Il Sindacato indipendente degli studenti e apprendisti afferma di "prendere atto con preoccupazione di quanto sta accadendo allo studente ucraino del Csia".
«Non sono più nella nostra struttura della Stampa». A confermarci la partenza della famiglia di Mark, il 19enne ucraino il cui rimpatrio è stato contestato in queste ultime ore, è lo stesso direttore delle strutture carcerarie cantonali, Luca Laffranchini. Una partenza forzata che mercoledì ha portato a manifestare gli stessi compagni del giovane davanti ai cancelli della prigione luganese. Ma un fatto dell'ultimo minuto sta aprendo uno spiraglio di speranza: l'aereo su cui avrebbe dovuto imbarcarsi proprio in questo momento la famiglia è ritardato da un ricorso inoltrato da un'associazione per i diritti dell'infanzia accolto sul filo di lana. A farcelo sapere da Lugano è un compagno di Mark che, insieme ad altri coetanei, sono in contatto con il ragazzo. Un sostegno che sarà tradotto nelle prossima ora con una manifestazione che dal Csia, dove il ragazzo studiava, si dirigerà verso la stazione ferroviaria di Lugano.
Contestazioni che continuano oggi tanto che il Sindacato indipendente degli studenti e apprendisti (Sisa), attraverso una nota stampa, afferma di "prendere atto con viva preoccupazione di quanto sta accadendo allo studente del Csia di origini ucraine. Occorre ricordare che l’intero nucleo familiare del ragazzo, proveniente dalla zona russofona del Paese, si trova in stato di fermo a Zurigo, in attesa del rimpatrio forzato che dovrebbe avvenire in data odierna".
Quanto preoccupa il sindacato studentesco "sono tanto le modalità con cui il ragazzo è stato prelevato quanto la grave situazione in cui versa il suo Paese di origine: sono infatti ormai ben note le violenze e persecuzioni vissute dalla minoranza russofona in Ucraina, alle quali si uniscono le violenze inaudite e profondamente antidemocratiche nei confronti delle opposizioni politiche del Paese e dei sindacati. In tal senso basta unicamente ricordare la strage di Odessa nella Casa dei Sindacati per comprendere le violenze consentite nel paese, nel quale la presenza di gruppi paramilitari e le modalità di eliminazione di vite umane ricordano lo squadrismo fascista e le violenze naziste".
Il Sisa rimarca del resto che "il ragazzo in questione si è integrato con successo nel percorso formativo e nella realtà sociale della regione. Risultano perciò poco chiare le ragioni per le quali non è stato concesso il permesso di soggiorno e d’asilo alla famiglia, la cui situazione risulterebbe precaria, se non addirittura, seriamente in pericolo, qualora tornassero in Ucraina. Per il sindacato studentesco, tale decisione è quindi incomprensibile e lesiva dei diritti dello studente, in primis del suo diritto allo studio, un principio universale che deve valere per tutti i giovani, anche quelli provenienti da zone di guerra o da altri contesti socialmente fragili".
Per queste ragioni il Sisa esprime "tutta la propria solidarietà allo studente a rischio espatrio e alla sua famiglia, così come sostiene con decisione l’odierna mobilitazione degli studenti del Csia. Allo stesso tempo, chiediamo che le autorità, facciano al più presto luce sulla vicenda, interrompendo la procedura di rimpatrio e adoperandosi per garantire i diritti dello studente e della sua famiglia".