Dopo la manif, Marco Borradori: 'Fino a quando si comportano così e rifiutano dialogo, non potremo che trarne le debite conseguenze'
La misura è colma. Il livello massimo di sopportazione è stato superato e la Città, stavolta, pare che abbia davvero perso la pazienza. I fatti capitati venerdì sera a Molino Nuovo e in centro città rappresentano la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. È questa, almeno, l'impressione che emerge dall'ultima seduta straordinaria del Municipio di Lugano dedicata interamente alle derive della manifestazione organizzata dal centro sociale, durante la quale, oltre al non rispetto della distanza fra le persone, quasi tutti non indossavano la mascherina e la nostra collega de laRegione Federica Ciommiento ha subito una testata da una partecipante. Una manifestazione che ha posto una serie di interrogativi impellenti a cui la politica cittadina vuole rispondere.
Cominciamo dal mancato intervento della polizia. Un mancato intervento che, come ci spiega il sindaco di Lugano Marco Borradori, «ha suscitato il mio disappunto, condiviso da tutti colleghi di Municipio. Dal nostro punto di vista, qualcosa non ha funzionato come avrebbe dovuto. Cercheremo di capire perché. Situazioni del genere, non dovranno più ripetersi. Siamo rimasti molto sorpresi dalle decisioni prese dalle forze dell'ordine, in particolare per il mancato intervento quando la giornalista de laRegione è stata presa a testate e quando i manifestanti hanno invaso il centro città imbrattando edifici pubblici e privati. Quanto capitato è inaccettabile. Anche la manifestazione apparentemente più tranquilla, specie questo genere di manifestazioni, va monitorata e necessita l'intervento della polizia se degenera». D'altra parte, ricordiamo, ad assumersi la responsabilità della decisione di limitarsi a monitorare la manifestazione, considerata non a rischio elevato, sono stati i vertici della Polizia cantonale.
Fino a quando può essere tollerata la presenza del centro sociale autogestito in una parte dell'ex macello? È uno degli interrogativi di cui hanno parlato i municipali nella riunione di martedì. Ancora il sindaco: «In seduta, abbiamo cercato di capire, ci siamo detti ancora una volta che l'esperienza dell'autogestione esiste anche in altre città svizzere. Il problema però è che, per funzionare, un minimo di correttezza, di civiltà e di colloquio ci deve pur essere. Quale malessere hanno dentro e cosa hanno nella testa quando vanno in centro città a imbrattare edifici?». Mi par di capire che si è fatto un'idea negativa del centro sociale a Lugano? «È così purtroppo. Mi chiedo che tipo di autogestione portano avanti se non sono in grado di rispettare quel minimo di regole che vengono rispettate da qualsiasi persona - risponde Borradori -. A me ciò che pesa è che non si riesca a instaurare un dialogo con loro, giusto per mettere in chiaro i presupposti per una 'convivenza'».
L'ultimo contatto fra le parti, in vista di trovare una soluzione alternativa per la sede dell’autogestione all'ex macello che la Città vuole valorizzare, risale all'estate scorsa, ci conferma Fabio Schnellmann, capo dell’ufficio Eventi e Turismo della Città che ha il ruolo di coordinatore della Commissione speciale chiamata a trovare l'ago nel pagliaio. Il centro sociale ha però rifiutato l'incontro. Possiamo considerare terminata la 'stagione' delle trattative'? «Come ci si può fidare?. Se ci fosse un minimo di rapporti... Fino a quando le persone che fanno riferimento al centro sociale si comportano come hanno fatto negli ultimi anni e rifiutano il dialogo, beh, non possiamo che trarne le debite conseguenze - osserva il sindaco -. Basti pensare che per il rifacimento del tetto della struttura (abbastanza urgente e necessario, quindi nel loro interesse), non hanno lasciato entrare nemmeno i funzionari della Città. In Municipio ci siamo presi l'impegno di tornare a discutere della questione fra una settimana quando avremo sul tavolo i rapporti di polizia».
Non è che state alzando i toni ora che siamo a pochi mesi delle elezioni comunali? «No, i toni li hanno alzati i rappresentanti del centro sociale - sostiene il sindaco -. Noi abbiamo reagito a degli atti violenti e inaccettabili, perpetrati senza che vi fosse alcuna provocazione. Perché violare degli edifici imbrattandoli? Perché ferire una giornalista che voleva fare solo il suo lavoro? No, mi creda, qui le elezioni non c'entrano per niente». «Quanto capitato è intollerabile: l'autorità se vuole essere credibile, deve essere capace di ripristinare la legalità - gli fa eco il vicesindaco Michele Bertini che non sarà in lista il prossimo 18 aprile -. Ci sono state e ci sono situazioni di illegalità talmente palesi che c'è poco da discutere», La sua posizione sull'argomento è del resto chiara fin dal 2008 quando era seduto sui banchi del Consiglio comunale e ha presentato o sottoscritto diversi atti parlamentari sul tema.