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Giovani a Lugano: ‘Siamo stanchi di stare a casa’

Reportage dal sabato sera luganese in compagnia della generazione Covid: “Ci sono decine di persone in fila davanti ai negozi e poi se la prendono con noi”

Sabato sera tranquillo alla Pensilina di Lugano: ma la ‘movida’ si è spostata alla Cattedrale
21 dicembre 2020
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«È tutto chiuso, non sappiamo dove andare». È qui, in queste sette parole, la noia della generazione Covid. Una frustrazione celata raramente da una mascherina e accompagnata dall'immancabile sottofondo musicale trap. Giovani, giovanissimi, confusi dalle tante regole che cambiano velocemente e che ai loro occhi appaiono anche contraddittorie, coscienti del pericolo del contagio ma che alla domanda diretta «e allora perché vi trovate?» faticano a rispondere. Ragazzi a cavallo della maggiore età diventati loro malgrado fra i più grandi protagonisti delle cronache in tempi di pandemia, che – in una costante ricerca di un improbabile rifugio all'aria aperta – hanno eletto ora i dintorni della Cattedrale quale nuovo punto di ritrovo. Benvenuti nel sabato sera di Lugano, l'ultimo prima della chiusura per un mese di bar e ristoranti, già aperti solo parzialmente.

Operatori di prossimità, polizia e City Angels alla Pensilina

Il nostro viaggio inizia attorno alle 21.15 alla Pensilina Botta, palcoscenico talvolta di qualche lite, nonché luogo di ritrovo per antonomasia dei giovani luganesi. Incontriamo Gianluca e Giulia, accompagnati dalla stagista Larissa: sono i due operatori di prossimità dell'omonimo Servizio della Divisione socialità della Città. La serata si preannuncia tranquilla: oltre alla coppia di operatori, vi sono gli agenti della Polizia comunale e anche i volontari dei City Angels. Forse un po' ‘too much’, verrebbe da dire, considerato che ci sono poche decine di ragazzi che vanno e vengono, senza fare particolare baccano, in gruppi relativamente piccoli. «Noi non abbiamo un ruolo normativo, né sanzionatorio – ci spiegano –, facciamo monitoraggio: osserviamo, dialoghiamo, mappiamo i luoghi di ritrovo dei ragazzi. Teniamo un diario di bordo e cerchiamo di essere a loro disposizione, ma a causa delle restrizioni siamo limitati».

Il centro della movida è, a sorpresa, la Cattedrale

Chiacchierando ci dirigiamo in piazza Dante, poi piazza Cioccaro, e poi s'inizia a salire. «Pensilina a parte, i luoghi che visitiamo durante i nostri giri del sabato sera sono quelli dove più spesso si trovano i giovani: autosilo Motta, Cattedrale, Stazione Ffs, il Parco Ciani (ora chiuso però, ndr)». Il Motta è deserto – «ma settimana scorsa ce n'erano qui una ventina» –, mentre troviamo un per noi inatteso movimento di fronte alle Cattedrale. Due dozzine di ragazzi ascoltano musica a un volume relativamente accettabile, parlano, ridono e scherzano. C'è chi beve e chi fuma, quasi nessuno porta la mascherina e non è semplice stabilire se stiano mantenendo o meno le distanze: si muovono da un gruppetto all'altro. Ci fermiamo. I nostri interlocutori ci confermano quanto già espresso pochi giorni fa dalla loro responsabile, Stefanie Monastero coordinatrice del Servizio di prossimità. «Il bisogno di stare assieme, soprattutto a quell'età, è naturale. A noi questo fa certamente piacere, ma non è questo il momento. Durante la primavera le disposizioni venivano perlopiù rispettate. Adesso, da ottobre soprattutto, molto meno: vediamo gruppi anche molto grandi e spesso sono ragazzi che non conosciamo: si tratta di giovani che frequentavano i bar o le discoteche e che adesso sono rimasti senza un posto dove andare. Conoscono le regole ma hanno anche l'esigenza a quell'età di trasgredirle. Può darsi anche che siano stanchi. Probabilmente in loro prevale l'istinto rispetto alla ragione».

