione, aveva quotidianamente fra le mani e che, con abilità e pianificazione estrema, decide di rubare in un crescendo di illeciti che lo portano fino "all'ultima leggerezza", il biglietto aereo già pronto per Panama.
Un fare truffaldino iniziato qualche anno prima, nel 2014, quando prelevò indebitamente da una cassetta di sicurezza di un cliente una busta contenente monete e lingotti d'oro, pietre preziose e gioielli. Un primo furto che scatenò la necessità, per non farsi scoprire, di produrre documenti falsi. Un vortice, come da lui stessa ammissione, di cui diventava cosciente via via ma dal quale non riusciva a venirne fuori, tanto da immergersi nel dark web per estorcere conti e nominativi.
La Corte, presieduta dal giudice Amos Pagnamenta, è chiamata, in quella che si prospetta un'intensa giornata di dibattimento, a ricostruire i fatti descritti nel corposo atto d'accusa dal procuratore pubblico Andrea Maria Balerna.