Luganese

Neurochirurgo sotto inchiesta, Jelmini: 'Eventuali correttivi'

Il presidente della Commissione sanitaria in Gran Consiglio sul caso emerso ieri: 'Approfondiremo la vicenda ed eventualmente apporteremmo dei correttivi'

(La clinica di Gravesano (Foto Ti-Press))
12 agosto 2019
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Tanto tuonò che piovve. L’Ars Medica ha deciso di sospendere temporaneamente e precauzionalmente dalle attività operatorie il neurochirurgo indagato per presunte operazioni fasulle – almeno stando a quanto scritto ieri dal ‘Caffè’ –, “fino a chiarimento dei fatti e al preavviso favorevole della autorità di vigilanza sanitaria”. È stata la clinica stessa a comunicarlo ieri sera, dopo che in giornata non è stato possibile raggiungere la direzione. La vicenda emersa ieri tratta purtroppo di un presunto caso di malasanità. Il domenicale ha riferito di un neurochirurgo – accreditato presso la struttura sanitaria di Gravesano –, la cui è identità è nota alla redazione, che sarebbe sotto inchiesta. Il medico non avrebbe infatti effettuato gli interventi concordati, limitandosi a fare delle incisioni ma spacciandole per le operazioni chirurgiche attese. Accuse pesanti quindi.
E che la Procura abbia aperto un incarto, diversi mesi fa ormai, è confermato dalla nota dell’Ars Medica. “Nelle ultime settimane, la clinica ha collaborato strettamente con la Procura e il medico cantonale per fare chiarezza sull’operato di un medico – si legge –. La direzione ha sollecitato le autorità per avere maggiori informazioni ma, trattandosi di un’inchiesta in corso, non ha ricevuto da parte della procuratrice (Marisa Alfier, ndr) e del medico cantonale, sufficienti informazioni per poter stimare la gravità delle accuse». In altre parole, una sospensione finora non sarebbe arrivata, in assenza degli elementi per farlo. Secondo nostre informazioni, al momento, gli inquirenti coordinati dalla pp, indagano per l’ipotesi di lesioni. E sono proprio i dettagli emersi ieri sulla stampa e “finora non noti alla clinica”, che hanno portato l’Ars Medica, diretta da Fabio Rezzonico, a fare il passo della sospensione “nel rispetto dei pazienti”.

Il primo caso a ottobre 2018

I fatti sarebbero accaduti tra la fine del 2018 e l’inizio del 2019. Il primo caso – quello più dettagliato dal settimanale – riguarda una settantenne che sarebbe dovuta essere sottoposta a una foraminotomia, un intervento per alleviare la pressione sui nervi della schiena. Tuttavia, la donna avrebbe continuato a manifestare gli stessi dolori precedenti all’operazione e si sarebbe pertanto rivolta al Neurocentro dell’Ospedale Civico di Lugano. Lì, le sarebbero stati fatti degli esami che avrebbero dato adito al sospetto della signora: l’intervento non si sarebbe in realtà mai verificato. Il nosocomio avrebbe così segnalato il caso a Merlani che, da prassi, l’avrebbe a sua volta sottoposto alla Procura. E sebbene il ‘Caffè’ entri nel dettaglio su un unico caso, riporta che altri tre pazienti dello stesso specialista si sarebbero successivamente rivolti al Neurocentro, portando allo stesso iter della settantenne. Risultato: quattro segnalazioni. Secondo nostre informazioni, in tutti i casi si tratterebbe di interventi alla schiena.
Il medico in questione ha continuato invece a operare, almeno fino a ieri. Rezzonico avrebbe dichiarato al domenicale che tale decisione sarebbe stata presa in quanto il medico non costituirebbe un pericolo per i pazienti della clinica. Posizione ribadita nella nota: “Pur avendo avuto le garanzie dalla magistratura che la sicurezza dei pazienti non è mai stata messa in pericolo e tenuto conto che quanto affermato dalla stampa è ancora da accertare, con i provvedimenti attuali vogliamo togliere ogni dubbio ai pazienti”. Per quanto riguarda i pazienti del medico oggetto dell’inchiesta e con interventi pianificati nelle prossime settimane, questi “verranno personalmente contattati dalla clinica per maggiori informazioni”. Per gli altri verrà garantita la normale presa a carico.

Jelmini: ‘Approfondiremo per eventuali correttivi’

Prima dell’annuncio della clinica, ci si è inevitabilmente chiesti se la Commissione di vigilanza sanitaria – al corrente dei fatti – non potesse emanare lei dei provvedimenti sospensivi, anche cautelari. Mentre non siamo riusciti ieri a raggiungere il direttore del Dipartimento sanità e socialità Raffaele De Rosa, il direttore della Divisione sanitaria Paolo Bianchi ha spiegato al ‘Caffè’ che si era sostanzialmente in attesa di elementi probatori. Abbiamo chiesto al presidente della Commissione sanitaria in Gran Consiglio, Lorenzo Jelmini (Ppd) che margini di manovra ci sono per modificare eventualmente questo stato di cose. «Le preoccupazione della politica è diretta alla salvaguardia degli interessi dei pazienti. E sebbene la sanità ticinese sia di ottima qualità, queste situazioni ci preoccupano. Approfondiremo questa vicenda ed eventualmente, se del caso, potremmo apportare i necessari correttivi».