‘Alla Cattedrale c'erano zero persone, per questo veniamo qui’

Mentre parliamo, attorno alle 21.40 scende dalla stazione un gruppone parecchio grosso di ragazzi. Anche loro accompagnati dalla musica, anche loro allegri e talvolta con la birra in mano, anche loro prevalentemente senza mascherina. Si uniscono a quelli già presenti e assieme: in breve di fronte alla Cattedrale si ritrovano oltre cinquanta giovani. «Per noi – ci dicono Giulia e Gianluca – è una novità il fatto che si ritrovino qui, fino a un mese fa circa era un posto molto tranquillo». «In questo posto c'erano zero persone, per questo veniamo qui – conferma, e si giustifica, un 18enne riccioluto –. Si è vero che usciamo, ma cerchiamo di stare sempre con le stesse persone e di mantenere le distanze». Tentativi un po' vani sembrerebbe: in breve attorno a noi si forma una cupola di ragazzi, amichevoli e pronti a dire la loro, ma superficialmente disattenti alle disposizioni. Ne scegliamo un paio coi quali chiacchierare e ci distanziamo.

‘Decine di persone in fila davanti alla Manor e poi se la prendono con noi’

«Ci dipingono male, anche voi giornalisti spesso ingigantite le cose – ci dice un ragazzo un po' su di giri –. Dicono che siamo brutte persone, ma non è così. Siamo solo stati troppo a lungo a casa, siamo stanchi e stufi». «Adesso è tutto chiuso: non sappiamo dove andare», aggiunge l'amico. Sulle risse e qualche recente episodio di violenza, entrambi concordano: «È colpa dei minorenni ubriachi, Lugano non è una città pericolosa». A proposito di minorenni, c'è un 17enne biondo che ci fa notare che «oggi alle 16 davanti alla Manor c'erano decine di persone in fila. E poi se la prendono con noi? E anche alla mattina alla fermata dell'autobus che prendo per andare a scuola è pieno di persone vicine e senza mascherina, ma nessuno dice nulla». A evidenziare contraddizioni percepite come ingiustizie c'è un altro coetaneo, che la mascherina la porta. «Vale lo stesso discorso in classe, dove siamo al chiuso e siamo tanti. Invece quando usciamo, stiamo all'aperto, dobbiamo essere di meno. Perché?».

Gli operatori di prossimità: ‘Non riusciamo a dar seguito a tutte le segnalazioni, siamo solo in due’

I ragazzi non riescono a dare una risposta convincente – quantomeno ai nostri occhi di adulti – sul perché non riescano a stare a casa per accrescere la sicurezza collettiva, ma allo stesso tempo esprimono preoccupazione per gli anziani e per i propri cari. «Io ho perso la nonna a causa del Covid», confessa il ragazzo con la mascherina. Interrompiamo la conversazione: Gianluca, Giulia e Larissa devono proseguire il giro e noi desideriamo accompagnarli. Arriviamo alla Stazione Ffs, dove la situazione è molto tranquilla: pochi giovani in piccoli gruppi, c'è la polizia. Ne approfittiamo per riprendere il discorso. «Le restrizioni ci impongono diversi limiti – spiegano –. Ad esempio, utilizziamo spesso i bar come luoghi di incontro informali per gli accompagnamenti individuali. Questo ora non sarà più possibile. Ci siamo spostati molto online, per alcuni è meglio così, certo. Ma non è la stessa cosa». E nonostante l'anno particolare, il lavoro non manca, anzi. «Ci sono diverse segnalazioni alle quali non riusciamo dare un seguito perché siamo solo in due».

Tante idee per il futuro

Scendiamo intanto in centro e arriva una segnalazione: ci sarebbe un assembramento in rivetta Tell. Falso: due piccoli e distanti fra loro gruppi di ragazzi trascorrono silenziosamente il sabato sera assieme. Sono quasi le 23 e rientriamo alla Pensilina, che nel frattempo si è riempita, ma la situazione appare sotto controllo. È l'ora dei saluti, non prima di chiudere il discorso: «Per noi è importante offrire ai giovani delle alternative, perché spesso le situazioni di tensione nascono a causa della noia. Abbiamo TheVan (il furgone che funge da spazio da incontro, ora sospeso, ndr), si potrebbero organizzare rap battle o dei concerti, mettere a disposizione dei pannelli per fare dei graffiti, sfruttare il territorio. Abbiamo idee, ma ora non si può far nulla». Musica, questa, ci auguriamo del futuro prossimo.

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