Luganese

Pestò un giovane per errore: condannato a 5 mesi

Seconda condanna nel giro di poche settimane per un atipico caso di aggressione di cui è stato vittima un 20enne, scambiato a sua volta per un aggressore

Foto Ti-Press
26 marzo 2019
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«Pensavo di fare del bene a una persona». Non è bastata questa giustificazione al 39enne condannato poco fa alle Assise correzionali di Lugano a cinque mesi sospesi per tre anni. L'uomo è stato riconosciuto colpevole di aggressione, sebbene la difesa avesse chiesto il proscioglimento. L'imputato – pur ammettendo di aver colpito un ventenne nei pressi di un locale notturno luganese – ha sostenuto infatti di averlo fatto perché pensava che la vittima stesse a sua volta aggredendo la sua ex compagna. Un'aggressione frutto di un fraintendimento, in sostanza.

I fatti risalgono al 2016

I fatti sono avvenuti nel maggio 2016, ma l'atipico caso è emerso solo poche settimane fa. Il 28 febbraio scorso la 29enne che ha in qualche modo causato l'aggressione è stata condannata a una pena pecuniaria per vie di fatto, ingiuria e minaccia. Ai tempi, la giovane e il 39enne – un brasiliano residente nel Luganese – avevano una relazione. Entrambi consumatori di cocaina, a seguito di un litigio la donna lasciò il locale dove stavano trascorrendo la serata. Sul tragitto di ritorno verso casa s'imbatté nel ventenne. Alterata, cominciò a insultarlo e scivolò. Il ragazzo stava cercando di aiutarla a rialzarsi, ma la giovane continuò a inveire senza ragione nei suoi confronti.

Una voce fuori dal coro

È qui che entrò in gioco l'imputato odierno. Il 39enne, avvisato da un amico – anch'egli accusato e che comparirà prossimamente in aula –, si avventò sul ragazzo, «per un errore di valutazione» come ha ammesso in aula. Dopo aver sferrato un pugno alla vittima, sarebbero entrambi caduti per terra cominciando ad azzuffarsi. «La sua è l'unica voce fuori dal coro – gli ha però ricordato la giudice Manuela Frequin Taminelli –: la vittima, i testimoni e persino gli altri imputati riferiscono che lei rimase in piedi continuando a picchiarlo». Oltretutto, la vittima – che riportò un lieve trauma non commotivo e un'escoriazione – fu pure picchiata, con calci e pugni, anche dall'amico.

La difesa ha chiesto il proscioglimento

Come già la 29enne, anche il 39enne impugnò il decreto d'accusa stilato dal procuratore pubblico Moreno Capella ed è per questo che si è giunti al processo. «Il comportamento aggressivo è oggettivamente indiscutibile, non emerge dagli atti che la vittima reagì – ha detto il pp –. Inoltre, soggettivamente, non c'erano elementi che potevano essere equivocati: non ci sono state né richieste d'aiuto, né atti di violenza. Non era legittimato a interpretare la scena che gli presentò in quel modo». E se la pubblica accusa ha chiesto sei mesi sospesi per quattro anni (in virtù anche di reati precedenti), la difesa si è battuta per il proscioglimento o in via subordinata per una condanna solo per lesioni semplici. «Ha agito così perché gli è stato riferito che la ragazza era sotto attacco – la tesi dell'avvocato Paolo Tamagni –, ha ritenuto di intervenire per interrompere quella che credeva essere un'aggressione. Poteva evitare di sferrargli il pugno, ma è stato un errore per legittima difesa».

La giudice: 'Aveva alternative'

La giudice ha tuttavia confermato il reato di aggressione. «Le dichiarazioni sono univoche, eccetto quella dell'imputato – ha ribadito la giudice –, anche tenendo conto che siano intervenuti in seguito a un fraintendimento, era manifesto l'atteggiamento difensivo mentre lo picchiavano. Aveva alternative: poteva separarli, senza infierire». Oltre all'aggressione, il 39enne è stato condannato anche per aver infranto la Legge federale sugli stupefacenti e per aver guidato senza autorizzazione.